Lidia Bastianich: «I valori della famiglia sono alla base di tutto»

Intervista alla famosa cuoca e scrittrice, noto personaggio televisivo, ospite d'eccezione alla serata culinaria gallesanese

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Lidia Bastianich: «I valori della famiglia sono alla base di tutto»
Lidia Bastianich. Foto: GIULIANO LIBANORE

Ospite tanto inaspettata, quanto gradita della serata gallesanese, Lidia Bastianich, nativa di Pola, residente a New York e uno dei simboli della cucina italiana nel mondo. Per lei una serata molto densa con innumerevoli foto a cui si è prestata volentieri e qualche autografo.

Che cosa significa per lei essere qui tra quella che possiamo definire anche la sua gente?
È molto importante essere qui tra la mia gente, nella terra dove sono nata. È molto bello partecipare a questa manifestazione, vedere e vivere quest’italianità espressa nel dialetto che parlavo a casa con mia mamma e che trasmetto anche ai figli. Non è che non parlo la lingua croata, però questo dialetto è per me qualcosa di particolare. E quando lo sento e quando vedo tanta passione che porta a fare eventi simili allora è davvero qualcosa di particolare.

Se l’aspettava un’accoglienza così calorosa?
Sinceramente no, in primo luogo perché non conoscevo questo tipo di eventi. Me l’ha proposto la mia amica Lidia Nikočević, anche se non ne conoscevo tutte le particolarità. A quel punto mi sono detta ‘Vado, sicuramente mi sentirò come a casa’. Ed è stato proprio così, con tanta gente mossa dallo stesso pensiero, dalla stessa emozione. Poi qui, in quest’ufficio della Comunità, vedo diverse foto che documentano tanti raduni e tanta voglia di stare insieme. Non posso che fare i complimenti a questa Comunità degli Italiani.

Quanto spesso viene in Istria?
Durante la pandemia e a causa delle restrizioni non sono venuta, ma ora riprenderò le mie puntate in Istria a cadenza regolare. Ritornerò in settembre, poi nuovamente in marzo per raccogliere gli asparagi. Cerco di venire qui 2, 3 volte all’anno.

Anche per ricaricare le batterie…
Assolutamente sì. Nel rione di Bussoler ho riadattato una nostra vecchia casa. Non l’ho stravolta in quanto volevo mantenere quanto più possibile l’assetto originale. E poi mi piace stare nel cortile dove passavo il tempo con mia nonna.

Qual’è il segreto di un successo così duraturo?
Credo che alla base ci sia la passione per quello che faccio. Mi istruisco continuamente, non lascio nulla al caso. Anche quando ritorno qui è una continua ricerca di prodotti da assaggiare. Quando propongo qualche piatto o qualche cibo non è che invento qualcosa, sono tutte cose che fanno parte della mia vita vissuta in Istria, in Italia… Questa geunuinità proviene da qui. In fin dei conti alla base di tutto ci sono i valori della mia famiglia, su questa strada che ho intrapreso non sono stata sola. Sono tante le persone che mi hanno aiutata ad arrivare dove sono.

A propositio di longevità, la pasta primavera è stata per 40 anni sulla carta del ristorante Felidia a New York.
Certamente. Gli americani hanno riscoperto la verdura. Vero, sono in molti che preferiscono ancora il fast food, l’hamburger, ma la pasta fatta con le verdure stagionali è stata sempre ben accetta.

Ha cucinato per diverse persone famose, anche per due Papi. Ci racconti, che tipo d’esperienza è stata?
Sicuramente un’esperienza spirituale. La prima volta che mi era stato chiesto di cucinare per Papa Ratzinger, non mi sembrava vero. I Papi, quando vanno all’estero soggiornano e mangiano nella Casa del Nunzio. A New York, la Casa del Nunzio si trova sulla 72.esima strada. Al pianterreno ci sono la cucina, la sala da pranzo e altro, mentre il pontefice soggiorna al piano. È stato come vivere con il Papa. Per Ratzinger ho cucinato dei crauti, lo strudel ed era molto contento. Anche sua madre era una cuoca. Papa Francesco, come noto, è argentino, ma di origini piemontesi e volevo preparargli un bel bisteccone. Dal Vaticano mi avevano segnalato però che non poteva mangiare carne per motivi di salute e allora gli avevo preparato un bel risotto, un branzino al forno e una torta di pesche. Tutto alimenti leggeri.

Com’è cambiata l’industria della ristorazione con la pandemia?
La pandemia in tutto il mondo è stata un brutto colpo per la nostra industria. A New York, i ristoranti erano tutti chiusi. Abbiamo dovuto lasciare andare persone che hanno lavorato 30 anni per noi e stavamo male soprattuto a livello personale. Ti senti in qualche modo responsabile per loro ed è stato proprio difficile. Poi si è tornati all’apertura. Ora a gestire i ristoranti sono i miei due figli, Joe e Tanya. Devo dire, alla fine, che non tutto il male viene per nuocere. Io ora mi concentro sulle trasmissioni televisive e sui libri, loro hanno deciso quali ristoranti riaprire. E si sono adeguati all’era moderna, con tempi di cottura più veloci.

Ora si parla sempre di più di cucina sostenibile. Lei invece la promuove da diverso tempo…
Da mia nonna non si gettava mai via nulla in cucina. Di questo parlo molto in televisione, e propongo anche come si può usare ad esempio il pane vecchio. Da come sta andando il mondo, con crisi e guerre bisogna saper usare tutto quello che la terra offre, ma con parsimonia. E bisogna assolutamente essere sicuri della provenienza degli alimenti e pensare anche come si nutrono gli animali, senza esagerare. Mi ricordo che da piccola raccoglievo i quadrifogli per dare da mangiare ai conigli. E poi venivano fuori degli ottimi sughi per la domenica. All’epoca era già in vigore la cucina sostenibile.

Quando cucina per sé ha un piatto particolare che le piace preparare?
Sono questi i momenti quando ritorno alle origini, ma dipende anche da quello che ho in casa. Le frittate mi piacciono molto, quando ho le uova fresche, non riesco a starne senza. Ad esempio mi piace cucinare la frittata con gli avanzi del prosciutto, non con la parte buona. Se ho più tempo allora mi diletto con la pasta, i fusi, le passutizze e i maccaroni, che ho gustato questa sera a Gallesano. Ma va bene anche una pasta secca con aglio e olio.

Per finire, quale consiglio si sente di dare a un cuoco alle prime armi?
La prima cosa importante è che si deve essere preparati e pronti a spendere molto tempo per educarsi. E poi andare a imparare dai maestri, viaggiare e provare tante cucine diverse. In questo modo si capisce quello che si apprezza e che si adora. E ci vuole tanta, tanta passione. La cucina evolve, il palato evolve… Bisogna essere professionisti e preparati.

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