La Coppa del Mondo parla italiano

La cabina di regia del circuito maschile e femminile è affidata all'altoatesino Markus Waldner e al triestino Peter Gerdol, che ricoprono il ruolo chiave di Chief Race Director. La pandemia ha messo a dura prova entrambi nella preparazione della nuova stagione, ma il successo dell’opening di Sölden ha testimoniato la bontà del duro lavoro a cui sono stati chiamati per riadattare i calendari al rinnovato stato d'emergenza

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La Coppa del Mondo parla italiano

Non tutti sanno che al vertice della Coppa del Mondo di sci alpino vi sono due italiani: Markus Waldner e Peter Gerdol. Il primo, altoatesino di Bressanone, è a capo del settore maschile del circo bianco dal 2014, quando ha preso il posto del tedesco Günther Hujara. Il secondo, triestino di Rozzol e madrelingua sloveno, è succeduto lo scorso anno al norvegese Atle Skårdal alla guida del circuito rosa. Negli ultimi mesi la pandemia ha messo a dura prova entrambi i direttori di gara nella preparazione della nuova stagione, ma il successo dell’opening di Sölden ha testimoniato la bontà del duro lavoro a cui sono stati chiamati per riadattare i calendari al rinnovato stato d’emergenza e trovare il giusto equilibrio tra le linee guida approvate dalla FIS (la Federsci mondiale, nda) e i protocolli emanati dalle autorità locali.

Markus Waldner

Markus Waldner (Chief Race Director della Coppa del Mondo maschile)
In che cosa consiste esattamente il tuo incarico?
“Durante le gare maschili sono il capo della giuria in qualità di giudice arbitro, ma i miei compiti iniziano ben prima. Tra la primavera e l’estate, infatti, sono già al lavoro per pianificare il prossimo calendario. Naturalmente il periodo più stressante è quello che va dall’apertura alla chiusura della stagione perché sono sempre in viaggio e spesso devo prendere decisioni scomode”.

Che cosa ti mette di più alla prova?
“Il nemico più grande del nostro mestiere è il meteo, che è sempre più instabile a causa del cambiamento del clima. Non è affatto facile la gestione di una gara in condizioni climatiche complicate. Spesso ci muoviamo sull’orlo per decidere se far partire, sospendere o addirittura annullare la gara quando ci rendiamo conto che il vento o la nebbia metterebbero a repentaglio la sicurezza degli atleti”.

Il nemico numero uno nella preparazione delle gare è il meteo

Utilizzate qualche parametro in particolare?
“Le condizioni atmosferiche vanno valutate caso per caso. Ovviamente bisogna mantenere un metro coerente nel corso della stagione per non perdere di credibilità. Quando le condizioni sono troppo proibitive gli atleti sono i primi a chiederci di fermarci. In caso di annullamento di una gara, non sono certo loro a criticarci…”.

E chi allora?
“Nel nostro ruolo siamo un filtro tra gli atleti, l’organizzatore della gara e le singole Federazioni. Non è facile rispettare gli interessi economici degli organizzatori, che per recuperare le spese sostenute vorrebbero che si gareggiasse sempre e comunque. Lo stesso discorso, in misura minore, vale per le Federazioni che hanno acquistato i diritti televisivi”.

Com’è invece il vostro rapporto con gli atleti?
“Ottimo. Vi è un dialogo continuo e proficuo. Bisogna ammettere che oggi è più semplice rispetto all’epoca di Bode Miller e Didier Cuche, grandi campioni ma con un carattere ‘speciale’. Ad aiutarci tanto a intavolare un confronto positivo è stato Marcel Hirscher”.

Come mai?
“La sua grande professionalità lo rendeva molto pignolo e scrupoloso. Mi cercava spesso per suggerirmi cosa migliorare sui materiali e sul regolamento. Mi ha dato tanti spunti interessanti, bisogna soltanto dirgli grazie”.

E da quando il fuoriclasse austriaco si è ritirato?
“Il rapporto è sempre aperto con tutti gli atleti. Il loro rappresentante ufficiale al momento è l’elvetico Daniel Yule, con cui mi confronto abitualmente. Inoltre prima di ogni gara, a estrazione, viene scelto un atleta del primo gruppo per espormi le sue considerazioni sulla pista dopo la ricognizione. Quando i rilievi hanno un fondamento siamo lieti di andare incontro alle richieste degli atleti”.

Solitamente quand’è che nascono le incomprensioni?
“Tanti atleti faticano a capire che nello sci ogni tanto bisogna sapersi adattare e convivere con la natura, anche perché il clima è cambiato. Gli atleti si aspettano sempre condizioni perfette, ma quando fa molto caldo o piove è difficile preparare un manto nevoso compatto. La preparazione delle piste è sicuramente un’altra sfida impegnativa. Adesso ci si è messa anche la pandemia…”.

A proposito, sei soddisfatto del weekend di apertura a Sölden?
“Il bilancio è pienamente positivo: è andato tutto secondo le attese. In sostanza abbiamo chiuso il ghiacciaio, anticipando il gigante di una settimana per evitare l’inizio del turismo invernale. Eravamo completamente isolati e la chiave del successo è stata la creazione di quattro bolle”.

Cioè?
“La bolla rossa racchiudeva atleti e tecnici, che senza un test negativo di tre giorni prima non potevano arrivare a Sölden. La bolla gialla era riservata ai media, accreditati in numero ridotto, mentre la bolla blu ai lavoratori della pista, tutti testati e messi in quarantena già dieci giorni prima. Infine, la bolla verde riguardava gli ospiti, anch’essi ovviamente ridotti al minimo”.

