Successi e preoccupazioni nel Giorno del ricordo

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Successi e preoccupazioni nel Giorno del ricordo

È stata avvertita ovunque, come scossa tellurica di assestamento, la tensione che ha accompagnato il Giorno del ricordo, sul quale hanno pesato e pesano la campagna elettorale e certa ignoranza che continua a caratterizzare l’approccio nei confronti della storia del confine orientale d’Italia. Eventi e cerimonie proseguono e proseguiranno per tutto febbraio, ma anche in marzo e aprile, perché ha preso piede ovunque la consapevolezza che se si vuole far accettare al Paese una pagina di storia sottaciuta, l’azione deve diventare costante e di contenuti pregnanti. A una settimana dalla cerimonia svoltasi anche alla Camera, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, abbiamo voluto tracciare un primo, piccolo bilancio, scegliendo persone diverse, più o meno coinvolte nei programmi dell’associazionismo giuliano-dalmato, ma comunque esponenti e portavoce del sentire di un popolo sparso. Iniziando, per spirito di gruppo, da due donne.

Pioniera di rappresentanza nelle scuole

Adriana Ivanov, di Padova, dalmata, è una delle pioniere della testimonianza nelle scuole e in altre sedi. In questo momento è arrivata a metà strada rispetto alle 30 conferenze che la vedranno in tutto il Veneto: “L’ultima la terrò a fine aprile – esordisce – all’Università di Padova, invitata dalla Facoltà di Giurisprudenza, corso di storia dei diritti umani. Risposta di quest’anno? Chiaroscurale, con qualche ombra in più. Si può notare un coinvolgimento deludente nei centri più grandi, vedi Abano, però ero in concorrenza con Sanremo… Viceversa nel Vicentino e nel Veneziano, stracolmo di cittadini. Spesso l’ago della bilancia sono i singoli, assessore o docente che siano, in grado di fare la differenza perché comprendono la nostra vicenda e allora tutto cambia. Ecco perché sono a favore di una maggiore apertura delle nostre strutture associative anche agli altri, a chi non ha origini giuliano-dalmate, ma ha fatto proprie le nostre battaglie; a chi è preparato sulle nostre vicende e può aiutarci a raggiungere altri gruppi di cittadini, gente che ha studiato, come abbiamo fatto noi, che è preparata e pronta a rispondere alle necessità di chi ascolta e vuole capire. Per quanto riguarda le vicende nazionali, troppe cose gravi ci hanno colpito. La crisi di alcuni partiti li ha portati a coagulare tutto intorno al nucleo dell’antifascismo, determinando un rigurgito di ostilità nei nostri confronti e alla riesumazione di stereotipi, luoghi comuni e vecchi slogan che ci feriscono. È successo anche durante le mie conferenze che ci fossero dei gruppi dei centri sociali padovani che urlavano ‘tornate nelle fogne e nelle foibe’. Che cosa ho pensato? Meno male che i miei genitori non sono qui a sentire. Secondo episodio, ANPI. L’ANVGD di Padova ha fatto anni fa un tentativo di incontro chiarificatore e ci siamo prese gli strali della base, ma sembrava che qualcosa fosse cambiato. Con le elezioni alle porte, invece, tornano a galla letture ideologiche che speravamo superate”.

