Fiume. Nuovo ritmo per Porto Baross

La conversione del bacino di Sušak cambierà in maniera definitiva il waterfront della città. L’importante investimento della joint-venture ACI-Gitone, di almeno 363 milioni di kune, dovrebbe essere operativo all’inizio della stagione turistica 2024

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Fiume. Nuovo ritmo per Porto Baross

Il legame tra Fiume e il mare è stato da sempre indissolubile, ma lo è diventato ancor di più nel XVIII secolo, quando la città è uscita dalla sua cinta murata sviluppandosi dapprima sul terreno alluvionale alla foce della Fiumara, poi sulla spiaggia davanti alla città antica e sugli interramenti artificiali. Fiume stava diventando una vera città sul mare e il bisogno di costruire un porto si fece sentire fin da subito e nella storia che seguì determinò certamente il suo futuro.

 

Per parecchi secoli il porto fu la Fiumara, alla cui foce venne costruito un molo dalla parte d’oriente, mentre a occidente spinte dalla corrente marina si depositavano le alluvioni. Le navi più grandi, però, dovevano gettare l’ancora davanti alla spiaggia ed è per questo che nel 1841 iniziarono i lavori per la costruzione d’una diga foranea parallela alla riva, che, prolungata in varie riprese, trasformò la rada in un porto sicuro e capace.

Nel 1889, risultando insufficiente il porto principale, s’iniziò la costruzione di un nuovo bacino, appoggiandolo al cosiddetto Delta, terreno di riporto artificiale tra la Fiumara e il suo canale destinato a deposito di legname. Questo bacino, ultimato nel 1894, prese il nome di Porto fiumano del legname, e più tardi di Porto Baross, dal nome del ministro ungherese Gábor Baross (anche se sarebbe più corretto scrivere Baross Gábor in quanto in Ungheria il cognome viene sempre anteposto al nome), che ne era stato l’ideatore e al quale è stata intestata una targa affissa all’ex palazzo Baccich (oggi palazzo della Transadria), sulla quale viene definito Vasminiszter, ossia “ministro di ferro”.

Il ministro Gábor Baross (1848-1892)

Quanto fosse importante questo personaggio per gli ungheresi, lo dimostrano il mausoleo eretto in suo onore nella località di Klobušice, in Slovacchia (Baross nacque nella località slovacca di Pružina), un grande monumento a Budapest e un’enorme targa di pietra sulle sponde del Danubio, che ricorda tantissimo la Tabula Traiana, incisa su una parete rocciosa, appositamente intagliata, a strapiombo sulle Porte di Ferro (Đerdap), un francobollo commemorativo e via di seguito.

Ungheresi al mare
E quanto fossero importanti il mare e Fiume per l’Ungheria lo dimostra l’articolo “Tengerre magyar!”, ossia Ungheresi al mare, fatto pubblicare nel 1846 dal noto politico ungherese Lajos Kossuth, capo dell’ala democratico-radicale dei nazionalisti ungheresi che attuò l’indipendenza dell’Ungheria dall’Impero austriaco durante i moti del 1848. Lamentandosi del fatto che gli ungheresi conoscevano poco Fiume, Kossuth mirava a incentivare il commercio attraverso la città quarnerina, che l’aveva colpito, anzi entusiasmato fin dal suo primo soggiorno (alloggiato sulla costa nella locanda Czaczanich, più tardi l’Hotel Europa).

Mór Jókai, il romanziere romantico più noto nella seconda metà dell’Ottocento in Ungheria, in un monologo scriveva di Fiume come della “Perla preziosa della patria nostra”. Le esaltazioni ci fanno capire l’importanza che Fiume aveva nell’Ottocento per l’Ungheria, non solo dal punto di vista economico, in quanto unico porto di mare del Paese, ma anche nell’immaginario collettivo, nella cultura dell’epoca. Dalle lettere di Kossuth Fiume risulta essere anche fonte della ricchezza delle navi che partono per il mondo, fonte di benessere economico e simbolo di patriottismo contro l’Austria.

