Fuga del capitale umano

Il mercato occupazionale italiano non attira i giovani lavoratori

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Fuga del capitale umano
Foto Shutterstock

Il complesso fenomeno della fuga dei cervelli desta preoccupazioni in Italia già da anni. La 24esima indagine realizzata da AlmaLaurea, società di servizi per il lavoro che svolge il ruolo di intermediario nella ricerca e selezione del personale, ha recentemente fornito i dati aggiornati sulla situazione occupazionale italiana. Particolare interesse è stato rivolto ai giovani italiani che decidono di lavorare all’estero, in modo da capire a fondo le motivazioni che li hanno spinti ad abbandonare il Bel Paese e scoprire se vi è la volontà di farvi rientro.

Mobilità internazionale

L’ultima indagine AlmaLaurea ha coinvolto un totale di circa 660 mila laureati di primo e secondo livello, appartenenti a 78 Atenei differenti. La ricerca ha rivelato che la mobilità internazionale per ragioni lavorative, dopo aver subìto una considerevole contrazione durante il periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, ultimamente risulta essere in ripresa. In particolar modo, a decidere di trasferirsi all’estero in cerca di migliori opportunità di carriera sono i laureati a cinque anni dal conseguimento del titolo. Come sottolineato da AlmaLaurea, questo fenomeno interessa soprattutto coloro che hanno una formazione scientifica, linguistica, informatica, ma anche i laureati in campo politico-sociale e della comunicazione, dell’ingegneria e dell’informazione.

I Paesi più «in»

Secondo quanto affermato dalla suddetta indagine, a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello, quasi tutti coloro che lavorano all’estero hanno trovato la propria occupazione in Europa, raggiungendo una percentuale pari a 90,1 p.c. In misura minore invece solo coloro che lavorano nelle Americhe, il cui numero scende al 5,2 p.c.. La percentuale di italiani che si è stabilita in Asia per ragioni lavorative è ancora inferiore, fermandosi al 2,7 p.c. I dati diffusi dalla società di servizio per il lavoro mostrano che fra i Paesi europei che attraggono maggiormente capitale umano italiano ci sono il Regno Unito (14,3 p.c.), la Germania (14 p.c.), la Svizzera (12,8 p.c.), la Francia (8,8 p.c.) e la Spagna (8,7 p.c.). Nel dettaglio, dalla 24esima indagine resa nota da AlmaLaurea si può notare che coloro che lavorano all’estero hanno trovato un’occupazione più velocemente rispetto a chi si è approcciato al mercato del lavoro italiano. Un altro fattore fondamentale nella scelta di trasferirsi in un altro Paese è il livello di retribuzione, che all’estero risulta essere notevolmente più alto rispetto alla media in Italia. Stando a quanto rivelato dall’analisi, i laureati di secondo livello che si sono stabiliti in un Paese estero percepiscono, a un anno dalla laurea, 2.174 euro mensili netti, vale a dire +56,1 p.c. rispetto ai 1.393 euro di coloro che sono rimasti in Italia.

Il profilo del lavoratore all’estero

Tra le figure professionali che decidono di lasciare l’Italia in cerca di un’occupazione migliore troviamo coloro che sono impegnati in attività di ricerca come dottorati o scuole di specializzazione. In numero nettamente inferiore si trovano invece le attività in proprio. Analizzando quanto riportato dal documento diffuso da AlmaLaurea, il 32 p.c. dei laureati di secondo livello a cinque anni dal conseguimento del titolo che ha preso parte al sondaggio ha dichiarato di aver lasciato il nostro Paese dopo aver ricevuto un’offerta di lavoro interessante da parte di un’azienda estera. Un altro 27,4 p.c. ha invece affermato di essersi trasferito all’estero per mancanza di opportunità di lavoro adeguate in Italia. Tra coloro che hanno risposto all’indagine, il 14,1 p.c. ha dichiarato di aver realizzato un’esperienza di studio all’estero (Erasmus o progetti simili, preparazione della tesi, tirocini, formazione post-laurea, e così via…) e di aver deciso di rimanere e stabilirsi lì o di fare successivamente ritorno nel Paese ospitante per motivi di lavoro. Una parte degli intervistati, pari al 13,8 p.c., ha rivelato di essersi trasferito per motivi personali o familiari, mentre l’8,8 p.c. ha spiegato di aver lasciato l’Italia per mancanza di fondi per la ricerca. AlmaLaurea ha inoltre sottolineato che il 3,2 p.c. lo ha fatto su richiesta dell’azienda presso cui stava lavorando in Italia. L’indagine AlmaLaurea ha fatto anche luce sui livelli di soddisfazione dei lavoratori, svelando che vi è una maggiore soddisfazione, sia a uno sia a cinque anni dalla laurea, tra chi lavora all’estero.

Poche possibilità di rientro

La società italiana di servizi per il lavoro ha anche indagato sulle possibilità di fare rientro in Italia da parte dei lavoratori stabiliti all’estero. Il 38,4 p.c. degli occupati all’estero ha affermato che un eventuale ritorno è molto improbabile. Il 30,5 p.c. dei rispondenti ha invece dichiarato di vedere questo scenario poco probabile. Infine, il 15,1 p.c. ha rivelato di valutare il rientro nel Bel Paese molto probabile, mentre il 14,7 p.c. non ha saputo esprimere un giudizio a riguardo. Le considerazioni espresse dagli intervistati ci suggeriscono quindi che la questione della fuga dei cervelli non è conclusa, e che in Italia si parlerà ancora a lungo del fenomeno della perdita del capitale umano.

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