Michael Bolton, un concerto di routine

Il cantautore statunitense dalla voce potente si è esibito ad Abbazia nell’ambito dell’«Estate sulla Scena estiva», proponendo i suoi successi e diverse cover

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Michael Bolton, un concerto di routine
Michael Bolton. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il primo dei grandi nomi della scena musicale internazionale che nell’ambito dell’edizione di quest’anno dell’“Estate sulla Scena estiva” faranno tappa ad Abbazia è stato il celebre cantautore statunitense Michael Bolton, il quale ha attirato sul grande palco a cielo aperto nel cuore della Perla del Quarnero un numeroso pubblico. Il musicista, che ha raggiunto la fama mondiale negli anni Ottanta e Novanta con una serie di ballate soft-rock, nelle quali spicca la sua voce, caratterizzata da un timbro particolare e da un’ampia estensione, ha proposto al pubblico abbaziano un programma incentrato sui suoi brani più celebri e su evergreen da lui reinterpretati.

Una voce potente
Anche se ormai settantenne, Bolton ha dimostrato di possedere ancora una voce potente, che resiste al passare del tempo, sostenuta da una band di musicisti di qualità. Ci è sembrata, però, una scelta decisamente strana, soprattutto per un cantautore che nel corso della sua lunga carriera ha sfornato ben 24 album in studio e 35 singoli, inaugurare il concerto con una serie di cover, iniziando con la celeberrima “Stand by me”, nota soprattutto nella versione di Ben E. King, per proseguire con “To love somebody” dei Bee Gees e l’evergreen “(Sittin’ on) the dock of the bay” di Otis Redding. Il pubblico non ha avuto niente da ridire su questa scelta, accogliendo con entusiasmo ogni brano proposto da Bolton, il quale annunciava ciascuna canzone in scaletta esortando i presenti ad “aiutarlo” nell’esecuzione dei vari brani unendosi a lui nel canto. Hanno fatto seguito i successi, tutti sul tema dell’amore, “Said I loved you, but I lied”, “You don’t know me” e “That’s life”, dopodiché a Bolton si è unita in un duetto la back vocalist Chrissi Poland per il brano “To make you feel my love” che, come spiegato da Bolton, è stato composto da Bob Dylan. Il cantautore si è quindi cimentato con uno dei suoi maggiori successi, “How am I supposed to live without you?”, alla quale ha fatto seguito un’altra cover, “Ain’t no mountain high enough” di Marvin Gaye e Tammi Terrell.

Due bis per concludere
Bolton si è quindi ritirato dalla scena, lasciando il palco alla sua band e al sassofonista Jason Peterson DeLair, il quale ha eseguito un suo brano, e a Chrissi Poland, che ha cantato un medley di alcune canzoni di Bolton. Sembra che abbia avuto bisogno di una pausa per recuperare le forze, dopodiché ha eseguito ancora alcuni brani, tra cui i successi “When a man loves a woman” (originariamente cantato da Percy Sledge) e “How can we be lovers”. Il pubblico soddisfatto è riuscito a strappare da Bolton ancora due bis.
Nonostante la platea abbia accolto con entusiasmo l’esibizione di Michael Bolton, abbiamo avuto l’impressione che il concerto sia stato concepito e realizzato come un evento di routine, in cui non c’è particolare spazio per l’improvvisazione e per un approccio artistico alla musica. La musica di Bolton è mainstream e tratta esclusivamente il tema dell’amore, per cui spesso può risultare anche melensa. Al suo concerto non ci aspettavamo di sentire nulla di rivoluzionario, ma ci ha comunque sorpresi la mancanza di quel qualcosa che rende un concerto un evento unico, un’energia particolare che si crea quando un musicista sta dando tutto sé stesso nell’interpretazione creando un’esecuzione irripetibile. Ad Abbazia, questa scintilla non c’è stata.

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