Tiziana Dabović: «La scrittura è uno sfogo dell’anima»

Importante riconoscimento per la poesia dialettale della scrittrice connazionale, che afferma convinta: «Il fiumano ha un futuro, ma è necessario potenziarlo»

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Tiziana Dabović: «La scrittura è uno sfogo dell’anima»

“Drio el canton” è il titolo della poesia con la quale la connazionale Tiziana Dabović, caporedattrice del mensile per ragazzi “Arcobaleno”, ha conquistato la giuria del premio letterario “Raìse” (radici) vincendo nella sezione Veneti del mondo. Grazie a questo riconoscimento, Tiziana Dabović ha avuto pure l’onore di venire inserita nell’Albo dei premiati. La motivazione del premio recita “Rapida sequenza di pensieri risolti in una scelta personale di posizione e di ritmo, così da dare un ritmo risoluto e anche giudizio di un’inutilità dello sforzo di vivere. A contrappunto di questa considerazione di nulla, in fondo alla lirica si inciampa come per caso in una presenza, un valore trascurato ma fedele … ‘el me spetava drio el canton’”.
“Il premio Raìse è stato indetto da un esule di Polesine in provincia di Rovigo, che aveva deciso di fondare un concorso per onorare il dialetto veneto – esordisce Tiziana Dabović –. Quest’anno il premio è giunto alla 27ª edizione. Ricordo che anni fa, nel 2010, mi sembra, a questo concorso era stato premiato anche Mario Schiavato per la prosa. Al premio letterario hanno preso parte circa 180 scrittori sia locali che quelli disseminati in tutto il mondo, per cui mi sono ritrovata a sedere di fronte a un veneto dell’Australia che ha vinto il premio per la prosa, mentre vicino a me c’era il vincitore del premio per la prosa degli abitanti locali, il quale mi ha detto di essersi commosso quando ha sentito che anche una ‘mula fiumana’ è stata premiata. Il premio consiste in un rilievo di creta realizzato da Denis Raccanelli”, ci ha spiegato la nostra collega giornalista, che al concorso si è presentata con due brevi poesie, di cui una è stata premiata.
Com’è stata quest’esperienza?
“Un segmento molto bello della cerimonia di premiazione è stato quando un gruppo di attori professionisti ha letto tutte le opere premiate, con brevi stacchi musicali alla fisarmonica – prosegue –. È stato un momento molto toccante, in quanto non è la stessa cosa leggerli o sentire i versi letti a voce alta. Si tratta di un effetto completamente diverso. Tutti i premiati, me compresa, sono stati inseriti nell’Albo dei premiati. Così ho avuto l’onore di rappresentare effettivamente il dialetto fiumano”.
Cosa ci dici dei dialetti?
“Come sappiamo, il veneto ha svariate sfumature, per cui il fiumano è diverso rispetto al dialetto che si parla a Rovigno o a Pola. Per questo motivo, le poesie che vengono inviate devono avere anche una traduzione in italiano letterario, altrimenti molti non riuscirebbero a comprendere ciò che c’è scritto. Insomma, entrare in questo albo mi ha fatto molto piacere, anche perché ultimamente si parla molto del fiumano e si ipotizza la sua perdita imminente. Io non sono affatto d’accordo perché ci sono tanti bambini che lo parlano. Infatti, da caporedattrice di Arcobaleno, ho dato spazio su due pagine del giornalino ai piccolini che le ‘sparano’ in dialetto, per cui sono molto felice di poter dire che il fiumano ha un futuro. Ma è necessario potenziarlo. Qui entrano in scena soprattutto i nonni che parlano in dialetto con i loro nipoti”.
Questa non è la prima poesia che hai scritto…
“Mi occupo di scrittura da parecchio tempo e finora sono stata premiata diverse volte. L’anno scorso, ad esempio, sono stata insignita del primo premio per la poesia a ‘Istria Nobilissima’, mentre negli anni precedenti ho ricevuto diverse menzioni speciali, di cui due a ‘Poesia in piazza’ di Turriaco. Il tutto è, però, iniziato con la prosa. Ho vinto, infatti, il primo premio della Consulta femminile di Trieste con il racconto ‘Il silenzio dei rimasti’. Per quanto riguarda il mio amore per il dialetto, ho letto tantissimi libri dei nostri vecchi fiumani, tra cui Reneo Lenski, Giulio Scala, Rodolfo Decleva. Tutti loro hanno scritto molto di Fiume, dei loro ricordi e del dialetto. I fiumani che se ne sono andati hanno conservato pressoché ‘intatto’ il fiumano di una volta, perché nel loro ambiente non è stato modificato con il tempo. Infatti, noi che una parte del giorno parliamo anche in croato, spesso dimentichiamo delle parole in dialetto perché vengono usate poco, oppure rimpiazzate da altre. Un esempio è la parola ‘comandi’ con la quale i fiumani dicevano ‘prego?’; oggigiorno questa espressione si sente raramente”.
“Tutto questo – continua– per dire che il contatto con queste persone è prezioso, in quanto riescono a recuperare una parte del fiumano che altrimenti andrebbe persa. Un grande aiuto in questo senso sono i social, che favoriscono gli scambi e permettono di conservare questa nostra parlata. Ho letto tutti i loro libri con piacere e li studio attentamente anche in onore della nostra Fiume e per contrastare coloro che dicono che a Fiume non ci siano più fiumani. Questo non è vero. Sono piuttosto ottimista a riguardo e sono sicura che si manterrà anche nelle famiglie miste”.
Di quali temi ti occupi nelle tue opere?
“Le mie poesie sono piuttosto introspettive e parlano spesso del legame con la terra d’origine, degli affetti e via dicendo. La scrittura è uno sfogo per l’anima”.

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