Ed è proprio di questo segmento del bacino portuale fiumano che ci apprestiamo a parlare, perché in un prossimo futuro subirà una trasformazione di ampia portata che modificherà per sempre il waterfront di Fiume. Nell’opera “Lo spleen di Parigi” (1869), Charles Baudelaire scriveva: “Un porto è un luogo incantevole di soggiorno per un’anima stanca delle lotte della vita. L’ampiezza del cielo, l’architettura mobile delle nuvole, i colori cangianti del mare, il luccichio dei fari, sono un prisma meravigliosamente adatto a distrarre gli occhi senza mai stancarli. Le forme slanciate delle navi, con la loro complicata attrezzatura, alle quali l’onda imprime armoniose oscillazioni, servono a conservare nell’anima il gusto del ritmo e della bellezza. E poi, soprattutto, c’è una sorta di piacere misterioso e aristocratico, per colui che non ha più né curiosità né ambizione, nel contemplare, disteso sul belvedere o appoggiato sul molo, tutti quei movimenti di coloro che partono e di coloro che tornano, di coloro che hanno ancora la forza di volere, il desiderio di viaggiare o di arricchirsi”.

Quello che per anni è stato uno scalo operativo specializzato specialmente nella manipolazione del legname, infatti, diventerà un “un luogo incantevole di soggiorno”, un porto turistico che entrerà nella grande famiglia delle marine ACI.

Operazioni che rappresentano il passato di Porto Baross

Porto, una storia tribolata

Prima di addentrarci in questo progetto, però, vale la pena fare una carrellata sulla storia di Porto Baross, tribolata quanto quella della città. Ricorderemo che in passato lo scalo fiumano era stato sacrificato in favore di Trieste, ma nel 1867, in seguito all’Ausgleich, la città divenne parte della Corona di Santo Stefano e il maggiore sbocco sul mare per i traffici economici ungheresi, iniziando da allora una inversione di tendenza.

Nel 1873 Fiume venne collegata dalla ferrovia a Vienna e Budapest. Il collegamento su rotaie rappresentò un forte impulso per i traffici della città e furono necessari lavori di ampliamento del porto, che iniziarono nel 1872, con la costruzione di una prima grande diga frangiflutti, intitolata alla memoria dell’imperatrice Maria Teresa. Oltre alla diga, furono realizzate nuove banchine, grandi magazzini per lo stoccaggio delle merci e installate nuove gru. Ai lavori di ampliamento, che vennero ultimati nel 1894, ne seguirono altri nel periodo dal 1895 al 1901 e dal 1904 fino allo scoppio della prima guerra mondiale.

L’ampliamento del bacino
Tra le opere, anche un nuovo bacino portuale che doveva sopperire alle esigenze del traffico del legname. Il bacino venne costruito allo sbocco del Canal Morto della Fiumara, i cui fondali profondi circa 10 metri, consentivano l’approdo di grandi navi. Il bacino, che si trovava nel sobborgo di Sušak, venne ribattezzato Porto Baross nel 1892 in seguito alla morte del succitato ministro ungherese, il quale, come leggiamo, “molto si era prodigato per lo sviluppo delle ferrovie e della navigazione ungherese”. Porto Baross ha un passato anche da cantiere navale. Nel 1896, infatti, all’interno del bacino venne impiantato un cantiere per la costruzione e la riparazione di mercantili e pescherecci italiani e austro-ungarici, cui venne dato il nome “Lazarus”.

Dopo il disfacimento dell’Austria-Ungheria, a questo bacino fu dato il nome di Porto Nazario Sauro. Esso abbracciava una superficie d’acqua di 6,5 ettari, disponeva di 1.260 metri di banchine ed era difeso da una diga della lunghezza di 420 metri. La profondità delle sue acque, presso le rive, era di 6,5-7,5 metri ed erano in comunicazione con quelle del porto principale di Fiume mediante un canale largo 18 metri, le cui rive erano congiunte insieme da un ponte girevole.

9. Il ponte girevole all’uscita del Canal morto

Problemi di confine
Il confine dello Stato fiumano, riconosciuto indipendente dal trattato di Rapallo (1920), passava a brevissima distanza dalle ultime case della città ed escludeva dal territorio dello stesso le sorgenti della Fiumara, mentre a nord-ovest troncava le comunicazioni che congiungono la città alla Venezia Giulia. Anche dopo l’annessione all’Italia (1924) queste condizioni rimasero immutate e Fiume, circuita dal territorio jugoslavo, venne congiunta all’Italia soltanto per mezzo di una sottile striscia rivierasca, nella quale correvano la strada carrozzabile e la linea ferroviaria diretta a S. Pietro del Carso.

Dopo varie vicissitudini, con il Trattato di Roma, siglato il 27 gennaio 1924, veniva sancito il passaggio di Fiume al Regno d’Italia. In base al trattato la città con il porto veniva assegnata all’Italia, mentre il piccolo entroterra con alcune periferie, la parte nuova del porto, cioè Porto Baross, che era incluso nella località di Sušak e le acque del fiume Eneo, cioè l’intero alveo e il delta, venivano annessi alla Jugoslavia.

