La Cittavecchia di Fiume, circondata dalle mura, era un tempo uno spazio troppo ristretto per accogliere grandi piazze. Dato che l’edilizia medievale non rispettava una rete stradale organizzata sulla base di canoni precisi, con il graduale innalzamento delle abitazioni le stesse si accumulavano e nell’ambito degli agglomerati si creavano slarghi difformi, nei quali avevano luogo danze popolari, spettacoli di marionette, nonché venivano utilizzati quali mercati e luoghi di ritrovo. In tale contesto sono ancora oggi ricordate piazza del Latte (Mljekarski trg) e piazza Grobnico (Trg Grobnik).
Nel XIX secolo, a seguito della demolizione della chiesetta dedicata ai Re Magi (il cui altare e gli arredi furono trasferiti alla vicina Chiesa degli Agostiniani), venne creato uno nuovo spiazzo che prese il nome di piazza Miller/Müller, in onore del possidente fiumano Antonio Miller, che nel 1838 contribuì con mille fiorini alla sua costruzione. Tra il popolo, però, continuò ancora a lungo a essere chiamata piazza dei Tre Re (assunto nel 1919), nonostante la denominazione sia stata ufficialmente trasferita alla stretta via che la collegava alla Piazza del Duomo (oggi Pul Vele Crkve).
Uno spiazzo multifunzionale
A detta della storica dell’arte Radmila Matejčić (tratto dallo scritto “Come leggere la città”) la stessa, realizzata nei secoli a rilento e a casaccio, senza seguire alcun progetto urbanistico, si presentava avvolta da una miriade di arcate relative agli edifici in stile barocco, uno dei quali, sito sul lato occidentale, risale al XVIII secolo. In tale contesto, il volume “Memorie per la storia della liburnica città di Fiume” di Giovanni Kobler, ricorda i bellissimi portici vetrati dell’abitazione Verneda, i quali donavano un particolare tocco di raffinatezza all’ambiente. In effetti, riallacciandoci al volume di Matejčić, tutta l’architettura che circonda la piazza era conciliante, in linea con la mentalità relativa al centro storico e al tenore di vita. Venne adattata ai cittadini che vivevano dentro e fuori le case, che frequentavano le osterie, i negozi e le macellerie. Lo spiazzo, anche nel XVIII, si avvaleva di tutto ciò, tantoché, da quello che si legge nel sunnominato scritto, nel XIX secolo si pensò di collocarvi un piccolo mercato. Dello stesso, oggidì circondato da edifici a più piani, funzionali, tutti piatti e in vetro, sono rimaste soltanto le reliquie. A tale proposito l’autrice riporta che “i loro standard architettonici hanno carpito l’intimità patriarcale della Cittavecchia. L’ex piazza Miller è diventata piazza dei Paolini con un ampio allargamento. La stessa ha perso la sua funzione di piazza, la quale viene soltanto attraversata dai passanti, nessuno vi si sofferma e non vi accade nulla”.
Dietro alle mura, tra calli e contrade
Dalla succitata autrice veniamo anche a sapere che l’ex piazza Miller era delimitata sul lato settentrionale da una serie di case più piccole, di cui quella al civico 246 corrispondeva alla sede del Palazzo municipale ebraico, le quali sono state tutte abbattute. Come accennato, quest’ultima era congiunta alla piazza antistante la Chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria (Duomo) tramite una stradina, chiamata Calle SS. Tre Re, che prendeva il nome della succitata chiesetta. In tale contesto, fa notare la rinomata storica dell’arte, è interessante il fatto che la designazione ufficiale delle vie relative alla Cittavecchia ebbe luogo appena nella seconda metà del XIX secolo. Prima le abitazioni erano contrassegnate con i numeri civici, mentre erano i cittadini ad attribuire i nomi alle calli e alle contrade, spesso sulla base degli artigiani che vi abitavano. In tale modo nacquero le calli della Rovere, dei Sarti, del Fortino, del Barbacane, dei Tessitori, dei Canapini, dei Frutti, delle Erbe e tantissime altre.
All’angolo tra la via Tre Re e Calle dei Canapini era sito l’edificio riportante il numero civico 290, il quale ospitava l’Ospedale di Santo Spirito e l’ospizio, mentre su un lato della succitata calle, al pianterreno, si trovava l’ingresso alla cappella di Santo Spirito, dalla quale lo stesso prese il nome, che mantenne fino al 1945. Nel 1823, con il trasferimento dell’ospedale dall’imponente palazzo, anch’essa venne abbandonata e lo stabile diventò proprietà privata che, nel 1861, risultava appartenere alle famiglie di Niccolò Gelletich e Lorenzo Pessi. Lo stesso vantava due negozi, un semiterrato, 17 stanze e 6 cucine, mentre al pianoterra erano site 2 camere, 2 negozi, un panificio e una cantina. Nel 1955, nel luogo in cui si trovava venne realizzato un piccolo parco su progetto dell’architetto Josip Petrak, che usò le sue rovine per dare corpo al terreno. Nelle adiacenze di quella casa, fino a piazza Miller se ne articolavano altre tre di dimensioni più piccole, l’ultima delle quali era una macelleria. Dall’altro lato della strada era ubicata l’abitazione contraddistinta dal civico 374, proprietà della sede del capitolo cattedrale. Durante la rimozione dell’allora strato inerente al nominato tratto vennero alla luce le fondamenta degli edifici demoliti, risalenti ai numeri 290, 241, 242 e 243, riguardo alle quali vennero effettuate serie esaminazioni di natura archeologica. La maggior parte degli stessi furono costruiti dopo il terremoto del 1750 e nel XIX secolo, quando a Fiume confluirono moltissimi immigrati, gli si aggiunsero uno o due piani. Inoltre, in occasione della scoperta delle antiche terme romane, emerse la possibilità che sotto alle case contrassegnate dai numeri 290 e 241 si trovi un antico strato archeologicamente accertato sotto il vicino palazzo dell’attuale negozio “Torbe” (ex Croatia Records).
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