E se non fosse una lotteria?

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E se non fosse una lotteria?

La serata dei rigori: 11, compreso uno concesso dall’arbitro Pitana per fallo plateale su Rebić nel secondo supplementare. Ebbene su undici penalty i portieri ne hanno portato a casa complessivamente sei, più della metà, fatto più unico che raro: bravi Schmeichel e Subašić oppure scarso, stanco, nervoso, ecc. chi sul dischetto si è presentato. “Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore/un giocatore lo vedi dal coraggio dall’altruismo e dalla fantasia” cantava Francesco de Gregori nell’arcinota Leva calcistica della classe ‘68. Il vero atto di coraggio nella sfida di domenica è stato riaffidare a Modrić un tiro dal dischetto dopo l’errore (al momento sembrava fatale), in seguito al fallo su Rebić.

Decisivi tanti fattori

Gli attenti osservatori delle vicende pallonare in casi come questi si chiedono: un penalty parato è errore di chi calcia o è bravura/fortuna del portiere. Sono tanti i fattori che influenzano un calcio di rigore: l’importanza del match, la pressione del pubblico, il meteo, la tecnica del calciatore e la velocità di reazione e l’esplosività del portiere. Il calcio di rigore è uno di quei momenti in cui l’imprevedibilità del calcio viene esaltata al massimo livello. Del resto dagli undici metri fior fiore di Palloni d’Oro hanno fatto figure barbine (vero Messi, CR7 tanti altri ancora), mentre dall’altra parte numeri uno considerati dei “pararigori” hanno fatto la figura del brocco o dell’eroe in caso di parata. Sì perché dagli 11 metri il numero 1 non ha nulla da perdere rispetto a chi calcia: se riesce a neutralizzare il pallone è un eroe, un fenomeno. Se incassa il gol tutto normale, tutto come prima. È un momento in cui si esalta la solitudine del portiere. A volte solo tranquillo osservatore dell’incontro, inoperoso. Altre autentico eroe come nel caso di domenica. Un eroe dei tre mondi (i tre penalty parati).

Oggetto di approfondite ricerche

Oltre che di pura questione tecnica, emotiva o reattiva, il calcio di rigore è stato negli anni oggetto di approfondite ricerche al punto tale da chiederci: e se non fosse quella che metaforicamente viene chiamata spesso detta “lotteria”. Esaminando metodi quantitativi, grandi moli di dati, sofisticati algoritmi e analisi statistiche fisici, matematici, economisti e psicologi hanno tentato di rispondere alla domanda più frequente in quella che resta la sfida delle sfide nel football: esiste il rigore perfetto…

Iniziare la serie per primo conviene

Ancora prima di sistemare il pallone sul dischetto, è bene sapere che esistono diversi fattori che hanno già in parte determinato l’esito della sfida. Il calcolo delle probabilità inizia anche prendendo in considerazione il lancio della monetina. Se è favorevole chi sceglie di tirare per primo, avrebbe un sostanziale vantaggio. Due ricercatori, José Apesteguia e Ignacio Palacios-Huerta, hanno analizzato 129 sfide decise ai rigori, rilevando alla fine un dato curioso, quanto, interessante. Chi ha iniziato la serie per primo, segnando il primo rigore, vede le possibilità di vittoria salire subito al 60 per cento. A ciò viene fornita una spiegazione psicologica: iniziando per primi e trasformando tutti i tiri – evento molto probabile, visto che circa il 75 p.c. dei rigori viene trasformato – si caricano gli avversari di pressione, aumentando le loro possibilità di errore. L’avvicinarsi del quinto tiro fa scendere le probabilità di realizzazione, fino a un misero 64.3 p.c. all’undicesimo rigore. Nei Mondiali, queste probabilità crollano al 44 p.c. nei casi in cui il possibile errore comporta l’eliminazione della propria squadra, mentre salgono al 91 p.c. nei casi in cui la realizzazione può convertirsi in vittoria.