Una Commissione mista per l’applicazione del Trattato regolò tra le altre cose i limiti delle acque territoriali tra Fiume e Sušak, mediante un accordo supplementare per la sorveglianza doganale e la pesca nelle acque di Fiume e Sušak, siglato il 31 gennaio 1925. Prevedeva che “il limite del mare territoriale era dato da una linea che partendo dall’angolo sud-ovest dell’ala occidentale del fabbricato Lazarus si prolungava nel mare per 500 metri in direzione ovest formando con la diga Cagni (nome con cui venne ribattezzata la diga Maria Teresa) un angolo di 20° proseguendo quindi a sud in direzione perpendicolare alla costa fino a raggiungere il limite esterno della zona del mare territoriale medesimo”. Gli accordi vennero poi ratificati dalla Convenzione di Nettuno il 20 luglio 1925.

Una simulazione fotorealistica del futuro marina ACI a Fium, che sarà dotato di tutte le attrezzature per l’assistenza e il rifornimento. L’edificio centrale ospiterà un centro commerciale con tanti piccoli esercizi, diverse strutture di ristorazione, da ristoranti al lounge bar con piscina sul tetto dell’edificio. Il pianterreno di uno degli edifici sarà affittato alle agenzia di charter, mentre la parte superiore della diga foranea sarà adattata a passeggiata. Avrà una larghezza di cinque metri e sarà raggiungibile anche dai disabili. Ai piedi della diga ci saranno i locali di un club velico. Da non trascurare il fatto che il porto turistico disporrà di una rimessa, in parte anche sotterranea, con 540 posti macchina e di una struttura ricettiva per i diportisti

Clima di rivalità
In queste nuove condizioni, Porto Baross contrastava l’ascesa di Fiume. Le due parti del porto di Fiume, divenute rivali si contendevano e si dividevano il commercio con il medesimo retroterra, tanto che, se si sommano i numeri esprimenti il movimento totale dei due porti (nel 1929, 17.416.000 quintali per Fiume, 15.204.000 per Susak), si ottengono cifre (32.620.000 quintali nel 1929) che si avvicinavano al movimento commerciale di Fiume anteguerra. Pur tuttavia, dopo l’annessione, il traffico di Fiume è andato riprendendo, ma la crisi mondiale sopravvenuta ha prodotto un nuovo periodo di depressione, invano combattuto dai provvedimenti anche coraggiosi, come la costituzione della zona franca (17 marzo 1930), che pose Fiume e la riviera liburnica fuori dei confini doganali del regno.

Il trattato di Rapallo all’art. 4 stabiliva che lo Stato di Fiume era costituito: dal corpus separatum quale è attualmente delimitato dai confini della città e del distretto di Fiume; da un tratto di territorio già istriano che comprendeva la linea ferroviaria sino a raggiungere la baia di Preluca, in modo da unire Fiume all’Italia. Non appena fu noto il testo del trattato sorsero vivaci polemiche tra fiumani e croati per l’interpretazione da darsi a quell’articolo, in quanto il confine orientale del corpus separatum era in contestazione fin dalla regolazione del corso della Fiumara, avvenuta nel 1854, reclamando gli uni e gli altri per sé il Delta a cui era congiunto il molo esterno del Porto Baross, che però si estendeva a occidente del vecchio corso della Fiumara.

Il premio di «Annessione»
L’energico atteggiamento assunto dalla città di Fiume (dichiarazioni concordi di tutti i partiti, occupazione di Porto Baross da parte di gruppi di arditi, dimostrazioni violente) aveva reso difficile l’applicazione delle clausole segrete del trattato, contenute nella cosiddetta lettera di Sforza che assegnava effettivamente porto Baross al regno dei Serbo-Croati-Sloveni, compresa la sua banchina settentrionale posta davanti alle case della città.

La commissione per la delimitazione dei confini dello Stato di Fiume, ultimati gli altri lavori, non osava affrontare la soluzione del problema di Porto Baross. Si tentò allora di superare la questione studiando una convenzione da stipulare tra l’Italia, il regno dei Serbo-Croati-Sloveni e Fiume per l’esercizio e l’amministrazione in comune del porto di Fiume, ivi compreso il bacino Baross, ma la mancanza di un governo fiumano rese impossibile la conclusione delle trattative.

