I clivi dei graffiti

Le strade che sovrastano l’area dei Giardini in un percorso di un centinaio di metri sono piene di brutture. Salendo verso il Cinema Valli l’immagine della trascuratezza non si esprime soltanto con le sbucciature della pavimentazione, ma anche con l’uso delle bombolette spray

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I clivi dei graffiti
Clivo al Castello? No, Clivo dei graffiti. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Il marchio della stupidità umana sta segnando il centro storico di Pola. Due piccoli clivi – San Stefano e quello al Castello – sovrastano l’area dei Giardini e in un breve percorso da un centinaio di metri concentrano centinaia e centinaia di brutture e graffiti. La passeggiata attraverso l’arte dello scarabocchio può partire all’altezza dello storico palazzo del Fondo pensionistico croato, una bellezza andata a fuoco nell’era antecedente l’epidemia da Covid e che lo Stato (incapace di vendere o di recuperare), sta lasciando cadere lentamente a pezzi. Ecco il portale artisticamente decorato dalle impronte insolenti degli imbrattatori notturni, che si credono writer o graffitari filosofi con messaggi di vita da esprimere a tutti i costi e tramandare a noi, resto di umanità ignara e tapina. Salendo su, verso il Cinema Valli l’immagine della trascuratezza non si esprime soltanto attraverso le sbucciature della pavimentazione e delle facciate dei caseggiati e le immondizie sparse fatte volare dal vento, ma proprio con le bombolette spray imitanti una fattispecie di cultura hip hop, che nulla ha da spartire con la urban art all’americana o il murales. Semplicemente di vandalismo e di cretineria si tratta. Fenomeno giovanile, direbbero alcuni. Rabbia e frustrazione, atto di sfida e di rivalsa, ribellione contro la pedagogia genitoriale e l’autorità sociale direbbero gli psicologi analisti. Assoluta mancanza di senso di responsabilità, di senso civico e di rispetto verso i beni comuni, direbbero i cittadini di Pola, sentimentalmente legati al proprio ambiente urbano.

La verniciatura della storia
Brontolare contro il fenomeno del graffitismo non fa ormai manco scalpore, come non disturba uscire di notte dalla Sala cinematografica nel clivo che conduce al Castello quando, con la complicità del buio, gli orrori delle imbrattature manco si vedono. Tutto è sopportabile, anche se non perdonabile. Ma quello che non va accettato in alcuno caso è la verniciatura della storia. Sì, è a questo che siamo arrivati. Chi è la vittima? L’antica cinta muraria di Pola. Si è beccata una proliferazione di graffiti nella sua parte più alta e visibile, di secolare, ma più recente ricostruzione. È sacrilegio puro. Uno stupro del patrimonio architettonico, un oltraggio irriverente nei confronti di un bene cittadino che con il resto nel nucleo storico creano un’immagine d’insieme della Pola romana-medievale. Si diceva, inutile lagnarsi. È la Legge sulla tutela del patrimonio storico a dover trovare applicazione e a non lasciarsi soltanto scrivere, inutilmente, come le strutture murarie di Pola. L’articolo 23, comma 2 e 3 della normativa applicata alla tutela dei beni culturali prevede l’improponibile: a chi li “sporca o danneggia con graffiti”, una pena che va da 6 mesi a 5 anni di reclusione. Sarebbe un trattamento draconiano e incredibilmente intransigente nei confronti di una gioventù priva di cervello, che in realtà mai viene applicato. Tanto di legge, tuttavia, non è una stranezza peculiare del codice croato. Occhio all’Italia, terra di storia e monumenti per eccellenza. L’articolo 518-duodecies del codice penale, introdotto dal Parlamento a marzo 2022 durante il governo Draghi, stabilisce che “chi distrugge o imbratta beni culturali o paesaggistici” rischia la reclusione fino a cinque anni e una multa fino a 15mila euro. Essendo a corto di conoscenze più precise in materia di giurisprudenza si potrebbe supporre che i veri e propri castighi vengano applicati esclusivamente in casi di gravissima violenza al patrimonio storico.

Luci, colori e… scritte
Pola nel suo piccolo, intanto, può ammirare come i Giardini e i suoi ladogni sopravvissuti al taglio, si stanno infiocchettando di luci e colori natalizi, dall’alto di questi nostri sudici clivi che rendono gli strampalati murales incompatibili con gli aspetti storici, artistici e monumentali che li contraddistinguono. Nulla e nessuno ha il diritto di comporli sopra le pietre cittadine. Manco l’underground culturale e certe “alte” performance della street art.

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