Tutta colpa dell’EDIT

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Tutta colpa dell’EDIT

Ma lo si vuole capire una volta per tutte, dentro e fuori il nostro piccolo mondo minoritario, che l’Unione Italiana è il fondatore e il proprietario dell’EDIT, con tutti gli impegni e gli obblighi che ne derivano? Non lo è da ieri, ma da ben 17 anni, visto che era l’11 ottobre del 2001 quando, ai sensi dell’articolo 5 dell’Accordo stipulato tra il governo croato e l’Unione Italiana, a Rovigno l’Assemblea di quest’ultima deliberava l’assunzione dei diritti di fondazione dell’Ente giornalistico editoriale.
A differenza delle nostre scuole − che “nostre” non sono, in quanto, a differenza dell’EDIT e del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, non sono istituzioni fondate dall’UI, ma dalle amministrazioni regionali e municipali che ne finanziano sedi e strutture, mentre ad assicurare le paghe a insegnanti e personale scolastico sono, sia in Croazia che in Slovenia, i rispettivi Ministeri dell’Istruzione − nei confronti della Casa editrice e delle sue pubblicazioni l’Unione Italiana ha degli obblighi chiari e precisi. Motivo per cui non possiamo che essere d’accordo con il presidente della Giunta, Marin Corva, che all’ultima riunione dell’Attivo consultivo del Settore “Istituzioni prescolari, scolastiche e universitarie” dell’Unione Italiana, svoltasi a Buie, ha puntualizzato che è “sbagliato credere che a causa dei progetti dell’EDIT le scuole perdano finanziamenti”. Certo. È sbagliatissimo! Di quali perdite andiamo vaneggiando? Da fondatore della nostra Casa editrice l’UI ha verso l’EDIT e verso il CRS precisi obblighi finanziari. Poi, se i fondi lo consentono, può arrivare anche tutto il resto: scuole, Comunità degli Italiani, seminari d’aggiornamento, borse libro, materiale didattico, Festival, concerti, grandi eventi, gite d’istruzione, coppe e medaglie, tablet o telefonini… Questo farebbero bene a impararlo a memoria presidi, direttori, insegnanti e personale didattico delle nostre scuole, i cui datori di lavoro hanno sede a Zagabria e a Lubiana. Pertanto, in quanto a tempistiche nella pubblicazione dei libri di testo, puntino il dito, lor signori, sul proprio datore di lavoro, che deve finanziare tali manuali. Eh, ma qui si rischia la paga. Molto più facile, quindi, chiamare in causa l’EDIT, che della catena è soltanto un anello operativo.
Detto ciò, certo che possiamo discutere insieme di questo e quant’altro. Dall’auspicata collaborazione più intensa tra le scuole e le nostre testate, ai livelli e alla qualità della lingua che insegniamo ai giovani nelle nostre scuole e ai quali pretendiamo (giustamente) di offrire poi un’opportunità di carriera nelle nostre istituzioni, magari proprio all’EDIT, per continuare a trasmettere ai nostri figli i modelli ereditati dalla nostra cultura. Quella cultura, quella lingua, quell’identità nazionale per le quali l’EDIT, con le sue pubblicazioni, Voce del popolo in testa, ha sempre combattuto e continuerà a lottare in prima linea finché esisterà.

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