Via l’onorificenza italiana a Tito

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Via l’onorificenza italiana a Tito

L’Italia da una parte commemora le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, dall’altra parte rende onore al personaggio che non ha esitato a far usare ai suoi uomini tutti gli strumenti a disposizione pur di realizzare disegni annessionistici e un regime che oggi non si esita più a definire totalitario. Sono anni che gli esuli istriano-fiumano-dalmati chiedono a Roma di togliere la medaglia a Tito. Tentativi finora andati a vuoto. Sarà così anche questa volta? L’assessore alle Politiche comunitarie e corregionali all’estero della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Pierpaolo Roberti, ha lanciato una nuova iniziativa, che da Trieste dovrebbe raggiungere Roma.
La novità è che la mozione parte da una delle due forze politiche che governano l’Italia, vale a dire la Lega di Matteo Salvini. Che è poi anche il partito del governatore del FVG, Massimiliano Fedriga. E lo scopo della proposta di Roberti è appunto fare pressing su Roma. O, meglio, far sì che la Giunta regionale del FVG si adoperi nei confronti del Governo per modificare la legge che disciplina la concessione delle onorificenze (legge n. 178 del 1951) in modo da revocare quelle al merito della Repubblica italiana, conferite a Josip Broz Tito, dal 1945 primo ministro e dal 1953 al 1980 presidente della Repubblica socialista federale di Jugoslavia. La mossa mira dunque a “far decadere qualsiasi riconoscimento assegnato dallo Stato italiano – spiega la Regione – nei confronti del maresciallo per i crimini perpetrati contro le popolazioni italiane in Istria, Venezia Giulia e Dalmazia durante il suo periodo alla guida della Jugoslavia”.
Tito fu insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce – il titolo più alto riconoscimento della Repubblica Italiana – il 2 ottobre 1969, durante il settennato di Giuseppe Saragat. Si era da poco consumata la “primavera di Praga” e la Jugoslavia era vista come un muro chiamato a contenere la problematicità della questione sovietica e tutto ciò che essa rappresentava nel quadro politico, economico e sociale internazionale. Qualche anno dopo, nel 1975, arrivò anche la soluzione definitiva del contenzioso confinario: e con Osimo “congelò” ogni eventuale richiesta italiana, fermandosi in fatto di frontiere alla fotografia del 1954.
Ma andando a premiare il ruolo “pacifista” del maresciallo, aggregandosi al coro di applausi internazionali – forse ignari (o che pragmaticamente facevano finta di ignorarlo) del suo lato più oscuro –, con quella medaglia ferì tutti una parte dei connazionali e, in definitiva, il Paese stesso. E quelle ferite sono ancora aperte. In un comunicato stampa, il presidente dell’Unione degli Istriani – Libera Provincia dell’Istria in Esilio, Massimiliano Lacota ha ringraziato l’assessore per aver mantenuto la parola data lo scorso 7 aprile, quando da vicesindaco di Trieste aveva partecipato a un’assemblea pubblica sul tema, con relatore speciale il consigliere regionale del Veneto, Alberto Villanova, autore di una risoluzione votata poi a febbraio a Venezia all’unanimità dalle forze politiche, indirizzata al Governo italiano per chiedere di cambiare le regole e consentire finalmente di cancellare i titoli di merito della Repubblica anche a persone decedute che in passato si sono macchiate di gravi crimini contro l’umanità. Dando per scontato il voto in Consiglio regionale FVG, “mi auguro che a Roma quando la questione arriverà sui tavoli competenti, tutte le forze politiche e i rappresentanti di Camera e Senato eletti nel Friuli Venezia Giulia facciano squadra, sostenendo la modifica della normativa, grazie alla quale sarà finalmente possibile revocare le onorificenze regalate anche ad altri dittatori nel frattempo giustiziati oppure deceduti come il presidente della Romania Nicolae Ceausescu e il satrapo congolese Mobuto”, ha commentato Lacota.
E se qualcuno ha definito la proposta di Roberti anacronistica, invece è più che mai al passo con i tempi. Si allaccia a quel necessario processo di liberazione da uno stato di soggezione psicologica nei confronti di Tito; stato che porta a una visione storica distorta, che impedisce di vedere il ritratto in tutte le sue (anche brutte) sfaccettature e di capire l’origine di molti problemi del nostro presente. A Tito vanno riconosciuti i suoi meriti, principalmente nella lotta contro il nazifascismo. Ma allo stesso tempo occorre confrontarsi con le sue responsabilità per i crimini commessi ai danni degli italiani dell’Adriatico orientale (e, beninteso, non solo degli italiani). Molti testimoni di quei fatti sono ancora in vita, esiste una notevole produzione storiografica e memorialistica, ci sono “prove” che riaffiorano, anche se di tempo ne è passato ormai tanto, come nel recente caso di Castua, dove sono stati riesumati i resti degli italiani uccisi, a guerra finita, con un processo sommario, e sotterrati in un bosco. Altri morti, come quelli della strage di Vergarolla, attendono ancora la verità. Anche per questo occorre andare oltre il mito Tito, che quell’onorificenza italiana continua per diversi aspetti a perpetuare.

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