Aperta la mostra d’arte permanente, l’Irci è un po’ più vicino alla Luna (foto)

Un centinaio di opere che vanno dal Quattrocento allo secolo scorso, che tratteggiano una panoramica della pittura e scultura di queste terre: è stata chiamata «Spunti. Per una pinacoteca istriana, fiumana, dalmata» e occupa un piano intero della palazzina di via Torino 8

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Aperta la mostra d’arte permanente, l’Irci è un po’ più vicino alla Luna (foto)

Con la sua mostra d’arte permanente, da questa sera, venerdì 14 giugno, una realtà concreta, l’Irci di Trieste è un po’ più vicino alla Luna. Nessun sbarco mirabolante su pianeti lontani, ma un’impresa straordinaria che fa maggiormente conoscere e comprendere quelli più vicini a noi. Ieri sera si è compiuto un altro, storico passo nella sua opera di recupero, conservazione, studio e valorizzazione del patrimonio e delle tradizioni di queste terre. Il secondo di una certa portata, sotto il segno della presidenza di Franco Degrassi, e ciò a distanza di nemmeno tre anni dal “trasferimento” delle masserizie e di parte delle sue collezioni al Magazzino 26 (28 settembre 2021). Nel 2015, in una calda giornata di fine giugno, era stato invece aperto il Civico museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata.

Due momenti che, per molti aspetti, hanno ridisegnato i contenuti della palazzina dell’Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata di Trieste in via Torino – acquisita e ristrutturata sotto la guida Irci di Silvio Delbello, ha aperto al pubblico nel febbraio 2009, presente l’allora sottosegretario all’Ambiente e oggi senatore Roberto Menia e, tra gli altri, Roberto Dipiazza, che era sindaco anche allora, nonché il vescovo di Trieste, monsignor Eugenio Ravignani –, ritagliandole un ruolo spiccatamente culturale, di ricerca, di recupero e studio delle fonti, tra archivio (o forse sarebbe meglio usare il plurale, considerata la sua varietà), biblioteca e, in prospettiva, gabinetto di stampe, carte geografiche, fotografie e altre espressioni “dello sviluppo geniale” delle nostre genti nel campo della pittura, soprattutto, ma non solo. Perché l’arte – risultato di un insieme di tanti fattori, ricordi, idee e intuizioni, esperienze individuali e sentimenti collettivi, credenze mitologiche o religiose, aspettative e altro – è un tutt’uno con la storia. Un dipinto, un disegno, una scultura, una fotografia… trasmettono da uomo a uomo, da paese a paese, da società a società, quell’insieme di valori, di invenzioni e di idee che sono, appunto, le civiltà.

In questo caso, della civiltà della Venezia Giulia (per dirla con un termine coniato nel 1863 da Graziadio Isaia Ascoli) e Dalmazia. Classe 1940, esule isolano, Degrassi ci ha sempre creduto e rincorso questa sua idea, questo sogno in buona parte realizzato. Ha lavorato in silenzio, con garbo, con la modestia e la tenacia che contraddistingue le genti istriane, cui è dedicata questo nuovo progetto condotto in porto dall’Irci. Certo, è stato affiancato da una squadra che segue e sostiene le innumerevoli iniziative dell’Istituto, dalla vicepresidente Grazia Tatò ai consiglieri, tesoriere e altri organi direttivi, ai preziosi volontari e al vulcanico direttore Piero Delbello, con il quale si è instaurato una bella sintonia e affiatamento, che ha reso possibile la realizzazione di innumerevoli iniziative. Insieme con il presidente, Delbello ha svolto e continua a svolgere – e, come auspicato da tutti, svolgerà ancora per molti anni – un ruolo per molti aspetti decisivo. “Non è stato sempre facile”, ha ammesso Delbello. Da alcuni retroscena svelati da Degrassi, si è intuito quanto il processo sia stato faticoso, anche se entusiasmante, come ad esempio l’acquisto in Spagna di una tela del capodistriano Trevisani, che all’epoca era stata portata via da Napoleone e da questo regalata a un nobile spagnolo, mentre sono sfuggite di mano altre, di Carpaccio e di Giorgio Schiavono…

Dunque, in un’altra calda giornata di giugno, l’Irci ha posto un’altra pietra miliare nel suo percorso. “L’esodo ha portato dolore personale e collettivo di centinaia di migliaia di persone, ha portato con sé la dispersione e la perdita di una civiltà vhe ha dato un notevole apporto alla cultura italiana ed Europea”, ha esordito Degrassi. L’Irci si è assunto il compito di fare il massimo e del suo meglio per recuperarlo, di ricostruire attraverso reperti e pubblicazioni il substrato di Istria, Fiume e Dalmazia, ma molto è stato perso, diverse cose irrimediabilmente. La mostra permanente sfoggia quadri, sculture, bozzi, disegni, con due concetti chiave: il primo riguarda la provevienza degli autori, che sono giuliano-dalmati, nati e vissuti in queste aree; il secondo è che il soggetto delle opere sono proprio gli ambienti di Istria, Fiume, Dalmazia, Trieste o Gorizia, con artisti di altri Stati, tedeschi o austriaci, attratti dalle loro bellezze naturali, architettoniche, dai personaggi.

