«Grue». Tradizione da tutelare

L’iniziativa volta alla salvaguardia delle costruzioni in legno d’acacia è finanziata dal Fondo europeo per gli affari marittimi tramite il FLAG «Pinna Nobilis». Nella presente fase del progetto gli incontri didattici si concluderanno questa settimana, per riprendere nel febbraio 2022

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«Grue». Tradizione da tutelare

Nell’ambito del progetto “Grue – tutela e promozione delle tradizionali gru in legno per imbarcazioni”, il Museo civico di Umago, partner nel progetto, organizza tutta una serie di attività didattiche, quali conferenze, laboratori e visite guidate. Il progetto, lo ricorderemo, è finanziato dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca con un importo di circa 450mila kune tramite il Gruppo d’azione locale per la pesca (FLAG) “Pinna nobilis” nell’ambito della sottomisura 2.3.1. “Sostegno alle attività di promozione, commercializzazione e conservazione della tradizione e del patrimonio ittico e marittimo del territorio del FLAG”.

 

Finora i siti dove si trovano le gru, a Salvore e a Umago, sono stati visitati da circa 200 bambini e da una quarantina di educatori e insegnanti. Guidati dalla pedagoga museale Barbara Crnobori e dalle archeologhe del Museo di Umago, i bambini hanno avuto l’occasione di vedere le gru e parlare con gente che se ne intende, come Silvano Pelizzon di Salvore e Luciano Bose di Umago. Il primo ciclo di incontri didattici in sito si concluderanno questa settimana, per poi riprendere nel febbraio del 2022.

Ogni gru ha una storia particolare e unica: non sono certo fatte in serie, per cui non ne esistono due uguali. Il legno d’acacia utilizzato per queste costruzioni rudimentali, utilizzate per “salvare” le batane dalle mareggiate, deve essere tagliato in “buona luna” e poi deve essere trattato per essere più resistente al sole e alle mareggiate. Sostanzialmente la “grua” è munita di un paranco nella parte superiore, di un gancio per issare la barca a prua e a poppa e di un verricello a mano con una maniglia. Il cavo d’acciaio viene quindi lentamente avvolto attorno al tamburo del verricello e la batana piano piano viene alzata dall’acqua a un’altezza di circa 2,5-3 metri, quanto basta per fare passare le onde sotto alla chiglia. Una volta issata sulla “grua”, dal fondo della barca viene tolto il tappo, per far fuoriuscire l’acqua della pioggia o delle onde, nel caso arrivassero così in alto. Prima d’issare la batana sulla “grua”, la prima deve essere liberata dalle fiocine, che possono essere lunghe fino a 7-8 metri, che con una prolunga diventano anche 10, come pure della bombola di gas utilizzata per il “lume” della lampara.

I bambini prendono confidenza anche con la rete

Un’operazione che si ripete da cent’anni, che non sono pochi, se consideriamo le condizioni nelle quali si pescava una volta. Le “grue” sono nate principalmente perché lungo la costa non c’erano porti adeguati per riparare le batane in caso di maltempo, ma anche perché una volta spostarsi era molto più difficile di oggi. Da qui l’ingegno dei maestri d’ascia di costruire barche quanto più leggere e al contempo forti, ma anche l’arte della pesca con la lampara, che nel tempo è stata perfezionata. Il tutto fatto da abili artigiani, con mezzi di fortuna e a mano. Per questa ragione si tratta di una tradizione che va tramandata e valorizzata.

Lo scopo del progetto “Grue”, infatti, è quello d’identificare, preservare, valorizzare, promuovere e tramandare il patrimonio etnologico, marittimo e ittico di Umago, ovvero l’arte tradizionale di tutelare le barche con l’ausilio delle gru in legno d’acacia. Il progetto è destinato all’intera comunità con l’obiettivo di sensibilizzarla sull’importanza del patrimonio culturale e del suo uso sostenibile, rafforzando al contempo il ruolo dei pescatori locali nei processi di conservazione del proprio patrimonio.

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