Radin: «Tutelati gli idiomi delle etnie, ma anche istroveneto e istrioto»

A colloquio con il vicepresidente del Sabor e deputato dell’etnia. Sotto i riflettori soprattutto la legge sulla lingua croata, che «non minaccia la CNI». Focus anche sulle scuole della minoranza

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Radin: «Tutelati gli idiomi delle etnie, ma anche istroveneto e istrioto»
Foto: Igor Soban/PIXSELL

Il Parlamento croato ha approvato il 26 gennaio scorso la Legge sulla lingua croata, che per la prima volta nella storia regola la questione dell’uso ufficiale e pubblico della lingua croata e ne garantisce la cura sistematica e professionale. La Legge è stata approvata con 95 voti favorevoli, 10 astenuti e 17 contrari. L’esito della votazione è stato salutato da un applauso.

Il Consiglio centrale della Matica Hrvatska ha affermato successivamente che con l’approvazione della Legge sulla lingua croata il Sabor ha realizzato il sogno di generazioni di patrioti.

Quando era stata presentata la bozza della Legge sulla lingua croata aveva però alimentato numerosi dibattiti. In seno alla Comunità Nazionale Italiana erano state manifestate determinate preoccupazioni. Si temeva che la norma in oggetto potesse ledere i diritti garantiti sull’uso pubblico e ufficiale della lingua italiana e dei dialetti a livello istituzionale e nell’ambito scolastico. Nel testo di Legge approvato sono state sancite, invece, le eccezioni tese a tutelare proprio l’uso delle lingue minoritarie. Un risultato, questo, merito dell’azione intrapresa dal Gruppo parlamentare dei deputati delle minoranze nazionali. In prima linea, in questa battaglia era schierato il vicepresidente del Sabor e deputato della CNI al Parlamento di Zagabria, Furio Radin, al quale abbiamo chiesto di commentare la questione.

“Non c’è più motivo di essere in apprensione”, ha rilevato Radin, soddisfatto che le sue proposte, presentate in fase di prima lettura della Legge, a tutela degli interessi delle Comunità nazionali, siano state accolte dal Ministero dell’Istruzione e dello Sport, ovvero dal proponente formale della Legge sulla lingua croata. “Rispetto alla versione originale della bozza di Legge, è stata modificata la parte che riguarda la denominazione delle Città, dei Comuni e delle Regioni. Una materia, questa, regolata da una norma specifica, che nella proposta iniziale della Legge sulla lingua croata non era stata menzionata e che include l’elenco completo dei nomi in italiano di tutte le Città e di tutti Comuni a statuto bilingue”.

“Ora anche la Legge sulle autonomie locali è esplicitamente nominata nella versione approvata della Legge sulla lingua croata in seconda lettura. Di conseguenza pure su carta esiste la sicurezza che la versione in italiano dei nomi delle località avrà la medesima valenza che aveva fino ad ora; anche a livello nazionale e di riflesso pure internazionale. Per intenderci, ad esempio sull’Ipsilon istriana le insegne stradali non potranno essere modificate come si temeva. Pula continuerà a essere anche Pola, Rovinj continuerà a essere anche Rovigno, Buie continuerà a essere indicata sia con la ‘j’ che con la ‘i’, Umag continuerà a essere pure Umago e così via”, ha notato Radin. “Purtroppo – ha proseguito – questa prassi continuerà a non valere nella Liburnia e a Fiume. Il motivo è noto. Chi sta al potere a Fiume non ha mai voluto cambiare lo Statuto”.

Scelte lungimiranti

“Era stata ventilata un’insicurezza anche sul fronte dei dialetti. Essendo questa una Legge sulla lingua croata – ha proseguito Radin – si nominano soltanto i dialetti croati. Bisogna però dire che, per lungimiranza l’Unione Italiana e tutti noi, abbiamo voluto inserire l’istrovento e l’istroromanzo (istrioto) nel Registro dei beni immateriali della Repubblica di Croazia. Essendo menzionati in questo Registro, curato dal Ministero della Cultura e dei Media, ci sono tutte le ragioni affinché nei curricula delle scuole che lo vorranno sia inserito anche l’insegnamento dell’istroveneto e dell’istroromanzo, i due dialetti che usiamo nel 99 p.c. delle nostre comunicazioni”.