Brutto scherzo la pressione psicologica

La pressione psicologica gioca poi brutti scherzi, forse è determinante in alcuni casi. Perfino per campioni che hanno appena vinto prestigiosi riconoscimenti. I dati dicono che questi giocatori, una volta conseguito il premio, tendono a peggiorare le proprie prestazioni dal dischetto rispetto a giocatori di pari livello. Un fenomeno che rasenta la pura superstizione. Viene detto “maledizione del vincitore”. Poi, i calciatori mancini, avrebbero un’arma in più. I dati rivelano che chi calcia di sinistro mostra una maggiore probabilità di segnare (+4 p.c.) rispetto ai destri: 76 p.c. di realizzazioni contro 72. Questa tendenza potrebbe dipendere dalla scarsa familiarità che i portieri hanno con i mancini, solo il 15 p.c. dei calciatori, e quindi dalla minore capacità di prevederne i tiri. Chi scrive ha un discreta esperienza da numero 1 e ha potuto notare che i mancini tendono sempre a incrociare il tiro, mentre i destri sono più imprevedibili, ma le tecniche di calciare un rigore sono diverse e frutto di allenamenti specifici. C’è quel calciatore che ha l’abilità di osservare il portiere e cambiare direzione al tiro all’ultimo momento mettendo il pallone nell’angolo opposto a una velocità beffarda, irrisoria. Vista la grandezza della porta il portiere è costretto a muoversi prima, un attimo impercettibile che nessun arbitro mai punirà come previsto dal regolamento. Si sono visti penalty parati con l’estremo difensore uscito sui 3-4 e anche 5 metri dalla linea di porta. Un calciatore che si ricorda infallibile esecutore di penalty era la punta del Rijeka Milan Radović: che calciava di potenza in mezzo alla porta leggermente a destra. Non ricordo rigori sbagliati o parati…
In quanto agli undici metri, nel posizionare il pallone i calciatori secondo alcune ricerche dovrebbero sapere che è preferibile camminare a ritroso guardando il portiere e il punto dove si intende calciare, piuttosto che camminare all’indietro, spalle alla porta e testa china. Una volta presa la rincorsa, bisogna decidere dove mirare. Siamo distanti 11 metri dalla linea di porta, larga 7,32 metri e alta 2,44. Le statistiche dicono che c’è una possibilità su quattro di fallire, con il margine di errore che scende al 10 p.c. se il portiere non indovina la direzione. La scelta più comune è calciare a sinistra o a destra con una buona dose di potenza: lo dimostra anche una ricerca dell’Università John Moores (Liverpool), che ha formulato l’equazione per il rigore perfetto: il rigorista prende una rincorsa di 5-6 passi, forma un arco di 20°-30°, mira a uno dei due angoli in alto della porta – precisamente a 50 cm dall’incrocio dei pali – e cerca di scagliare la palla a una velocità compresa fra i 70 e 100 km/h. L’efficacia di questa formula è stata confermata anche da un fisico del calibro di Stephen Hawking (recentemente scomparso). Si calcia angolato nell’83 p.c. dei casi, con una marcata propensione dei destri a calciare a sinistra, e dei mancini a destra, incrociando così il tiro. I portieri lo sanno, per questo nel 57 p.c. dei casi si buttano alla loro destra, e il 41 p.c. a sinistra.

Economisti contro fisici

Ma sono gli economisti a controbattere la tesi dei fisici. Steven Levitt, in un suo libro (Think Like a Freak), mette in discussione sia le abitudini dei calciatori sia i calcoli matematici dietro al “rigore perfetto”, sfatando il mito del tiro angolato. Secondo l’economista sperimentale il rigore migliore sarebbre quello calciato dove il portiere meno se l’aspetta ossia al centro della porta. Ma solo il 17 p.c. dei rigori finisce lì, a dispetto del fatto che soltanto 7 volte su 100 i portieri restano fermi (2 volte su 100 nelle competizioni tra nazionali). Tirare al centro darebbe l’81 p.c. di chance di segnare, contro il 70% dei tiri a destra e il 77 di quelli a sinistra. Molti portieri cercano di non muoversi prima e di intuire l’angolo solo grazie all’esplosività delle leve inferiori allungandosi al massimo. Se il tiro è a mezz’altezza sono fritti… In Spagna 1982 a Sudafrica 2010, ben 22 gare si sono decise ai rigori e dei 204 tiri addirittura nessuna palla centrale è stata parata!

Il fascino dell’imprevedibilità

Il penalty è un tipico esempio conflittuale interiore tipico sia nella psiche del giocatore sia in quella del portiere. Per il primo impiegare sempre la stessa strategia potrebbe non risultare sempre la soluzione migliore anche perché i portieri migliori nei loro computer possiedono ormai tutte le statistiche dei rigoristi più bravi, o in genere dei calciatori che si alternano al dischetto del team che vanno ad affrontare. Tocca poi a loro sul campo decidere cosa fare… Uno scienziato cognitivo, Gerd Gigerenzer, sostiene che deve essere l’istinto a guidare i rigoristi, non la riflessione consapevole: inquinerebbe gli automatismi consolidati in anni di partite e allenamenti. Più tempo si aspetta, più si pensa prima di tirare, più aumenta il rischio di sbagliare… Nonostante VAR e altri ammennicoli l’imprevedibilità è la cosa più affascinante del calcio e dati ed esperimenti non riusciranno ad eliminarla, però, possono aiutare a sfatare falsi miti o credenze ingiustificate e gli errori di intuizione. Il rigore perfetto? Quello nella rete degli avversari o quello parato? Per una risposta chiedere a Subašić…

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