Persistono sacche di ignoranza

Mutando prospettiva, il risultato cambia? Abbiamo chiesto a Silvia Cuttin, scrittrice che vive a Bologna, con radici fiumane, che il 10 febbraio lo vive da osservatrice. Quali sono state le sensazioni colte in questi giorni?
“Rispetto a qualche anno fa – risponde -, il tema dell’esodo è molto più conosciuto. Persistono comunque sacche di ignoranza, per cui considero che la strada da percorrere sia ancora lunga. I mass media spesso non aiutano quando mettono in rilievo il fatto sensazionale. Titolando a caratteri cubitali ciò che emerge di negativo, confondono le vicende delle foibe senza sapere che cosa siano, scambiano i periodi e i luoghi, dando un’importanza esagerata a singoli episodi mentre dovrebbero servire come punto di riferimento per la conoscenza vera di una pagina di storia. A volte si presuppone che la gente sappia che cosa sia successo. Non è così… A livello locale ci si scatena, facendo tante cose, nonostante si sia in pochi. Apprezzo lo sforzo perché si porta il messaggio nelle scuole e in tante altre sedi. Il mio contributo? È positivo che le iniziative che compongono il programma del Giorno del ricordo inglobino anche la presentazione dei nostri libri, per cui ho accettato molto volentieri l’invito dell’ANVGD. Sarò a Mestre, il 22 febbraio alle ore 17 alla Biblioteca civica, con l’intento di parlare della storia di Fiume a chi non la conosce, con la presentazione del romanzo “Il vento degli altri”. Secondo me sarebbe fondamentale interagire con gruppi di docenti, per esempio dei licei di una località, visto che non si può andare in tutte le scuole, seminare in maniera più formativa, sia la parte storica che le testimonianze, per far sì che gli insegnanti ne possano parlare tutto l’anno, in modo autonomo e magari invitando i testimoni, gli storico o gli autori anche lontano dal 10 febbraio”.

Tanti riscontri dal mondo ebraico

Ne è ben cosciente Donatella Schürzel, presidente del Comitato dell’ANVGD di Roma, che da sempre cura i rapporti con le scuole e con il MIUR e mantiene rapporti con varie realtà.
“Andremo avanti fino ad aprile – dice -; scuole, biblioteche, Municipi e località fuori Roma. In alcuni luoghi con la partecipazione anche di 300 studenti. Quest’anno anche con un concerto a Santa Cecilia, nonché al Quirinale, domenica scorsa, dedicato al Giorno del ricordo e trasmesso in diretta radiofonica. La sensazione è questa: ci vorrà tanto cammino ma la conoscenza del Giorno del ricordo si sta espandendo abbastanza, con la presenza massiccia del mondo istituzionale. Una particolarità di quest’anno: per la prima volta, il fatto di aver avuto moltissimi riscontri dal mondo ebraico. Ci siamo scambiati dei messaggi, da parte nostra in occasione del 27 gennaio e, da parte loro, per il Giorno del ricordo, richiamandoci alla possibilità di progettare degli eventi congiunti, in modo che dall’ampliamento della memoria e del ricordo si possa creare qualcos’altro, una visione alta e condivisa. Per noi c’è anche la necessità di mantenere ed evolvere il rapporto con la minoranza italiana in Istria e a Fiume, che rende la nostra una situazione particolare. Ho voluto leggere, durante la cerimonia al Campidoglio, il messaggio inviatoci nell’occasione da Marino Budicin, vicesindaco di Rovigno, con parole che non possiamo che condividere e che assumono per noi una grande importanza. La cosa pesante e demagogicamente gestita dalla campagna elettorale, ha prodotto invece fenomeni di giustificazionismo e riduzionismo. Lunedì scorso avevo quattro incontri che si svolgevano in un Municipio, con Biblioteche ed istituto tecnico, poi un appuntamento in cui erano organizzate persone del Centro anziani; alla fine si è presentato il solito docente di storia dicendo che i morti delle foibe quella fine se l’erano cercata. E questo perché, secondo lui, l’Italia aveva invaso e occupato terre slave. Non si possono dire queste cose, non più…Che cosa mi crea? Molta indignazione. Lo trovo offensivo. È estrema mancanza di rispetto e sensibilità umana, tanto più in quanto viene espresso davanti a dei testimoni. Comunque l’ignoranza non aiuta la causa. Ci ho pensato molto e ho concluso che si possano considerare gli ultimi colpi di coda di chi deve rassegnarsi di fronte all’evidenza dei fatti e delle interpretazioni storiche, ormai inconfutabili. Nel momento in cui l’argomento diventa noto, non c’è spazio per mistificazioni, per fortuna. A settant’anni dall’esodo quando dobbiamo ancora assistere a cose assurde, ci accorgiamo che molta gente comprende la nostra indignazione; sui social assistiamo a una solidarietà inaspettata. Ecco perché noi continuiamo con slancio quest’opera intensa e capillare; per raggiungere il maggior numero di persone possibile. Per cui, il nostro 10 febbraio prosegue con altre testimonianze del gruppo di dieci persone coinvolte a Roma in quest’attività, a volte insieme a degli storici acclarati che ci supportano con grande slancio”.

