Iconografia ustascia e linguaggio dell’odio. Radin: «Multe salate, primo passo»

Il vicepresidente del Sabor e deputato della Comunità Nazionale Italiana fa il punto sugli sforzi per contrastare l’intolleranza nella società. L’inasprimento delle sanzioni dovrebbe avere un effetto di deterrenza. Ma forse non basterà

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Iconografia ustascia e linguaggio dell’odio. Radin: «Multe salate, primo passo»
Furio Radin Foto: Marko Prpic/PIXSELL

“I Paesi dell’ex Patto di Varsavia e i Paesi dell’occidente perseguono per vie legali l’uso dell’iconografia dei regimi totalitari di destra, dunque ad esempio il ricorso alla svastica o al fascio littorio, ai sensi dei loro Codici penali. Il medesimo vale anche nel caso del ricorso alla retorica o nel caso dell’apologia di questi sistemi. L’ordinamento italiano, ad esempio, prevede il reato di apologia del fascismo e nella legge che disciplina la materia c’è scritto quali sono i simboli che non possono essere usati. Sarebbe bene che lo stesso principio fosse applicato anche nel caso nostro”, ha dichiarato l’On. Furio Radin commentando gli sforzi profusi dallo Stato croato nel tentativo di reprimere il ricorso al linguaggio dell’odio e l’uso dell’iconografia del regime ustascia. Un impegno manifestatosi recentemente con l’inasprimento delle sanzioni pecuniarie previste in questo genere di casi.
Il vicepresidente del Sabor e deputato della Comunità Nazionale Italiana al Parlamento croato ha trattato l’argomento nello studio del network informativo N1, che ha voluto sentire il suo giudizio in merito alle modifiche approvate di recente e con procedura d’urgenza alla Legge sulle infrazioni. La giornalista Iva Puljić Šego ha chiesto a Radin se si sia trattato di una mossa compiuta nell’intento d’avere, dopo anni di divisioni e polemiche, un’unico corteo in occasione della commemorazione delle vittime del campo di concentramento ustascia di Jasenovac. Gli ha chiesto pure di commentare il disappunto del presidente della Comunità ebraica di Zagabria e del Coordinamento delle Comunità ebraiche in Croazia, Ognjen Kraus, il quale ha stigmatizzato il fatto che i deputati delle minoranze nazionali non abbiano insistito affinché la materia fosse disciplinata nell’ambito del Codice penale e non della Legge sulle infrazioni.

Quando l’infrazione diventa reato

“A Jasenovac ho parlato della questione con Ognjen Kraus. Il problema di fondo consiste nel fatto che nella Legge il regime ustascia non è mai nominato in modo esplicito. Questa omissione pone in forse tante cose”, ha dichiarato Radin, puntualizzando però che l’aumento delle sanzioni anche fino a 4.000 euro è tale da trasformare, di fatto, l’infrazione in reato. “Se l’aumento degli importi delle sanzioni aiuterà a demotivare l’uso di simboli che possono fomentare l’intolleranza e il ricorso al linguaggio dell’odio significa che è stato fatto un passo nella direzione giusta”, ha dichiarato Radin, aggiungendo di trovarsi d’accordo con la vicepremier con delega ai diritti umani e alle questioni attinenti alle minoranze nazionali, Anja Šimpraga, quando sostiene che in questa fase è importante osservare quale sarà l’effetto delle misure appena varate.
“Se il fenomeno inizierà a scemare significa che la misura funziona. Se invece, come io temo, la medesima non dovesse essere attuata, a causa delle multe troppo salate, ma anche a causa di altre ragioni, bisognerà riprendere in mano la materia”, ha dichiarato Radin. Ha ricordato che esiste una commissione intersettoriale incaricata di studiare l’argomento e sostanzialmente di produrre la bozza di una nuova legge. Alla domanda come regolarsi nel caso delle insegne dell’HOS, che riportano il saluto ZDS (Za dom spremni/Per la patria pronti), in uso anche ai tempi dell’NDH (lo Stato indipendente croato sorto durante la Seconda guerra mondiale), Furio Radin ha osservato che lo stesso Presidente della Repubblica, Franjo Tuđman, era indispettito dalla vicenda e che si adoperò onde porvi rimedio.

Un simbolo del male

“Le parole ZDS di per sé non significano nulla. Ma basta considerare ciò che simboleggiano, ossia l’annientamento di vite umane, per comprendere che si tratta di una frase dal significato catastrofico nel senso nel quale lo intendono Erich Fromm e la Scuola di Francoforte”, ha concluso Radin.

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