Fare fronte comune

Rimanendo in tema dell’uso dell’italiano nelle scuole in Croazia, abbiamo chiesto a Radin di esprimersi in merito al problema connesso alla documentazione pedagogica. La scorsa primavera, gli ispettori scolastici hanno iniziato a pretendere che nel caso delle scuole della CNI questa venga compilata non più soltanto in italiano, ma anche in croato. “Io e l’UI abbiamo consigliato caldamente le scuole di non cambiare niente e di attenersi alla prassi. Una parte delle scuole ha seguito il nostro consiglio, altre purtroppo non lo hanno fatto. Alle seconde consiglio di tornare sui loro passi. Se alcune scuole vogliono scrivere sia in italiano che in croato non sarò io a criticarle, ma ritengo che dobbiamo rimanere uniti e andare tutti nella medesima direzione”, ha dichiarato Radin, che ha elogiato la condotta della SMSI “Dante Alighieri” di Pola. “Dopo una prima ispezione dall’esito critico la ‘Dante’ ha spiegato bene perché la scuola sarebbe rimasta sulle proprie posizioni. Un paio di mesi dopo una seconda ispezione non ha avuto nulla da ridire”, ha notato il vicepresidente del Sabor e parlamentare della CNI, rilevando che nella Legge sull’uso delle lingue nelle scuole delle Comunità nazionali è sancito che gli ispettori inviati a eseguire controlli nelle scuole della CNI devono conoscere la lingua italiana. “Mi pare ovvio che nelle scuole italiane la documentazione venga compilata in lingua italiana”, ha puntualizzato Radin, con il quale abbiamo discusso anche della seduta tematica dell’Assemblea dell’Unione Italiana dedicata al “Mondo Scuola”. “Le impressioni che mi sono fatto a Sissano sono più quelle di uno psicologo che di un politico. Ho avuto la sensazione di partecipare a uno psicodramma. Tutti hanno detto le cose che sentivano il bisogno di esprimere ed è giusto che lo abbiano fatto. Alla fine è affiorato che le scuole hanno approcci diversi nei confronti del loro Dicastero”, ha notato Radin, il cui auspicio è che la seduta tematica del 17 gennaio scorso aiuti a ricompattare i presidi e direttori. “Me lo auguro perché siamo in pochi e abbiamo al nostro interno delle divergenze. Il mio consiglio è stato sempre di essere caldamente e saldamente uniti. Questo non vuole dire che tutti la debbano pensare allo stesso modo, ma che ci deve essere un denominatore comune”, ha affermato il vicepresidente del Sabor e deputato della CNI.

«Parliamo in italiano»

“Reputo che sia importante che i connazionali parlino l’italiano, in famiglia e soprattutto nella vita sociale”, ha dichiarato l’on. Radin. “Ho notato – ha proseguito – innumerevoli volte gruppi di persone che tra di loro conversavano in croato e poi, quando due di loro iniziavano a dialogare in italiano gli altri li seguivano a ruota. Questo è vero a Fiume e soprattutto in Istria”. “Anche negli uffici nelle Città e nei Comuni bilingui – ancora Radin – tante volte trovi l”idiota’, ma è altrettanto vero che tantissime volte, persino nelle località che non sono bilingui, trovi il funzionario che riconoscendo nel proprio interlocutore una persona che ha come prima lingua l’italiano si mette a dialogare con questa in italiano”.

«Associazione “Viva Noi!”, una fondazione garante del futuro

L’Unione Italiana è l’organizzazione di riferimento degli appartenenti alla Comunità Nazionale Italiana. Le sue finalità sono in particolare la salvaguardia e lo sviluppo dell’identità nazionale, culturale e linguistica dei connazionali. L’UI si articola nelle Comunità degli Italiani strutturate come organismi sociali della CNI operanti nelle singole località. Negli ultimi anni, tuttavia, sempre più sodalizi sono alle prese con il declino del numero degli attivisti, con il rischio di trasformarsi in “cattedrali nel deserto”, con tutte le ripercussioni del caso. Le cause sono molteplici e vanno dalla decrescita della popolazione, all’emigrazione economica, ma anche, in alcuni, casi alla mancanza di contenuti. Abbiamo chiesto a Radin, di commentare la questione e vedere di capire quali potrebbero essere i rimedi a questa situazione potenzialmente pericolosa per gli interessi della CNI.

Foto Mauro Bernes

“Certe cose l’UI le fa già, mi riferisco al lavoro che sta portando avanti con i giovani. Non vedo però grandi proposte innovative”, ha detto Radin, rilevando di non essere rimasto a sua volta a scrutare il fenomeno con le mani in mano. “Mi sono fatto proponente della creazione di una nuova realtà. Mi riferisco all’Associazione intergenerazionale ‘Viva Noi!’ della quale probabilmente avrete già visto in giro i manifesti”, ha puntualizzato. “Lo scopo dell’Associazione ‘Viva Noi!’ consiste nel formare gruppi di giovani, ma anche di persone di mezza età che andrebbero a interagire con i connazionali più anziani al fine di favorire il contatto tra l’energia dei primi con l’identità dei secondi per stimolare quello che definisco il ‘flusso identitario’”, ha affermato. “L’idea – ha proseguito – è di far svolgere questi incontri nelle case delle persone anziane, ma preferibilmente nelle Comunità degli Italiani”, ha chiarito Radin, che ricollegandosi alla sua formazione da psicologo ha invitato a considerare le conseguenze provocate alla CNI dall’isolamento sociale che interessa un numero sempre maggiore di persone della terza e quarta età.