Teatro di aperta battaglia politica

Dario Fertilio, da Milano, giornalista e scrittore, impegnato anche nella politica, accetta di soffermarsi sull’antifascismo che non vogliamo. E sottolinea: “In Italia, il Giorno del ricordo quest’anno ha subito una mutazione: da ricorrenza sopportata e silenziata il più possibile, a teatro di aperta battaglia politica. La disgregazione del blocco di potere renziano ha infatti rimesso in circolazione a sinistra un’ideologia che si proclama antifascista, ma in realtà porta in sé tutti i segni dell’estremismo partigiano comunista, con i suoi commissari politici, il suo appoggio alle forme di lotta terroristiche (foibe comprese, secondo gli slogan presenti in molti cortei), il suo programma di rivoluzione sociale. Sul piano culturale, quest’aggressività si è manifestata indicendo controgiornate del ricordo nella stessa data del 10 febbraio, allo scopo di annullarne la portata storica e morale. Sfruttando le inquietudini sociali legate all’immigrazione fuori controllo, e a eventi criminali come quello di Macerata, si è tentato di rimuovere dalla percezione comune il tema delle foibe sostituendolo con “l’antirazzismo”. Si tratta di un piano pericoloso, perché potrebbe trovare nell’immediato, alleati compiacenti e tentare in futuro di esercitare un’egemonia ‘gramsciana’, cioè politica e mediatica, sulla storia, mirando a mettere fuori gioco gli studiosi revisionisti. La risposta dev’essere morale, culturale e politica: occorre leggere la tragedia delle foibe e il dramma dell’esilio istriano nel quadro più ampio dei due grandi e sanguinari totalitarismi novecenteschi; quello comunista e quello nazifascista”.

Un anno controverso

Se il nazionale pesa moltissimo, a livello di regioni, i segnali sono anche positivi, come nel caso dell’Umbria, come testimoniato dal fiumano Franco Papetti, dell’ANVGD di Perugia e Società di Studi Fiumani. “Mai come quest’anno, i media hanno parlato del Giorno del ricordo, con notizie, speciali, dibattiti, documentari, articoli, commenti, il che dovrebbe renderci soddisfatti e, in parte, lo siamo. Ho apprezzato i discorsi pronunciati alla Camera. Ma è anche un anno controverso, mai avevamo assistito a tanta veemenza: monumenti deturpati, cortei inneggianti alla violenza, linciaggio di personaggi del nostro mondo, uso improprio di terminologie che hanno bisogno di un approccio corretto e delicato. Il clima preelettorale ha permeato anche una giornata che dovrebbe essere di testimonianza e ricordo, pacata e competente, e questo non può che dispiacere. D’altronde, in quest’altalena di situazioni, non posso che essere pienamente soddisfatto della risposta della mia regione, l’Umbria. Il Giorno del ricordo, partito in sordina dopo il 2004, oggi è presente con cerimonie di varia natura, in tutti i centri, grandi e piccoli, con il coinvolgimento dei Comuni e delle scuole. Cerimonie annunciate con manifesti, inviti e locandine, con la partecipazione delle autorità e di tanta gente di buona volontà che ci segue nel cammino della testimonianza e di una nuova consapevolezza nei confronti della nostra storia che è storia nazionale. Spero che quanto prima si arrivi a una legge regionale che ci permetta di coordinare meglio gli eventi, cercando di prevenire interventi negazionisti, come è successo ad Orvieto. Ieri abbiamo consegnato a Francesco Squarcia, il premio Dignità Giuliano-Dalmata ad Assisi. È il momento di maggiore emozione perché la nostra storia è fatta di impegno quotidiano di chi queste vicende le sente proprie e ne rende testimonianza al mondo”.

