Addio a Romilda Grünberger, testimone dell’esodo da Pola

Era nata il 4 settembre del 1930. Lasciò la sua amata città natale a bordo della motonave «Toscana»

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Addio a Romilda Grünberger, testimone dell’esodo da Pola

È venuta a mancare nei giorni scorsi Romilda Grünberger, testimone dell’esodo da Pola, madre della vicepresidente vicario nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. A diffondere la notizia, anche sui social media, è stata la stessa ANVGD.

 

Romilda Grünberger era nata a Pola il 4 settembre del 1930 e durante il gelido inverno del 1947 fu tra gli oltre 28.000 polesani che abbandonarono il capoluogo istriano a bordo della motonave “Toscana” per fuggire al clima di terrore che aleggiava in città dopo i 40 giorni di occupazione dei partigiani di Tito nel 1945, l’attentato di Vergarolla del 18 agosto del 1946 e la decisione del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 di assegnare anche la città dell’Arena alla Jugoslavia comunista.

Del giorno che diede inizio al suo esilio, Romilda Grünberger aveva un ricordo nitido: ”Sotto la pioggia ci staccammo dal molo. In mare gettammo una corona d’alloro a memoria dei morti e dei caduti che lasciavamo lì. Mia mamma, che aveva accuratamente chiuso la porta di casa nonostante fosse vuota, gettò nell’acqua anche la chiave. Una scena che resterà incancellabile. Oggi, con la famiglia dispersa nel mondo, se mi volto indietro non trovo le radici”.

Romilda Grünberger da bambina in una foto tratta da “L’Arena di Pola”: è la prima a destra in terza fila

Il viaggio del “Toscana” verso Venezia le rimase bene impresso nella memoria. Una manifestazione di portuali dapprima ostacolò lo sbarco della nave. Quindi l’allora giovane polesana, assieme alla madre e al fratello, si trovò a bordo del treno della vergogna, cui i ferrovieri di Bologna impedirono di fermarsi affinché i passeggeri, considerati fascisti in fuga dal paradiso comunista di Tito, ricevessero generi di conforto.

“Arrivati a Venezia – raccontava – non ci fecero attraccare perché dicevano che eravamo fascisti, che non potevamo mangiare il loro pane. Ci fu una bagarre e solo verso sera ottenemmo di poter scendere. C’era da raggiungere la Sardegna. Mio padre era rimasto lì. Richiamato dopo il servizio militare, non era mai più tornato a Pola. Il treno sul quale viaggiammo per raggiungere Civitavecchia attraversò il fiume Po, percorrendo binari sospesi nel vuoto poiché era stato fatto saltare il ponte sul quale poggiavano. Più tardi avremmo dovuto fare sosta a Bologna perché lì erano pronte le crocerossine che volevano offrire un po’ di latte caldo ai bambini e agli anziani. Sennonché i sindacati comunisti della città minacciarono uno sciopero generale se il treno si fosse fermato. Di fatto, a un certo momento ci siamo accorti che il treno aveva rallentato e poi, improvvisamente e sotto lo sguardo allibito delle persone che erano lungo il marciapiede, si rimise in marcia”.

Arrivò finalmente a Sassari, dove il padre si era precedentemente sistemato avendovi trovato lavoro. Rimase in Sardegna per 5 anni, dopodiché, lasciando i genitori sull’isola, si trasferì a Roma. Durante un soggiorno nella capitale, in visita alla nonna materna, che era stata assegnata al nascente Villaggio Giuliano-Dalmata, conobbe, grazie alla cugina ivi residente, il futuro marito Sergio Schürzel, esule da Rovigno. Egli era già una figura di riferimento tra gli esuli istriani, fiumani e dalmati dell’ex villaggio operaio; la loro prima uscita insieme in motocicletta sarebbe rimbalzata agli onori della cronaca locale a causa di un incidente che li vide coinvolti. Trasferitasi nella capitale, avrebbe lavorato intensamente nello staff di Aldo Clemente e di Lucio Colella all’Opera assistenza profughi giuliani e dalmati, attivandosi parallelamente anche all’interno del Comitato provinciale di Roma dell’ANVGD e nell’ambito delle attività della parrocchia di San Marco Evangelista in Agro Laurentino, avendo sempre nel cuore una grande nostalgia di Pola.

Oltre all’opera di volontariato e dirigenziale all’interno dell’Associazione, Romilda Grünberger avrebbe poi svolto anche una preziosa opera di testimonianza in varie cerimonie dedicate al Giorno del ricordo e preso parte, assieme al marito e alla figlia, alle prime edizioni del Viaggio del ricordo, organizzato dall’amministrazione comunale di Roma Capitale nelle terre al di qua e al di là del confine orientale italiano, a Trieste e in Istria.

Le esequie di Romilda Grünberger si sono svolte al Quartiere Giuliano-Dalmata nel rispetto delle restrizioni dovute alla pandemia, ma comunque con una grande partecipazione. Ha raggiunto il compianto marito Sergio al cimitero di Vallepietra, tra i monti Simbruini, dove avevano trasformato una casetta di montagna nel loro luogo di serena villeggiatura e si erano perfettamente inseriti nella comunità locale. Dalle limitrofe montagne, nelle giornate particolarmente serene, si vede quel mare Adriatico che lambisce anche le coste della loro amatissima Istria.

A esprimere il proprio cordoglio ai familiari sono stati il presidente nazionale dell’ANVGD Renzo Codarin, il Consiglio e l’esecutivo nazionale, i Comitati e le delegazioni dell’Associazione.

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