All’atto di applicarle la commissione italiana, dopo avere sgomberato Sušak, si rifiutò di consegnare il Delta e Porto Baross, in attesa che fosse assicurata la vita dello stato fiumano. Le trattative, lunghe e laboriose, restarono senza risultato. Lo stato indipendente di Fiume, specialmente se privato di Porto Baross, non poteva vivere. D’altro canto, l’appartenenza di questo non poteva essere decisa per la contraddizione fra il trattato e la lettera segreta. Di fronte all’impossibilità di arrivare a risultati concreti, i lavori delle commissioni furono sospesi e nuove trattative furono avviate. Fiume doveva essere unita all’Italia e doveva considerare la perdita di Porto Baross come il premio pagato per la realizzazione del suo ideale di annessione.

Il marina ACI Fiume sarà dotato di tutte le attrezzature per l’assistenza e il rifornimento

Dalle bombe alla ricostruzione
La Seconda guerra mondiale diede poi un colpo mortale al porto – e non soltanto a questo – fiumano. All’inizio del 1944 avvenne il primo bombardamento aereo anglo-americano su Fiume, cui ne seguirono altri 27, che provocarono centinaia di morti e danneggiarono gran parte delle strutture portuali e industriali. A ciò si aggiunse che i tedeschi, poco prima della loro ritirata distrussero completamente le infrastrutture del cantiere e del porto, facendo saltare in aria mediante mine il porto petroli, il porto principale, che subì il danneggiamento di magazzini, banchine e moli, con alcuni moli che si staccarono dalla riva, ma anche Porto Baross, che dopo la liberazione venne ribattezzato semplicemente in Porto di Sušak.

In tutti questi decenni, il bacino è stato utilizzato come scalo commerciale per legname, rottami di ferro e carichi generali, ma ora, come già annunciato, cambierà in maniera definitiva destinazione d’uso e diventerà porto turistico a tutti gli effetti, dotato di attrezzature di rimessaggio, riparazione e rifornimento dei natanti di varia stazza di tipo turistico, amatoriale o sportivo. Il consorzio ACI-Gitone (la compagnia croata assieme al partner del gruppo tedesco Lürssen), infatti, si è aggiudicato recentemente (il 20 maggio scorso) la concessione demaniale della durata di 30 anni.

In prospettiva, il marina potrà accogliere fino a 500 imbarcazioni, mega yacht inclusi

Un potenziale notevole

Kristijan Pavić, direttore dell’ACI, l’azienda che con i suoi 22 marina sulla costa e sulle isole dispone della più grande catena di strutture per il turismo da diporto nel Mediterraneo, ha dichiarato recentemente che si tratta indubbiamente di un grande progetto, anche perché tra le città croate che s’affacciano sul mare il capoluogo quarnerino è l’unico a non avere un marina, anche se attualmente parte della Riva passeggeri viene utilizzata in funzione del turismo nautico.

“Qui c’è un potenziale notevole, anche in virtù della vicinanza di diversi Paesi da cui arrivano in buona parte i diportisti. Inoltre, qui c’è la possibilità di creare i presupposti per accogliere anche i megayacht su cui contiamo in futuro. Ci sono sicuramente dei vantaggi rispetto alla Dalmazia e all’Adriatico meridionale”, come dichiarato recentemente dal direttore Pavić, e la tendenza è quella di ottenere l’ambito premio “Le Cinque Ancore d’Oro” della TYHA (The Yacht Harbour Association) per la qualità dell’offerta portuale in termini di servizi in banchina e accessori, sostenibilità ecologica, gradimento di utenti e turisti.

Estensione verso riva passeggeri
“Sono particolarmente felice – ha detto ancora Kristijan Pavić – che il Governo, con in testa il premier Andrej Plenković, nonché il Ministero competente e il ministro Oleg Butković, abbiano riconosciuto la bontà della nostra offerta e ci abbiano affidato la concessione demaniale, sia per l’importanza dell’investimento (il valore stimato del progetto, con la costruzione di 260 ormeggi, è di 363,7 milioni di kune), sia per la nostra visione dello sviluppo della città, a tutto beneficio dei cittadini e dei turisti”.

Fatto sta che il marina ACI Fiume sarà molto diverso da quasi tutti gli altri, costruiti prevalentemente in località più piccole o nelle zone periferiche delle città. Questo, invece, opererà nel cuore della città. L’obiettivo dell’ACI è anche quello di ritagliarsi un posto importante nel comparto dei mega yacht, in piena armonia con i piani urbanistici della città e con la tendenza, confermata negli ultimi anni, di ospitare panfili lussuosi nel bacino portuale fiumano. Di conseguenza, la lunghezza media delle imbarcazioni nel nuovo marina sarà di 19 metri, sensibilmente superiore a tutte le altre darsene.

