Valeria Cagnina. Sin da bambina genio della robotica

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Valeria Cagnina. Sin da bambina genio della robotica

TRIESTE | A 11 anni realizza il suo primo robot in grado di muoversi evitando gli ostacoli. Scrive la tesina di Terza Media utilizzando Facebook e intervistando Luca Parmitano mentre era nello Spazio, a dimostrazione di come la rete possa essere utilizzata anche dai bambini in maniera intelligente. A 14 anni è speaker al TEDxMilanoWomen, al CNR di Pisa, al Senato della Repubblica e all’opening conference della Maker Faire Rome 2015 nell’Aula Magna della Sapienza con il suo discorso “Il Mondo che vorrei”. A 15 anni trascorre l’estate al MIT di Boston, al Dipartimento di robotica, all’interno della classe Duckietown in veste di senior tester. Il suo compito è quello di costruire un robot autonomo in grado di muoversi da solo all’interno di una città simulata, sul modello della Google Car, seguendo i tutorial universitari, migliorandoli e semplificandoli per renderli fruibili anche dai ragazzi delle superiori ed estendere il progetto. A 16 anni fonda la sua scuola e comincia a insegnare robotica e tech ai bambini a partire dai 3 anni. I suoi corsi si estendono rapidamente ai ragazzi, adolescenti, fino ad arrivare ad adulti e insegnanti ai quali trasmette il suo metodo educativo maturato a Boston dove l’educazione come la si intende in Italia e in molti altri Paesi d’Europa è già considerata obsoleta. Insegna ai professori come applicare in classe questa didattica e replicarla. Organizza spesso team building aziendali in piccole, medie e grandi realtà come Cisco e IBM. Partecipa a eventi e fiere internazionali in Italia, in Europa e negli USA. Dall’ETH di Zurigo, il Politecnico, a quello di Losanna, l’EPFL, alla citazione tra le 100 donne in Italia più influenti nel digitale, al premio come Tecnovisionaria all’Università di Pisa. Oggi, a 17 anni, continua a espandere la sua scuola, lavora con percorsi strutturati ed eventi a spot nelle scuole pubbliche e private, organizza dimostrazioni in giro per il mondo, mostra i suoi robot, tiene laboratori e workshop e utilizza la robotica, che è la sua passione, per aiutare i dreamers a essere curiosi, a scoprire e a coltivare le loro passioni: “Fai ciò che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita!” – scrive sul suo blog (www.valeriacagnina.tech).
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Dopo la maturità che darà da privatista all’Istituto tecnico per programmatori informatici (media dell’otto-nove), farà ingegneria informatica al Politecnico di Milano. Ha già superato il test di ammissione.

Valeria, come hai iniziato? Raccontaci.

“Ho cominciato un po’ per gioco all’inizio delle medie. Mi interessavano chimica e informatica; chimica c’era qui in provincia in varie attività, per l’informatica non c’era niente del genere per bambini e ragazzini. Ho scoperto il Coder Dojo che è un’iniziativa a livello globale che organizza manifestazioni a livello locale. Siamo andati a Milano, mi ci hanno portato i miei. Dopo aver visto una pianta digitale, Arduino, che tramite dei sensori interagiva con l’ambiente circostante, ho deciso di comperare il kit di Arduino. All’età di 11 anni ho costruito il mio primo robot che sviava gli ostacoli. Lì mi si è aperto un mondo, non è molto comune costruire un robot a 11 anni, mi hanno invitato un po’ dappertutto. Ho scoperto che i migliori robot li costruivano a Boston e avevo quindi mandato un sacco di mail. Un dipartimento mi aveva invitato nel loro laboratorio per costruire questo robot.
Ho scoperto che l’educazione può essere divertente, si può imparare giocando e si impara molto meglio. Appena tornata in Italia volevo insegnare con tale metodologia. Così, a 16 anni, ho fondato questa scuola. Adesso ho un socio, Francesco Baldassarre. Facciamo corsi a partire dai 3 anni, ma anche ad insegnanti, aziende, ad Allianz, a Michelin, IBM, abbiamo insegnato anche ai manager”.

Mi ha colpita una cosa che ho letto di te, ovvero che in Italia siamo indietro anni luce rispetto agli Stati Uniti d’America; dimmi, la scuola è ferma, non stimola le menti, a volte toglie proprio la voglia di studiare?

“Noi non vogliamo che nessuno si annoi, li facciamo divertire con i nostri laboratori, seguiamo le dieci regole. La prima è ‘niente è impossibile’, è vietato dire non ce la faccio, è solo un blocco mentale. Inoltre mescoliamo attività informatiche con altre attività, non vogliamo formare solo programmatori informatici, rimarchiamo l’importanza dell’inglese, i ragazzi vivranno un mondo sempre connesso. Come con i manager mescolati ad altri, facciamo collaborare persone diverse, perché i team misti portano a risultati migliori”.

I tuoi genitori sono orgogliosi di te?

“I miei, a differenza dei genitori dei miei coetanei, mi hanno sempre lasciata su Internet e sui social (Valeria ha scritto la tesina di terza media utilizzando Facebook per intervistare Luca Parmitano, nda). All’inizio mi hanno supportata in giro per l’Italia e per l’Europa, adesso io e Francesco (Francesco Baldassarre, suo socio nella scuola, ndr) riusciamo a finanziarci e ci spostiamo da soli. Comunque sì, sono orgogliosi”.

Una curiosità, hai viaggiato spesso da piccola con loro?

“Sì, abbiamo sempre viaggiato, mia mamma è travel blogger. Ho girato tanto, anche in Asia, America, Nepal, Boston, San Francisco, ho cercato sempre di prendere ispirazione da mondi diversi e da culture diverse”.

Una giornata con Valeria, dalla mattina alla sera?

“Non abbiamo praticamente mai una giornata uguale a un’altra: abbiamo giornate in cui siamo in ufficio a progettare, altre in cui siamo tutto il giorno in fiera, così ci divertiamo sempre perché ci gestiamo in modo diverso”.

I tuoi cibi preferiti?

“Pasta al pesto e pizza”.

Come fa colazione un genio della robotica?

“Cose normali, tè o biscotti. In giro sperimento le cucine tipiche dei vari posti”.

Ho sempre pensato che per chi studia tanto fosse importante mangiare sano…

“La testa è indipendente da quello che mangi”.

Un segreto per spezzare l’incantesimo dei giovani svogliati che ci sono in giro?

“Dipende sia dai giovani che dai professori. Molti sono svogliati, ma ce ne sono anche altri molto curiosi. I classici stereotipi sono il problema. Quando arrivi alle superiori tu puoi provare cose nuove. Essere curioso è importante per non fare solo quello che ti viene proposto”.

Ti piace leggere, intendo libri che non parlino di robotica?

“Mi piace leggere biografie di persone che ce l’hanno fatta. Poi andare in bici, lavorare con la carta, origami, quilling (tecnica per fare decorazioni con la carta, ndr.), mi piacciono attività nuove, soprattutto quelle avventurose”.

Un tuo messaggio ai giovani della Comunità Nazionale Italiana che ci stanno leggendo?

“Niente è impossibile, bisogna essere sempre curiosi, determinati, impegnarsi tanto in ogni attività. Tutto può essere costruito giorno dopo giorno… e ricordarsi sempre che successo viene prima di sudore solo sul vocabolario”.

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