Pola riscopre Hans Birch Dahlerup

In una delle gallerie di Zerostrasse è stata allestita una mostra di ritratti, cartoline d’epoca e memorie dell’architetto e ammiraglio il quale, fatto quasi completamente ignorato della storia urbana della città, contribuì a segnarne le sorti come pochi altri

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Pola riscopre Hans Birch Dahlerup
L’ambasciatore Ole Frijs-Madsen, il sindaco Filip Zoričić, la curatrice Hana Žerić Šaponja e il direttore del Museo Gracijano Kešac. Foto: DARIA DEGHENGHI

Nel quadro del convegno diplomatico-culturale “Tracce di Danimarca a Pola”, promosso da una serie di enti e istituzioni col patrocinio dell’Ambasciata regia di Danimarca a Zagabria, in una delle tre gallerie che corrono sotto il Castello veneziano (Zerostrasse) è stata allestita una mostra di ritratti, cartoline d’epoca e memorie dell’architetto e ammiraglio Hans Birch Dahlerup il quale – fatto quasi completamente ignorato della storia urbana di Pola – contribuì a segnarne le sorti come pochi. Si deve appunto all’ufficiale danese la scelta di promuovere Pola a primo porto militare dell’Imperiale e Regia Marina da Guerra austriaca, mentre in sua assenza il prestigioso titolo sarebbe quasi sicuramente finito in mano a Trieste. Pola è dunque erede di Dahlerup non meno che del suo imperatore Francesco Giuseppe I, e gli è debitrice almeno tanto quanto è debitrice agli Asburgo. Disgraziatamente, però, il personaggio e la sua storia sono rimasti condannati a un oblio immeritato. Ora il Museo storico e navale di Pola con la sua collaboratrice Hana Žerić Šaponja e il supporto della sede diplomatica danese sono corsi ai ripari e hanno finalmente deciso di presentare l’uomo, l’architetto, l’urbanista e l’ufficiale di Marina che ha permesso che Pola da un piccolo villaggio di mare, abitato da meno di mille anime, diventasse la città moderna di 40 e 50mila abitanti che conosciamo. Alla presenza dell’Ambasciatore Ole Frijs-Madsen e del sindaco Filip Zoričić, la curatrice Žerić Šaponja e il direttore del Museo storico di Pola Gracijano Kešac hanno dipinto un quadro essenziale del rapido sviluppo urbanistico, militare, economico e culturale di Pola nella seconda metà del Novecento.

La trasformazione della flotta
Come s’inserisce in questa cornice la figura del danese? Stando a quanto compare nelle didascalie dei pannelli espositivi, dopo le guerre napoleoniche del primo Novecento, la Monarchia asburgica occupò i territori della Repubblica di San Marco, ma già nel 1848 dovette affrontare una tenace ribellione della popolazione italiana che mise a dura prova il Quartier generale degli Asburgo a Venezia. L’anno successivo l’imperatore promosse Dahlerup ai gradi di viceammiraglio e vicemaresciallo con mansioni di comandante della Marina da guerra. A questo punto ebbe inizio la trasformazione della flotta che ha ereditato molti difetti dell’epoca anteriore (veneziana): il danese fece proclamare il tedesco lingua ufficiale dell’esercito, istituì un’accademia per ufficiali e un corpo di fanteria, introdusse regolamenti moderni e contribuì a migliorare l’efficienza dell’amministrazione militare ma anche a fondare nuove basi militari. Insomma, Venezia era spacciata perché “troppo italiana, troppo ribelle, troppo ostile nei confronti degli austriaci”. Non doveva più essere la capitale portuale dell’Impero: le sarebbe succeduta Trieste oppure la piccola Pola, all’epoca economicamente, politicamente e militarmente più che insignificante, con una posizione poco più che ancillare rispetto alle grandi città marinare adriatiche.
Insomma, nel 1850 il Ministero della Guerra decise di affidare la scelta della base portuale imperiale a una commissione speciale istituita all’uopo e presieduta appunto dal danese Hans Birch Dahlerup. Inutile dire che Trieste sarebbe stata la scelta logica e razionale, se non altro per la presenza di infrastrutture portuali preesistenti e per la prossimità alla corte di Vienna. Tuttavia il porto di Pola, profondo e protetto, naturalmente sicuro e con un numero invidiabile di fonti d’acqua potabile nelle vicinanze, deve aver catturato l’attenzione del danese al punto da fargli perdere la testa e accantonare ogni vantaggio comparativo di Trieste con tutti i suoi primati. Così scrisse della nostra città il viceammiraglio nelle sue memorie: “Ho già avuto il piacere di visitare Pola; il modo in cui andavano le cose mi dava una grande speranza per quello che un giorno questo luogo sarebbe potuto diventare. In un tempo incredibilmente breve sono state costruite e attrezzate caserme militari per, se la mia memoria non m’inganna, 800 uomini, che potrebbero essere messe in funzione in pochi giorni. La posizione era eccellente: a 10-15 minuti a piedi dal magazzino e dall’arsenale provvisorio, ben situato nella zona sudovest della città, nella pianura dove un tempo sorgeva un monastero, i cui giardini, così come le rovine della sua cappella erano ancora visibili. Le opere militari erano edifici a un livello, a prezzi incredibilmente economici”.

Le basi dell’industria navalmeccanica
Nel riformare la Marina da Guerra degli Asburgo, l’ammiraglio danese ebbe la fiducia della Corte ma a dispetto di quella (o forse proprio per quella) montò contro di lui un’aspra rivolta dei nemici giurati che si lanciarono in numerosi intrighi, insidie e sotterfugi al punto che due anni dopo riuscirono ad estorcerne le dimissioni. Al ritorno in patria, a Copenaghen, la Regia marina danese non ne riconobbe i meriti, i titoli e le esperienze maturate al servizio degli Asburgo, per cui nel 1861 l’ammiraglio decise di tornare a servire la Corte di Vienna, questa volta a Trieste e in qualità di comandante del dipartimento navale. “La storia di Dahlerup – ha precisato l’ambasciatore Frijs-Madsen – è interessante non solo per la persona in quanto tale ma anche per un altro motivo di valore storico maggiormente notabile: quelli della Marina asburgica a Pola e di Dahlerup in particolare, erano gli anni in cui la storia della tecnologia della costruzione navale mondiale migrava dal legno al ferro, per cui il nostro si trovò costretto a impiegare sempre più ingegneri di professione e sempre meno carpentieri, gettando così involontariamente anche le basi per l’industria navalmeccanica polese”. Che oggi non c’è più, viene da aggiungere. A ogni modo, sindaco e Ambasciatore sono rimasti d’accordo sulla necessità di approfondire la collaborazione tra le istituzioni museali locali e nazionali danesi e croate nella creazione di nuove proposte culturali di comune interesse, per cui si auspica anche un coinvolgimento della Regia biblioteca e dei Regi musei nazionali di Danimarca.

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