Flego svela ai giornalisti i segreti Ue

I rappresentanti delle testate dell’area istroquarnerina sono stati a Bruxelles, al Parlamento europeo, ospiti dell’eurodeputato DDI. Molta carne sul fuoco

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Flego svela ai giornalisti i segreti Ue

Il Parlamento europeo è l’istituzione che meglio racchiude lo spirito della democrazia. È composto da 750 deputati più il presidente, provenienti da 28 diversi Paesi. I parlamentari rappresentano i cittadini di tutta l’Unione e nella loro attività, comprese le votazioni sulle varie leggi, devono tener presente una serie quasi infinita di fattori. Gli aventi diritto al voto sono circa 350 milioni, il che rende l’Europarlamento la più grande assemblea parlamentare al mondo tra quelle scelte per il tramite di elezioni democratiche. Nel spiegare la sua grandezza in numeri bisogna dire anche che ogni europarlamentare ha fra i 5 e i 7 assistenti, alcuni dei quali hanno sede a Bruxelles, altri invece lavorano dei Paesi d’origine, magari con un assistente nella capitale e altri in giro in diverse zone del Paese. Oltre a loro ci sono tutta una serie di dipendenti pubblici e amministrativi, di addetti stampa, giornalisti veri e propri, e quant’altro, per non parlare di cuochi e camerieri. Si stima che ogni giorno nelle sale del Parlamento vengano a lavorare circa 6.000 persone. Con i visitatori che sono invece circa un milione all’anno.
In visita all’Europarlamento
Vi stiamo raccontando questa storia perché martedì e mercoledì un gruppo di giornalisti del nostro territorio, dall’Istria al Quarnero, è stato a Bruxelles, su invito dall’europarlamentare della Dieta democratica istriana, Valter Flego. Le visite di giornalisti o altre delegazioni – imprenditori, operatori turistici o rappresentanti di associazioni culturali che siano – sono molto frequenti. L’Europarlamento finanzia attività di questo tipo, rimborsando tutte le spese di trasporto, come pure gli alloggi. Verrebbe da chiedere perché tutto questo, e in effetti alcuni di noi hanno posto questa domanda alle autorità che ci hanno accolto nella capitale d’Europa. “Perché i visitatori, una volta rientrati in patria, spieghino ai propri colleghi e ai propri concittadini come funzionano le istituzioni europee, quali sono i meccanismi di legiferazione e come nascono i bandi per i fondi europei”, è stata la motivazione. Si tratta dunque più che altro di una questione di diffusione delle informazioni e dunque noi, da bravi giornalisti, non possiamo fare altro che riportare quanto appreso.