Positivo e negativo

Bianco e nero, bene e male, la contrapposizione è il tema di quest’anno, anche per quanto è successo a Torino, come racconta Andor Brakus, vicepresidente del Comitato ANVGD: “La parte positiva è rappresentata dai numerosi impegni che ci vedono protagonisti. Con tre cerimonie, la prima al cimitero davanti al monumento di Privileggi, la seconda presso il Consiglio comunale alla presenza della sindaca della Città di Torino, del presidente del Consiglio comunale e delle autorità, con i discorso del presidente dell’ANVGD, Antonio Vatta. La terza sotto la targa che al Villaggio ricorda la nostra vicenda. Tutte partecipate, con centinaia e centinaia di persone. In Piemonte abbiamo assistito alle conferenze di storici e scrittori, tra cui Anna Maria Mori. Non sono stati trascurati gli studenti che abbiamo incontrato al Liceo scientifico. Siamo soddisfatti della partecipazione sia delle autorità che della gente. Tutto è stato all’altezza delle aspettative con persone in piedi a seguire i vari eventi. Ma ci sono ancora nodi da sciogliere: ci ha colpiti la cattiva informazione riguardante il corteo di CasaPound a Torino in cui è stato fatto il nome del nostro presidente, Antonio Vatta, che invece non era per niente coinvolto e tanto meno presente. Per fortuna, di fronte a tante proteste, il giornale ha intervistato il diretto interessato per scusarsi con lui e con i lettori, riportando il suo vero pensiero. Ma questo fatto ci ha indotti a far partire l’invito ad alcuni comitati ANPI di poter sciogliere i nodi di contrapposizione ancora resistenti. Noi rappresentiamo una cultura che deve essere accettata come legittima perché è importante in un’Europa che si rivolge alla coscienza del singolo cittadino. Se noi scompariamo scompare una pagina di storia e civiltà del nostro tempo”.

L’esempio di Umago

Nell’FVG tante sono le iniziative che continueranno fino a marzo. Silvio Delbello testimonia un momento unico, la cerimonia congiunta ad Umago, in Istria. Ma iniziamo da ciò che succede a Trieste: “C’è confusione, anche con l’inserimento di enti e istituzioni che non fanno parte di questo mondo, ma cavalcano questo momento. Ci vuole maggiore rispetto di quella che è la nostra realtà. Il 10 febbraio è un punto di convergenza, ma se non operiamo durante l’anno anche questa diventa una giornata vuota. Mi dispiace che si proceda in ordine sparso: manca un progetto di fondo per tutti. E la stampa italiana non ha capito quanto si sta facendo con l’Istria. Il Comune di Umago, dal 2014 ci invita alla loro cerimonia del Giorno del ricordo e ora ha proclamato patrimonio tutelato il cimitero di Umago. Tutela che verrà estesa anche a quello di Salvore e agli altri. Per noi è un momento importante, storico ed umano. L’incontro prevede una nostra breve cerimonia in cimitero e poi l’incontro con la CI; spesso si parla di come è stato vissuto l’esodo da chi è rimasto e da chi è andato via. È un messaggio importante per le generazione venute dopo. So che intendono porre un cippo in città che ricordi questo momento di storia tragica che tanto ha condizionato la nostra vicenda”.

Etichette che non ci appartengono

Rimane la perplessità di fondo, soprattutto in Italia, su questa recrudescenza di slogan che appartengono al passato e che arrivano anche all’estero, mettendo in subbuglio la comunità giuliano-dalmata. “Quando ce ne siamo andati dalle nostre terre – ricorda lo scrittore Diego Bastianutti da Vancouver (Canada) – la maggior parte degli esuli non erano né fascisti, né comunisti. Perché oggi ci danno ancora etichette che non ci appartengono? Dopo tutto ciò che è stato non possiamo sentirci calunniati e offesi un’altra volta”. Pensieri amari che svaniscono di fronte alla richiesta di una scuola siciliana di fare testimonianza dell’esodo via skype. Una bellissima occasione per ribadire i propri principi, per tentare di gettare un seme in questo Giorno del ricordo del 2018 difficile da definire nel suo continuo cambio di registro, ma che forse sta dicendo di non mollare.

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