Tre visioni diverse della Crisi di Fiume

I tre studiosi Tea Perinčić, Emiliano Loria e Márton Pelles, provenienti rispettivamente da Croazia, Italia e Ungheria, hanno raccontato in Rete la situazione socio-economica in seguito alla Prima Guerra Mondiale

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Tre visioni diverse della Crisi di Fiume

Si è concluso il progetto istruttivo internazionale intitolato “Fiume Crisis” (La crisi di Fiume) e articolato in una serie di lezioni online tenutesi sulla piattaforma Zoom. Si tratta di un’iniziativa finanziata dal programma Erasmus+, dell’Unione europea. Un gruppo di giovani studiosi ha deciso di applicare un approccio leggermente diverso alla storia di Fiume e di portare alla luce quegli aspetti che forse finora sono stati sottovalutati. Il progetto si fonda sui giochi di ruolo ed è organizzato da tre associazioni non governative di tre Paesi europei, ovvero “Parallel worlds” (Ungheria), “Terrible creations” (Croazia) e “Altera cultura”, in collaborazione con “Terre spezzate” (Italia). Dopo tre lezioni singole tenute rispettivamente dalla curatrice museale fiumana al Museo di Marineria e Storia del Litorale croato, Tea Perinčić, Emiliano Loria, curatore dell’archivio della Società di Studi Fiumani e collaboratore della Fondazione “Il Vittoriale degli italiani”, nonché Márton Pelles, storico ed economista all’Università di Pécs, all’ultima lezione hanno preso parte tutti e tre i relatori.

Tea Perinčić

Una serie di domande pratiche

L’incontro virtuale è stato concepito come una serie di domande alle quali gli studiosi hanno risposto in maniera sintetica. La prima ha riguardato l’umore della popolazione in seguito alla Prima guerra mondiale, e il primo a rispondere è stato Emiliano Loria, il quale ha spiegato che Gabriele D’Annunzio venne accolto con molto entusiasmo dai cittadini, ma che ben presto persero la fiducia nel suo programma rivoluzionario e utopistico, forse anche a causa della fame e dell’inflazione.
Tea Perinčić ha aggiunto che numerose fonti storiche testimoniano della stessa delusione della popolazione nella Reggenza del Carnaro. “Per quanto riguarda la nazionalità della popolazione – ha continuato la curatrice – sappiamo che la maggioranza era di nazionalità italiana, ma possiamo ben dire che tali italiani si sentivano fiumani piuttosto che appartenenti all’Italia. Alle elezioni del 1920 abbiamo potuto vedere che i cittadini consideravano Fiume un’entità autonoma, una città che non avrebbe dovuto far parte di alcuno Stato. Nel nostro Museo conserviamo ancora il diario di una ragazza, Zora Blažić, la quale ci racconta la quotidianità fiumana di quegli anni, ma anche in Italia vennero pubblicati diari degli Arditi o di donne che soggiornarono a Fiume. Abbiamo la testimonianza, ad esempio, di Gemma Harasim e il suo carteggio con la sorella e il fratello, nel quale viene raccontato il Natale di sangue”.
Loria ha aggiunto che la ricchezza memorialistica di Trieste non è paragonabile a quella di Fiume, visto che tanti legionari hanno scritto le proprie memorie. Esiste il Diario fiumano di Luigi De Michelis, ma anche tanti altri documenti, di cui alcuni di stampo fascista. Pure Giuseppe Lombardo Radice, marito di Gemma Harasim, racconta la propria esperienza.

Emiliano Loria

La difficile situazione economica

Gli studiosi non si sono soffermati solamente sulla situazione politica o sociale, ma hanno tentato di descrivere i problemi interni della città e le conseguenze avute dal Trattato di Rapallo.

“Uno dei problemi più gravi era quello dell’inflazione – ha illustrato Marton Pelles – e ci restano pure testimonianze scritte nei diari di alcuni funzionari ungheresi che erano rimasti a Fiume pure dopo la guerra. A Fiume veniva usata la moneta con la stampa ‘Città di Fiume’, ma visto che il denaro continuava a venire stampato per fare fronte alla crisi si ebbe una grave inflazione, messa sotto controllo da D’Annunzio”.
Perinčić ha aggiunto che solitamente venivano usate le corone ungheresi, ma se si volevano acquistare beni nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni bisognava possedere il dinaro, mentre per l’Italia erano necessarie le lire. Quindi un altro problema era pure quello della valuta. Ha sottolineato, però, che se il denaro rappresentava un ostacolo, la lingua non lo è mai stata perché i fiumani parlavano correntemente l’italiano, il croato, un po’ di ungherese e tedesco e persino l’inglese.

Le difficoltà economiche, ha aggiunto Emiliano Loria, sono state affrontate anche grazie agli aiuti internazionali, come ad esempio quelli della Croce rossa, però i cittadini si arrangiavano commerciando in nero e contrabbandando i beni.

Márton Pelles

Il cuore rivoluzionario d’Europa

“Il Trattato di Rapallo è stato un duro colpo per l’ego di D’Annunzio – ha affermato Loria -, anche perché ha rappresentato la fine della sua esperienza rivoluzionaria e la rinuncia all’annessione di Fiume all’Italia, che era nel suo programma politico. Fiume ha attirato tantissimo interesse in tutto il mondo in quei giorni, persino negli Stati Uniti e in Inghilterra. Tanti personaggi illustri avevano visitato la città per conoscere il poeta e letterato, per fotografarsi o per dire di esser stati nel cuore rivoluzionario d’Europa. Per quanto riguarda l’arte e la cultura, possiamo affermare che sia stata importata dall’esterno e che a primo acchito i cittadini siano rimasti scioccati dalla propaganda e dalle manifestazioni. In questo periodo si manifestano pure le prime celebrazioni fasciste, che vedono la glorificazione del mito e dell’impresa. Ne parlano due libri, ‘Alla festa della rivoluzione’ di Claudia Salaris e ‘D’Annunzio e il mito di Fiume’ di Federico Carlo Simonelli”.

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