L’europarlamentare della DDI, Valter Flego

I tempi della democrazia
L’iniziativa legislativa, salvo in casi eccezionali, spetta alla Commissione europea, un organo composto da un delegato, detto commissario, per ogni Stato membro dell’Unione. “Quando la Commissione propone una legge questa viene letta una prima volta in Parlamento, dove subisce modifiche anche pesanti a causa degli emendamenti proposti dai deputati; poi il testo aggiornato viene letto dal Consiglio europeo, che sarebbe l’organo dove siedono i primi ministri degli Stati membri. Terminato questo processo si passa a una seconda lettura e poi ancora a una terza. Il meccanismo è estremamente democratico e permette a tutti di dire la propria, anche più volte. Tanto che alla fine il testo originale risulta alterato fra il 40 e il 60 per cento degli articoli. Il lato negativo di questo processo è però la velocità con la quale si riesce a intervenire. Dal momento nel quale la Commissione inizia a lavorare a una nuova proposta di legge fino al termine della prima lettura passano in media due anni e mezzo. Le fasi successive sono più veloci, ma richiedono comunque un altro po’ di tempo. Capite dunque che intervenire in fretta è molto complicato”, ci ha spiegato Janez Vouk, che lavora all’Europarlamento dal 2005.
L’arte del compromesso
Essendoci così tante persone coinvolte, mettersi d’accordo non è poi semplicissimo. “Ogni deputato ha le sue idee personali, ma fa anche parte di un partito a livello nazionale, il quale a sua volta fa parte di un gruppo parlamentare a livello europeo. Poi, come se non bastasse, ci sono gli interessi nazionali da tenere in considerazione. Accade così che a volte i deputati di una nazione votino compatti a favore di una proposta, contro gli interessi generali del gruppo politico di cui fanno parte. Se questo succede troppo spesso, però, rischiano di perdere il supporto del gruppo politico, il quale potrebbe a sua volta non votare a favore di una proposta che fa il bene di quella nazione”, ci ha spiegato Vouk. Il meccanismo è dunque assai complesso, con le leggi che ne vengono fuori che sono sempre un misto di idee e desideri molto diversi fra loro, in alcuni casi anche contrastanti. L’unica cosa fondamentale è che l’Europarlamento deve fare sempre l’interesse dei cittadini, un compito non così semplice, come ci rivela Flego…
Le lobby
“Da quando sono diventato europarlamentare ricevo fra le 120 e le 150 e-mail al giorno. Fintanto che sono richieste di informazioni da parte di cittadini, associazioni, consorzi di imprenditori… nessun problema, anzi mi fanno piacere. E sono contento anche quando questi stessi soggetti mi chiedono di intervenire su un tema specifico, per cercare di migliorare la situazione in Croazia per il tramite del mio lavoro in Europa. Purtroppo, però, molte delle e-mail che ricevo sono di altra natura. Sono richieste che arrivano in modo più o meno esplicito da parte di lobbisti che hanno interessi particolari. Signori di tutte le nazionalità d’Europa che vorrebbero che io votassi in una certa maniera, per favorire un produttore di automobili rispetto a un altro, per fare un esempio. È incredibile quante richieste di questo tipo io riceva ogni giorno, con tutti che cercano di convincermi della bontà delle loro idee. È una pratica che non condivido per niente e a quelle e-mail non rispondo nemmeno, in quanto sono certo che comportarmi in questo modo non gioverebbe minimamente ai cittadini croati”, ha affermato Flego.
Coordinamento
Capirete dunque che gli interessi in gioco sono tantissimi e che in alcuni casi ci si possa perdere. Per farci un esempio chiarificatore, Flego ci ha spiegato come i deputati croati non abbiano ricevuto delle linee guida da parte del governo o da parte dello Stato croato in merito a quelli che dovrebbero essere i temi strategici per l’interesse nazionale. “In questi primi 90 giorni io mi sono dato molto da fare per entrare a far parte delle Commissioni giuste, cercando di mettere a disposizione la mia esperienza e la mia istruzione. Alla fine sono diventato membro della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, una delle più vecchie Commissioni europee e forse la più importante. Ritengo questo un ottimo risultato, anche perché mi è stato affidato il compito di presentare al Parlamento il fascicolo riguardante la digitalizzazione, un argomento estremamente importante. Queste decisioni, però, sono state prese su mia iniziativa personale e non perché qualcuno da parte croata mi ha detto che il Paese ha bisogno in modo specifico di avere un suo uomo a lavorare su questi temi. Credo che anche agli altri europarlamentari croati abbiamo subito un destino analogo: ciascuno ha cercato di entrare nella Commissione che riteneva più opportuna, ma sempre da un punto di vista personale e non collettivo. Dobbiamo cercare di migliorare questo aspetto e di lavorare tutti assieme per il bene comune, perché soltanto così si potranno ottenere dei risultati a livello europeo”, ha affermato Flego.
Brexit e Schengen
Durante la nostra permanenza a Bruxelles non si è potuto evitare di parlare di quelli che sono i temi del momento: per tutta l’Europa il caso Brexit e per la Croazia l’entrata nell’area Schengen. Sull’uscita dall’Unione europea del Regno Unito si è detto ormai di tutto e il contrario di tutto. Ciò che ha aggiunto Vouk, però è interessante. “All’inizio tutti volevano capire meglio la situazione e un voto che permettesse al Regno Unito di guadagnare tempo era la scelta più scontata. Ora però, lentamente, i vari deputati stanno iniziando a stufarsi, soprattutto quelli degli Stati più piccoli. Sapete, noi ci informiamo sulla Brexit sempre attingendo alla stampa inglese, perché conosciamo la lingua, ma la vicenda viene trattata in modo diverso nelle varie nazioni europee. Per il momento l’unica certezza è che da questa vicenda non ci guadagnerà nessuno, ma come andrà avanti rimane un mistero”, ha affermato Vouk.

Schengen. Tempi molto lunghi
Per il Regno Unito il tema all’ordine del giorno in Europa è la Brexit, per la Croazia invece è l’agognata area Schengen. E se riguardo alla Brexit ci sono rimasti più o meno gli stessi dubbi che avevamo prima della visita all’Europarlamento, in merito all’entrata della Croazia nella zona Schengen avremmo preferito rimanere nel dubbio, in quanto sia Vouk che Flego si sono detti scettici, affermando che nel migliore dei casi non succederà nulla nei prossimi due anni. “Ci sono due grandi problemi relativi all’entrata della Croazia. Il primo, che preoccupa molto alcune nazioni europee come l’Olanda, sono i tanti cittadini bosniaci con passaporto croato, che potrebbero dunque entrare e uscire dall’Unione senza i giusti controlli. Il secondo, invece, riguarda la gestione del Golfo di Pirano. Si tratta di un tema estremamente complesso, tanto che finché non si troverà una situazione definitiva, che soddisfi tutte le parti in causa, sarà difficile convincere gli sloveni a non ricorrere al veto”, ci ha rivelato Valter Flego.

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