Invecchiando aumenta il rischio di perdere il proprio partner e di dover piangere la scomparsa di amici e coetanei. Il pensionamento comporta l’abbandono di ruoli sociali non sempre compensati da nuove occupazioni. Il declino della salute è legato alla rinuncia a tutta una serie di attività sociali. Infine, pensando al ruolo dell’anziano nella famiglia, forte è la tentazione di idealizzare un passato in cui i figli amavano e condividevano lo stesso tetto con i loro vecchi genitori, mentre oggi, presi nella spirale di un individualismo ed egoismo crescenti, gli anziani spesso si ritrovano privati dell’affetto dei loro cari. L’isolamento sociale fa riferimento a una situazione oggettiva che consiste nell’avere pochi contatti con altre persone, con l’essere soli. Una condizione che coinvolge soprattutto gli over 65 e che può avere un impatto importante sulla salute fisica e mentale, nonché incidere pesantemente sulla qualità della vita.

“La nostra è una Comunità formata soprattutto da persone anziane e ci sono tanti anziani che sono molto isolati. Il nostro obiettivo è quello di riportarli a frequentare le Comunità degli Italiani, anche sfruttando i pulmini dei quali si doterà l’Associazione”, ha rilevato Radin. Il vicepresidente del Sabor ha stigmatizzato coloro i quali invece di focalizzarsi sugli risvolti belli dell’iniziativa si sono concentrati su “aspetti che non esistono”. “Che senso ha spendere inutilmente calorie a ragionare su complotti che non ci sono?”, si è chiesto Radin.

Ha annunciato che i giovani inclusi nell’iniziativa riceveranno un compenso in linea con quelli che sono i tariffari dell’UI. “È giusto che chi lavori sia pagato. Oltre a trascorrere il proprio tempo a fare compagnia agli anziani, a leggere loro il giornale, aiutarli a fare la spesa o ad assisterli nelle piccole cose, le persone coinvolte saranno formate in moda da poter condurre un discorso strutturato e se vogliamo scientifico”, ha detto Radin, aggiungendo che il risultato di questo lavoro sarà la realizzazione di un documentario audiovisivo sulla CNI. Gli incontri, infatti, previo assenso delle persone coinvolte, saranno documentati in linea alle metodologie che disciplinano la ricerca accademica, per poter essere successivamente riproposti nelle scuole e nelle Comunità degli Italiani e favore così il flusso identitario. “Un tema del quale si potrebbe discutere durante incontri specifici organizzati nelle Comunità. Appuntamenti nel corso dei quali gli anziani potrebbero spiegare cosa significava essere italiani in queste terre un tempo e i più giovani a loro volta cosa significa essere italiani oggi o anche cosa significa essere nati e cresciuti in ‘famiglie miste’”.

Diritti. Ritocchi ardui

Uno dei temi affrontati il 17 gennaio scorso a Sissano, durante la seduta tematica dell’Assemblea dell’Unione Italiana dedicata al “Mondo Scuola”, ha riguardato l’insegnamento dell’italiano nelle scuole della maggioranza quale lingua del territorio. L’on. Furio Radin ha osservato che questo obbligo era stato sancito dopo la fine della Seconda guerra mondiale a livello internazionale solo in alcune parti dell’Istria, più correttamente nell’ex Zona B e a Rovigno, che si era accodata cogliendo l’attimo. “La Legge sull’uso ufficiale delle lingue delle minoranze nazionali è stata approvata nel 2001. All’epoca presentai un emendamento affinché in tutto il territorio bilingue il medesimo venisse attuato pari pari sia per gli italiani che per tutti gli altri i cittadini. Questa dovrebbe essere la norma. Purtroppo non ottenni l’appoggio di nessuno. Il mio emendamento fu votato soltanto dalla DDI. I deputati delle altre minoranze furono i primi a opporsi”, ha raccontato Radin, sottolineando che cambiare le leggi che regolano i diritti delle minoranze nazionali non è semplice. “La ‘politica’ delle scuole è descritta in una legge specifica. Si tratta di una legge organica che in quanto tale di norma per essere approvata (o modificata) necessita del sostegno del 50 p.c. più uno dei deputati. Nel caso delle leggi che riguardano le minoranze nazionali, però, i cambiamenti devono essere sostenuti dai due terzi dei parlamentari. Una situazione che rende difficile modificarle. Il Parlamento è frammentato e talvolta è difficile approvare anche i provvedimenti per i quali bastano 76 mani. Se qualcuno conosce la formula magica per trovare i due terzi dei voti, me la dica e io porterò la questione in Parlamento”, ha concluso Furio Radin.

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