“In futuro – ha detto recentemente il direttore dell’ACI – intendiamo estendere il marina a parte della Riva passeggeri, ossia da Riva Bodoli a Molo De Franceschi, dove troviamo già diversi panfili ormeggiati”. Per raggiungere anche questo obiettivo, però, la Città di Fiume dovrà apportare ulteriori modifiche ai documenti di pianificazione territoriale, facendo diventare quello di Fiume un porto turistico a tutti gli effetti. In questo senso, Kristijan Pavić confida molto nella disponibilità dell’amministrazione cittadina.

Ottimismo e fiducia
Assegnata la concessione demaniale, è lecito aspettarsi l’apertura del cantiere, ma i lavori dovranno essere preceduti da un iter burocratico che tutti sperano non si riveli troppo lungo. In base al decreto governativo, il consorzio ACI-Gitone avrà due anni di tempo per far inserire il progetto del marina ACI Fiume nel piano di lottizzazione, che come primo requisito dovrà inserirsi nelle previsioni dello strumento urbanistico generale, ovvero il piano regolatore generale. A quel punto seguirà la firma del contratto che sancirà l’inizio dei lavori. “L’esperienza ci insegna – ha detto Pavić in merito a questo argomento – di non fare previsioni precise. Spero che i documenti richiesti ci vengano rilasciati ben prima del termine fissato dal decreto governativo e che nella seconda metà del 2022 possano partire i lavori, in modo che il marina possa essere operativo a partire dalla stagione turistica 2024”. Evidentemente ottimismo e fiducia non mancano.

Il Governo ha stabilito anche la parte fissa del canone di concessione, che sarà di 5 kune per metro quadrato, ovvero circa 530mila kune all’anno. “La parte fissa del canone di concessione dopo 15 anni aumenterà ogni cinque anni di 2 kune per metro quadrato, per cui per tutta la durata della concessione ammonterà a un totale di 22,2 milioni di kune. L’importo della parte variabile del canone di concessione che sarà pagato dal concessionario sarà pari al 4 per cento degli utili”, ha spiegato il ministro del Mare, dei Trasporti e delle Infrastrutture, Oleg Butković.

Ruoli ben definiti
Come dicevamo, si tratterà di un investimento sostanzioso, di almeno 363 milioni di kune, cifra di cui il consorzio dispone, come dichiarato dal direttore dell’ACI, il quale ha puntualizzato che si tratta di un investimento comune con la ditta Gitone. “Il denaro di cui disponiamo e la nostra solidità patrimoniale sono tali da consentirci di affrontare senza problemi un investimento del genere”, ha confermato Kristijan Pavić, il quale ha poi precisato i ruoli delle due aziende, ACI e Lürssen, noto costruttore di megayacht, nell’ambito della nuova azienda ACI-Gitone e del futuro marina.

“Ciascuna ditta avrà un ruolo ben definito. L’ACI vanta ormai quattro decenni di esperienza nell’ambito del turismo nautico, della costruzione e della gestione dei marina, mentre la Gitone, proprietaria, tra l’altro, della Liburnia Riviera Hoteli, curerà questo aspetto specifico dell’offerta, senza dimenticare l’esperienza della Lürssen, con sede a Vegesack, distretto a nord della città di Brema, in Germania, nel settore dei mega yacht. L’azienda tedesca contribuirà certamente ad aumentare il numero di questo tipo di imbarcazioni nel futuro marina e nel bacino portuale fiumano in genere, in prospettiva di un’estensione del progetto alla Riva passeggeri”, ha precisato.

Kristijan Pavić, direttore dell’ACI, società che con i suoi 22 marina sulla costa e sulle isole dispone della più grande catena di strutture per il turismo da diporto nel Mediterraneo. Pavić ha dichiarato recentemente che si tratta indubbiamente di un grande progetto, anche perché tra le città croate che s’affacciano sul mare, Fiume è l’unica a non avere un marina, anche se attualmente parte della Riva passeggeri viene utilizzata in tale funzione. «Desideriamo che l’intera struttura sia integrata nel tessuto urbano della città e i cittadini, come pure i turisti, potranno passeggiare per il lungomare, fare acquisti, fermarsi a prendere una bibita. Va detto, peraltro, che tutti i nostri marina sono aperti al pubblico»

