La diplomazia dei sindaci delle capitali

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La diplomazia dei sindaci delle capitali

Era considerato uno dei politici più potenti della Croazia. Era pertanto pressoché inevitabile che finisse sotto i riflettori dell’opinione pubblica e che sulla sua figura – e opera – ci fossero giudizi anche contrastanti. Parliamo ovviamente di Milan Bandić, sindaco della capitala croata praticamente senza soluzione di continuità, dal 2000 ad oggi, per sei mandati consecutivi. Inizialmente aveva assunto le redini di Zagabria quale esponente del Partito socialdemocratico. Poi aveva fondato un partito tutto suo ed era riuscito comunque a fare breccia nel cuore degli elettori. Sfuggendo al controllo dei grandi schieramenti, nel ruolo “di battitore libero”, non poteva non andare a cozzare contro rivali politici agguerriti. Tanto più che il suo non era un potere da poco per la realtà croata: a Zagabria infatti sono concentrati quasi un quarto del corpo elettorale nazionale e una parte importante del potenziale economico. Più volte aveva tentato la scalata ai vertici nazionali con la speranza neanche tanto inconfessata di diventare una sorta di sindaco della Croazia. Ma né alle elezioni presidenziali né a quelle politiche aveva avuto la stessa fortuna registrata a livello amministrativo. Non erano mancate le disavventure giudiziarie, peraltro, di regola arenatesi: nel 2014 era stato persino, ma questo non gli aveva impedito di farsi rieleggere subito dopo sindaco. Era considerato un lavoratore indefesso, il suo motto era praticamente diamoci da fare, rimbocchiamoci le maniche. Tanti lo amavano, per tanti altri era l’avversario da battere, quasi una sorta di simbolo dei problemi che inevitabilmente caratterizzano una grande città come Zagabria. Milan Bandić era deciso a correre per un nuovo mandato anche alle prossime amministrative, in programma a maggio. La sua scomparsa crea anche in questo caso un grande vuoto, in quanto molti personaggi politici emergenti avevano un unico comune denominatore: mettere fine allo strapotere di Milan Bandić nella capitale. Per i grandi partiti questa è un’opportunità per tornare a svolgere un ruolo politico di primo piano anche a livello locale zagabrese. Certo è che nessuno potrà più accontentarsi di fare campagna elettorale contro qualcuno: sarà necessario cambiare rotta in fretta e scoprire le carte.
Molti mettevano in primo piano le sue origini erzegovesi, il fatto di essere uno zagabrese venuto da fuori. Certo, un ruolo anche questo nella sua vita e nella sua carriera deve averlo giocato. In fin dei conti è possibile considerarlo un uomo di frontiera, in quanto l’Erzegovina è comunque terra di confine tra nazioni, fedi e civiltà diverse. E come in ogni frontiera culturale e non solo, non mancano gli incontri e le frizioni. Forse proprio questo ha fatto sì che emergesse un altro aspetto interessante del suo impegno politico, quello che potremmo definire diplomatico. Non per niente a ricordarlo sono stati anche esponenti di quella che con un eufemismo viene definita la regione. In particolare il primo cittadino zagabrese si muoveva con agilità sul “suo campo” in Bosnia ed Erzegovina, intessendo rapporti in particolare con i sindaci locali. Ma c’è un aspetto ulteriore da tenere in considerazione. Non si può non ricordare il rapporto privilegiato, l’attenzione che Milan Bandić aveva avuto per l’Italia. Molto frequenti erano stati i suoi incontri con i sindaci di Roma. Storico per molti versi era stato il suo colloquio con l’allora sindaco dell’Urbe Gianni Alemanno nella sede della Comunità degli Italiani di Fiume. Era quello un periodo che faceva seguito a tensioni bilaterali dovute ai ben noti nodi storici. Ebbene la diplomazia intessuta dai sindaci delle due capitali aveva contribuito di certo a smussare gli angoli. Milan Bandić aveva affrontato di petto una sfida impegnativa, soppesando accuratamente le parole e dimostrando di saper essere un abile costruttore di ponti. Più tardi quando la Croazia aveva deciso di non partecipare all’EXPO di Milano, era stata la Città di Zagabria guidata da Milan Bandić a presentarsi in prima linea, a farne le veci. E a quell’epoca risale anche l’inaugurazione del grande monumento a Ruggiero Boscovich in centro a Milano: presente sempre lui, Milan Bandić. Forse un monumento alla diplomazia delle grandi città.

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