Uno “sforzo enorme, siete dei visionari”, ha detto l’assessore comunale Giorgio Rossi. Della stessa opinione il presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Renzo Codarin. “Qui c’è l’oro, il tesori delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate”, ha osservato Codarin. Il presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, Francesco Russo, ha definito l’Irci la “casa” in cui le nostre genti possono ritrovare la loro cultura, il valore della propria cultura, e al contempo arricchisce l’offerta culturale di una città riccha di diversità. Per la deputata Nicole Matteoni, origini istriano-dalmate, l’Irci sta svolgendo un’attività “eccezionale. Continuate così, abbiamo bisogno di scoprire ancora tanti tesori”, ha aggiunto e, citando l’esposizione in corso al pianoterra “Illustratori nella Venezia Giulia”, ha annunciato che porterà il catalogo a Palazzo Chigi, al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Presente anche il presidente dell’Università Popolare di Trieste, Edvino Jerian.

La mostra segue il fluire e l’evoluzione dell’arte “nostra” attraverso i secoli, gli stili e i gusti, una serie di piccoli e grandi capolavori, ciascuno di per sé rilevante, in qualche modo, vuoi per l’autore di assoluto richiamo, vuoi per la qualità della realizzazione – come l’elegante “Madonna col Bambino” (1470 ca.), l’ultima di Antonio Vivarini (capostipite di un’importante dinastia di pittori veneti del XV secolo, presenti, tra lo stesso Antonio, suo figlio Alvise e suo fratello minore Bartolomeo, in diverse città dell’Adriatico orientale quando questo mare era “lago veneziano”), oppure “Il giudizio di Paride” attribuito allo zaratino Andrea Meldolla “lo Schiavone”, danni Sessanta del XVI secolo, probabile frontale di un cassone, attribuito alla mano di Schiavone o, ancora, le tele del capodistriano Francesco Trevisani, “La Sacra Famiglia con san Giovannino”, sorella della “Madonna con bambino” custodita al Prado, e il “Baccanale” (ante 1705), gli imponenti cicli del piranese Cesare Dell’Acqua, una romantica e quasi sognante “Madonna del gabbiano” (1941) del polese Romeo Marsi –, vuoi per il trascorso stesso dell’autore e della sua opera, per il contesto, per un dettaglio che conferisce un’allure speciale, particolarmente interessante (si vedano, ad esempio i ritratti che raffigurano marittimi, prelati e notabili databili tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento e che ci fanno capire diverse cose, nella sostanza com’erano i nostri avi). L’opera più recente è di Dante Pisani, da egli stesso donato all’Irci.

Nell’insieme, un centinaio di opere, che occupano un intero piano del museo. Sono il frutto di donazioni ricevute negli anni da chi ha riconosciuto la validità della missione dell’Irci – donazioni che continuano a confluire, grazie alla sensibilità di chi destina i suoi beni all’istituto, ma anche della credibilità di chi in esso lavora –, oltre che di un’oculata politica di acquisizioni sul mercato, “valutando attentamente il valore e la qualità delle opere e, ovviamente, la disponibilità delle risorse istituzionali. Muovendoci in tal modo si è potuto costruire un primo importante nucleo di opere che sfociano oggi in una rassegna permanente, preludio di quella che, nella nostra visione, potrà diventare una futura grande pinacoteca”, spiega il direttore Degrassi. L’Irci certamente farà la sua parte; si spera che le istituzioni (il Ministero della Cultura – che riconosce l’Irci come pure l’Archivio-Museo storico di Fiume a Roma –, la Regione Friuli Venezia Giulia e il Comune di Trieste) facciano la loro. In attesa che spazi e risorse consentano di compiere altri passi avanti, il titolo del percorso: “Spunti” per una pinacoteca istriana, fiumana, dalmata”. La prima visita guidata è in programma mercoledì 19 giugno, alle ore 17, con il direttore Delbello nel ruolo di cicerone. L’ingresso è gratutio ed è un regalo di non poco conto a tutti gli appassionati d’arte e di storia, agli esperti e a tutti i curiosi.

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