Rilancio occupazionale
Chiaramente, un porto turistico in pieno centro dovrebbe riflettersi positivamente sull’economia cittadina, a partire da un rilancio occupazionale che non riguarderà soltanto i 132 nuovi posti di lavoro nella struttura, ma tanti altri nei vari servizi che verranno offerti da altre aziende. “Sono convinto – ha affermato Kristijan Pavić – che la presenza del marina contribuirà a sviluppare tante altre attività, dalla manutenzione delle imbarcazioni ai rifornimenti, dal commercio a tutti quei servizi che solitamente si abbinano ai porti turistici, alle barche, ai diportisti. Credo che Fiume saprà rispondere a questa sfida e mi aspetto che ci siano diverse aziende interessate a collaborare e a essere incluse in questo progetto. In fin dei conti, un marina che non sia in simbiosi con la città che lo ospita non avrebbe alcun senso e le prospettive di successo sarebbero scarse.

Nessun recinto
Il nuovo marina in Porto Baross ospiterà anche il quartier generale dell’ACI, che potrà disporre di una sede rappresentativa in pieno centro città, tenendo presente che alcune delle strutture presenti dovranno essere restaurate e mantenere l’aspetto attuale, trattandosi di una zona considerata sotto tutela dal punto di vista storico e culturale.

“Il nostro progetto di massima ha considerato questi vincoli ed è stato approvato dal ministero competente, in quanto in armonia con il piano territoriale e con le indicazione dell’Istituto di conservazione e tutela dei monumenti. Il nostro desiderio è di rispettare il patrimonio culturale di quest’area”, ha detto Kristijan Pavić, aggiungendo – dettaglio tutt’altro che trascurabile – che la zona del marina non sarà recintata e, di conseguenza, sarà aperta a tutti i cittadini. “È logico che sia così – ha detto ancora –, in quanto desideriamo che l’intera struttura sia integrata nel tessuto urbano della città e i cittadini, come pure i turisti, potranno passeggiare per il lungomare, fare acquisti, fermarsi a prendere una bibita. Va detto, peraltro, che tutti i nostri marina sono aperti al pubblico”.

Per assolvere alla sua specifica funzione, il marina ACI Fiume sarà dotato di tutte le attrezzature per l’assistenza e il rifornimento sia di carburante e acqua potabile, che di generi alimentari per le imbarcazioni ormeggiate. All’altezza di molo Ružić sarà posizionata una gru di alaggio e sono previste anche officine per piccole riparazioni. L’edificio centrale, di notevoli dimensioni, ospiterà un centro commerciale con tanti piccoli esercizi, diverse strutture di ristorazione, da ristoranti al lounge bar con piscina sul tetto dell’edificio, con una vista meravigliosa sul marina e su tutto il golfo. Il pianterreno di uno degli edifici sarà affittato alle agenzia di charter, mentre la parte superiore della diga foranea sarà adattata a passeggiata. Avrà una larghezza di cinque metri e sarà raggiungibile anche dai disabili. Ai piedi della diga ci saranno i locali di un club velico. Da non trascurare il fatto che il porto turistico disporrà di una rimessa, in parte anche sotterranea, con 540 posti macchina e di una struttura ricettiva per i diportisti.

Una volta reso pubblico il progetto del nuovo marina, i proprietari delle barche ormeggiate lungo il Canal morto hanno espresso la propria preoccupazione, rivelatasi poi ingiustificata, in riguardo alla possibilità di transito attraverso il porto turistico. “Il libero transito delle imbarcazioni ormeggiate lungo il Canal morto mi sembra una cosa ovvia. Nulla impedirà loro di uscire ed entrare. Anzi, la simbiosi tra gli yacht presenti nel marina e le imbarcazioni tradizionali mi sembra un valore aggiunto. Abbiamo previsto anche una piccola zona drop-off nei pressi del ponte girevole che i proprietari delle barche potranno utilizzare per imbarcare persone o cose, parcheggiando magari l’automobile nel marina. Per quanto riguarda il ponte girevole, siamo obbligati a restaurarlo ma non a rimetterlo in funzione, in quanto si tratterebbe di un intervento molto impegnativo sotto tutti i punti di vista”, ha detto ancora il direttore dell’ACI.

In attesa che questo progetto venga realizzato, possiamo dire con certezza che il nuovo marina imprimerà – “rubando” lo slogan utilizzato in campagna elettorale dal nuovo sindaco Marko Filipović – un nuovo ritmo alla città.

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