Stress. La mente è a rischio

Interessante ciclo di conferenze nella Facoltà di studi sanitari nell’ambito del «Mentalfest»

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Stress. La mente è a rischio
I giovani rientrano nella categoria vulnerabile. Foto: RONI BRMALJ

Non c’è salute senza quella mentale. Ad affermarlo è stato Željko Jovanović, moderatore della tribuna scientifica svoltasi negli ambienti della Facoltà di studi sanitari, nell’ambito della manifestazione “Mentalfest”. Un’occasione, questa, per illustrare i dati riguardanti lo stato della salute mentale a livello mondiale e locale in seguito alla pandemia di Covid-19, ma anche per discutere sulle conseguenze che la stessa ha avuto nel corso degli ultimi due anni. Il problema che riguarda la salute mentale, va però ricercata anche nel lontano passato. In che modo? Lo ha spiegato la prof.ssa Tanja Frančišković, della Facoltà di studi sanitari, tornando agli Anni ‘80 del secolo scorso. “Oggi veniamo continuamente bombardati da notizie di qualsiasi tipo, spesso negative. Spesso riusciamo a sorvolarle e a dimenticarle, ma se continuiano ad ascoltarle per un lungo periodo, l’organismo inizia a presentare dei sintomi di stanchezza, che finiscono col logorare la salute mentale. Se osserviamo gli eventi più importanti dal 1980 ad oggi, vedremo che abbiamo cambiato Stato, si sono susseguiti leader, c’è stata la Guerra patriottica e di conseguenza sono venute a mancare delle cose che prima ci sembravano ovvie. Molti hanno cambiato dimora, in seguito alla guerra ci sono state delle disgregazioni nelle strutture esistenti, in quella amministrativa, familiare, abbiamo dovuto acquisire nuovi moduli di comportamento. Poi, per un certo periodo, abbiamo vissuto nella pace, per venire nuovamente travolti, stavolta dal Covid, dalle calamità naturali, dalla crisi economica. Se pensiamo a fondo, siamo sottoposti a stress estremi da ormai tantissimi anni, che stanno logorando i singoli, ma anche l’intera comunità. Abbiamo capito che le risorse naturali non sono infinite e che la tecnologia è diventata parte integrante della nostra vita. Per funzionare in maniera normale, entrambe le parti del nostro cervello devono essere coordinate. Se succede che una delle due, a causa dello stress, viene messa sotto pressione, il cervello va in tilt e con esso anche la nostra salute mentale”, ha spiegato la relatrice.

I relatori Aleksandra Stevanović, Tanja Frančišković e Željko Jovanović.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

PTSD, casi in aumento
La pandemia ha rappresentato sicuramente uno stress enorme per la popolazione a livello mondiale. Lo dimostrano i dati dello studio paneuropeo, ma anche di quello nazionale. “Ci sono stati dei fattori molto ben definiti che ci hanno colpiti all’inizio del 2020 – ha spiegato la prof.ssa Aleksandra Stevanović, della Facoltà di studi sanitari –. Le ricerche hanno dimostrato che ci sono stati vari livelli di stress che sono cambiati nell’arco delle quattro ondate di contagi da virus. Abbiamo iniziato con la quarantena, poi con il lockdown, il distanziamento sociale e abbiamo dovuto abituarci a questa nuova realtà. Poi, però, in tanti abbbiamo perso i nostri cari, il lavoro, il che ci ha portati ad avere timore di ulteriori contagi e della malattia stessa. Possiamo, pertanto, aspettarci un incremento di casi di disturbo da stress post-traumatico (PTSD) poiché non saremo in grado di confrontarci con tutti questi cambiamenti. Gli studi effettuati presentano, in realtà, delle carenze in quanto sono state prese in considerazione soltanto le persone che avevano accesso a Internet, poiché i test sono stati effettuati online durante la pandemia, ovvero tra giugno e novembre del 2020. Sono state incluse 1.796 persone laureate. Di queste, il 18,2 p.c. ha denunciato un disturbo dell’adattamento alla nuova situazione. Una delle cause è sicuramente un’esposizione a lungo termine a notizie legate al Covid. Fortunatamente, il rischio di PTSD è andato scemando con l’arrivo delle seguenti ondate, anche perché ormai conosciamo maggiormente il tema e sappiamo come comportarci”.

Gli studenti sono risultati i più colpiti dalla pandemia.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Gli studenti i più colpiti
Se gli adulti hanno dimostrato di avere meno problemi con l’andamento delle ondate, coloro che hanno subito maggiormente le conseguenze della pandemia sono stati gli studenti. “Ciò non sorprende in quanto rientrano nella categoria vulnerabile, che va dai 19 ai 28 anni d’età. Per loro lo stress è stato più incisivo anche perché, dopo avere trascorso un periodo lontani dalle loro città per motivi di studio, con il lockdown molti sono tornati a casa. C’è stato quindi lo stress del rientro in famiglia, del problema dell’abbandono dell’appartamento, che magari avevano trovato con difficoltà, della mancanza di autonomia acquisita. Per non parlare poi dell’isolamento, del mancato contatto sociale, delle misure epidemiologiche. Tutte cose che hanno influito sulla loro salute mentale. Abbiamo registrato un alto tasso di pensieri intrusivi sul suicidio, che tra la prima e la quarta ondata sono saliti dal 12,7 al 17,2 p.c., mentre prima della pandemia non superavano il 7 p.c. La cosa che più ci fa riflettere, è che la percentuale del 17,2 p.c. supera sensibilmente quella registrata negli Usa. Tutto ciò dimostra quanto sia importante il sostegno della comunità. Va detto, però, che in tutto questo periodo gli studenti della nostra Facoltà hanno funzionato bene per quanto riguarda lo studio, anche se hanno spesso dimostrato carenza di concentrazione e motivazione”, ha concluso la prof. Ivanka Živčić Bećirević del Dipartimento di psicologia della Facoltà di filosofia.

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