Sarà lo stesso anche nelle prossime tappe?
“Chiudere le montagne come a Sölden sarà impossibile perché si dovrà convivere con il turismo invernale. L’importante sarà mantenere le distanze negli impianti con entrate separate, cabinovie riservate, e così via. In ogni caso la priorità è la salute e ci adatteremo alle decisioni delle autorità locali. Spero solo che ci consentano di viaggiare perché altrimenti sarebbe impossibile andare avanti”.

Immagino che non sia stato facile stilare il calendario in queste condizioni.
“Nel calendario maschile quest’anno non è previsto nessun appuntamento fuori dall’Europa. È stato difficile rinunciare alla trasferta nordamericana, che ormai fa parte della nostra famiglia, ma si è reso necessario per ridurre gli spostamenti, il rischio di contagio e i costi per squadre e organizzatori”.

Peter Gerdol

Peter Gerdol (Chief Race Director della Coppa del Mondo femminile)
Nel calendario femminile è stata confermata ugualmente la tappa cinese. Era proprio inevitabile?
“Abbiamo deciso di provare a disputare la discesa libera e il super-G di Yanqing perché si tratterà dell’unico test prima delle Olimpiadi del 2022 che si terranno su questa pista. Gli organizzatori cinesi ci hanno proposto un protocollo ancora più rigido. La loro intenzione è quella di predisporre voli chiusi e riservati soltanto alla bolla degli atleti, che non saranno messi in quarantena né all’andata né al ritorno. In ogni caso la conferma definitiva è prevista per il 30 novembre”.

Al di là del test cinese, quali accorgimenti avete adottato per fronteggiare l’emergenza sanitaria e consentire il regolare svolgimento della stagione?
“Per diminuire le conseguenze di un eventuale contagio, nella formulazione del calendario abbiamo privilegiato i blocchi di gare, dividendo il più possibile quelle tecniche da quelle veloci. Così diverse località ospiteranno due gare della stessa disciplina e gli atleti delle discipline veloci non verranno a contatto con quelli delle discipline tecniche”.

Quindi è questo il motivo per cui non è prevista neanche una combinata?
“Esatto. Sarebbe stato troppo rischioso riunire un gran numero di atleti nello stesso posto. Inoltre la combinata, oltre a essere una tipologia di gara che farebbe saltare il distanziamento tra gli atleti delle discipline veloci e di quelle tecniche, costringerebbe gli organizzatori a preparare lo slalom su una pista differente rispetto a quella della discesa. In questa situazione abbiamo pensato di semplificare il lavoro e di concentrarci soltanto sulle quattro discipline classiche”.

Però avete fatto un’eccezione per lo slalom parallelo di Lech/Zürs. Come mai?
“Nelle ultime stagioni stiamo lavorando tanto per migliorare questa disciplina che piace tanto al pubblico e alle atlete e volevamo testare il nuovo regolamento. Quest’anno, infatti, abbiamo deciso che nella fase a eliminazione diretta, a cui si qualificheranno in 16 e non più in 32, le atlete si sfideranno su due run e si scambieranno le corsie tra una manche e l’altra. In questa maniera contiamo di ridurre al minimo le differenze causate dalla fisiologica usura della neve e di non avvantaggiare nessuna a discapito dell’altra”.

Nel calendario femminile, come in quello maschile, a livello numerico sono previste più gare tecniche che veloci. Non credi che gli atleti delle discipline tecniche siano avvantaggiati rispetto ai discesisti?
“Al giorno d’oggi per vincere la Coppa del Mondo bisogna andar forte in almeno tre discipline, quindi tutti hanno le loro possibilità. Inserire nel calendario più discese libere sarebbe sicuramente una buona idea, ma non è facile trovare posti che vengano incontro ai nostri standard di sicurezza, che sono molto elevati. Pochissime località sarebbero disposte a ospitare prove cronometrate e gare chiudendo ai turisti gran parte del comprensorio sciistico nel pieno della stagione invernale. In ogni caso, pareggiare il numero di gare tra le varie discipline nell’arco della stagione sarà sicuramente un obiettivo futuro”.

A Sölden non è andata in scena l’estrazione pubblica dei pettorali prima della gara. Come funziona la procedura attuale?
“Per ridurre il rischio di contagio, quest’anno l’estrazione sarà elettronica e sarà possibile seguirla in diretta sull’app ufficiale della FIS. Le immagini della presentazione dei pettorali di gara, invece, saranno registrate al termine della ricognizione di ciascuna atleta per poi essere trasmesse pochi minuti prima del via”.

Spalti e area d’arrivo vuoti nella bolla di Sölden

Proprio come Waldner sei stato a lungo responsabile della Coppa Europa prima di approdare in Coppa del Mondo. Quali sono le principali differenze tra le due competizioni?
“In Coppa del Mondo la pressione è decisamente maggiore. Dal punto di vista tecnico non vi è molta differenza nell’organizzazione della gara, ma lo straordinario seguito di media, sponsor e industria amplifica la portata e gli effetti delle nostre decisioni. In Coppa Europa, invece, gli unici interessati erano sostanzialmente atleti e allenatori”.

Lo slalom di Zagabria è ormai diventato un appuntamento fisso della stagione. Che cosa ne pensi di questa gara?
“A partire dai tempi di Janica Kostelić questo slalom è un appuntamento molto importante per la città di Zagabria, per la Croazia e per la Coppa del Mondo. Non a caso è una delle gare più seguite di tutto il circuito femminile. Da qualche anno si parte più in alto e il tracciato è ancora più lungo e impegnativo. Non a caso a vincerlo sono sempre le più forti, sullo Sljeme non si può improvvisare”.

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