«La nostra terra è la poesia più bella». Serata in omaggio di Zanini e Soffici

Nella Comunità degli Italiani «El Gato e le volpi» regalano grandi emozioni

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«La nostra terra è la poesia più bella». Serata in omaggio di Zanini e Soffici
“El Gato e le volpi” con Rosanna Bubola. Foto: NICOLE MIŠON

Serata di musica e poesia quella organizzata dalla Comunità degli Italiani di San Lorenzo – Babici, che ha visto protagonista il complesso musicale rovignese “El Gato e le volpi”. A dare il benvenuto agli interpreti e agli ospiti, ringraziando l’Unione Italiana per il suo contributo nel finanziare l’evento di grande spessore culturale, ma anche di promozione e divulgazione di elementi d’identità comuni agli italiani d’Istria, è stata la presidente del sodalizio, Roberta Grassi Bartolić,.

“Non è facile parlare dei poeti, degli scrittori; non è facile parlare di chi scriveva del mare e sussurrava dell’ingiustizia della terra, di chi aveva passato talmente tante cose da doverle tacere, di chi guardava da lontano la sua terra, ricordandola con nostalgia e con il ‘dolore’ del distacco che solo il mare riusciva a placare”: con queste parole Rosanna Bubola, presentatrice dell’evento, ha voluto coinvolgere il pubblico in un viaggio fatto di parole e note musicali scritte da due rovignesi che hanno raccontato intimamente la loro città e la loro esperienza. Pietro Soffici, direttore d’orchestra, compositore, pianista, sassofonista e paroliere, nonché esule in Italia e Ligio Zanini, il più grande poeta istrioto scomparso nel luglio 1993, sono stati i veri protagonisti della serata. A rende possibile tutto ciò ci hanno pensato Sergio Preden Gato assieme alle sue quattro volpi, o meglio ai suoi amici “filibustieri”, come li definisce scherzosamente lui stesso: Cristian Salvi, Francesco Salvi, Boris Lìcitar ed Eligio Bosazzi.

I versi diventano musica
Zanini diede a Soffici il compito di musicare le sue poesie. Tra i due nacque così una collaborazione che trasformò otto delle opere poetiche dello scrittore rovignese in canzoni, che attualmente vengono interpretate appunto da “El Gato e le volpi”. Il tributo si è snodato in un clima familiare, attraverso riflessioni, ricordi, ma anche risate e momenti di ilarità.
Sono state cinque le canzoni di Zanini proposte dal gruppo musicale, opere che parlano di una Rovigno cambiata, come ad esempio “El buleistro”, un misto tra cenere e carboni ardenti, che si sta lentamente spegnando nel focolare, proprio come le persone che man mano lasciano la propria città per trovare conforto altrove. È stata poi la volta di “Cume Cièpi”, maestro che voleva insegnare ai suoi allievi a pensare con la propria testa a cui, per un periodo, venne impedito d’insegnare, per poi essere trasferito a Salvore, dove fondò la Comunità degli Italiani. “Fien che la barca va” è una critica “dura ma gentile” della società che si sta trasformando, del sistema che pensa al posto degli individui, in cui si è impotenti ed è necessario adeguarsi.
Zanini, il poeta pescatore, trovava nel mare e nella natura quel conforto che cercava e nel “Cucal Fileipo” intravide un interlocutore pronto ad ascoltarlo, di cui amava la libertà. A questo gabbiano il rovignese dedicò un’intera raccolta poetica.
“Il poeta nei suoi versi non ha mai scritto dell’Isola Calva, usando il suo vero nome – spiega Bubola –. Non sappiamo se ‘El sico de la muorto sagonda’ parli di questa sua esperienza, ma descrive sicuramente la sua vita, forse anche la nostra, questo viaggio difficile con ‘tante tempeste in sto bulistro de afrontar, con un batel duto carulà’”.
Se Zanini racconta l’esperienza di chi è rimasto, Piero Soffici ha voluto invece raccontare l’esperienza dell’esodo e dell’abbandono. “Adio mar” fu incisa per la prima volta nel 1983 assieme a Vlado Benussi e a Sergio Preden Gato e parla dei rovignesi che se ne andarono con le loro batane fino a Ponente, sulla costa italiana. Soffici in questa poesia fa capire che non tutto il mare è uguale ed è solo quello di Rovigno che lo conforta come un amico.
Negli anni ‘60, in pieno boom economico, l’Istria iniziò a popolarsi di turisti che arrivavano per godersi il mare, le spiagge e i sole, ma la vera anima della città si palesa in inverno, quando le persone s’incontrano per chiacchierare del più e del meno. “Ruveîgno zi senpro Ruveîgno” parla proprio di questo.
“La Ciruleîna” è invece la Cenerentola rovignese, che trascorre le giornate a pulire il focolare, finché un giorno, con un “cambio look”, per dirla in un linguaggio attuale, conquista un giovanotto bonaccione che si mette a pulire la cenere al posto suo.
“Sira” è un quadro istriano di mare e terra, “de barche che diventa ombre, de pescadori che, calade le rede, i torna a caza, fin che le campane intona l’Ave Maria”. Una poesia musicata, che va rivivere, in chi l’ascolta, un mondo che ormai sembra lontano, fatto di grande fatica, ritmi lenti e un nido caloroso in cui rientrare la sera. L’ultima canzone proposta dal repertorio di Soffici, forse quella più famosa, è stata “Curiva zeî pal mondo”, canzone che parla di lui, della sua storia personale. Canzone anche “scomoda”, addirittura bandita tra gli esuli di Trieste, perché il compositore mise in dubbio la scelta di partire.
La serata è poi proseguita con altra musica dal vivo, dove il pubblico si è sbizzarrito e divertito sulle note di alcune delle più famose canzoni italiane, in un clima di allegria e festosità. Non è mancata la lotteria, con in palio come primo premio una cena nella vicina pizzeria. Un evento di successo, che ha riscaldato il cuore dei presenti, soprattutto grazie al suo messaggio: “Le piccole cose sono quelle importanti: le persone vicine e la nostra terra fatta di mare, olivi e profumo di pane sono la poesia più bella che potesse capitarci”.

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