Una storica vittoria sul filo di lana annullata a tavolino per mano della «politica»

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Una storica vittoria sul filo di lana annullata a tavolino per mano della «politica»

Tutti gli sport hanno le proprie partite storiche. Quelle entrate di diritto nella storia di una determinata disciplina per una serie di motivi. Nel mondo della pallacanestro dalmata, ma pure croata e jugoslava, esiste pure una partita del genere entrata negli annali. Una partita che è stata disputata e poi annullata e che ha lasciato dietro a sé tantissimi strascichi. Si tratta dell’incontro tra lo Šibenka e il Bosna di Sarajevo. Era il terzo incontro valido come finale per lo scudetto, quello decisivo, nella stagione 1982/83. Era il 9 aprile del 1983 e il palasport sebenzano Baldekin si apprestava, come tutto il Paese, a vedere una partita straordinaria.

Facciamo prima però un passo indietro. La pallacanestro a Sebenico era presente da appena 10 anni in maniera organizzata. L’arrivo dello Šibenka nella Prima lega della Jugoslavia era già stato una grande sorpresa. Una sorpresa che ben presto però era diventata scomoda visto che la compagine dalmata fin dall’inizio si era dimostrata una squadra molto ostica tanto da arrivare subito ai vertici nazionali, oltre a registrare anche ottimi risultati a livello internazionale con tanto di finale, anche se persa, nella Coppa Korać.

Una squadra emergente

Prima dell’inizio della stagione 1982/83, lo Šibenka decisamente non era accreditato come un possibile concorrente per arrivare alla finale. A livello di campionato, ma pure di nazionale, era in corso un grande ricambio generazionale. Non c’erano più le leggende cestistiche d’un tempo come Kićanović, Dalipagić, Slavnić, Delibašić, Jerkov, Jelovac… Stava arrivando il momento di certi nuovi ragazzi che però avrebbero fatto la storia del basket nazionale solamente negli anni a venire. Erano i vari Dražen Petrović, Zoran Čutura, Velimir Perasović, Žarko Vučurović, Boro Vučević, Stevan Karadžić…
E proprio per questo il campionato di quell’anno non aveva un vero e proprio favorito. Si parlava di quattro squadre che potevano puntare in alto. C’era innanzitutto lo Cibona di Zagabria, campione uscente, che però aveva perso giocatori importanti come Nakić, Bečić e Ušić, chiamati a prestare il servizio militare. Comunque la squadra era forte e di qualità, come pure il Bosna di Sarajevo. I bosniaci avevano sì perso Delibašić, però erano ritornati giocatori di primo piano dome Radovanović e Varajić e in più stavano emergendo ottimi ragazzi come Vučević, Mutapčić e Bogoljub Đurić. Poi c’era lo Zadar di Zara. Una squadra giovane con i vari Popović, Petranović e Sunara; tutto lasciava presagire che gli zaratini potessero anch’essi ambire al titolo nazionale. E infine dopo diversi anni metteva paura la Crvena Zvezda di Belgrado. Una squadra, quella giudata da Ranko Žeravica, senza grandi stelle, ma solida. Diretta con maestria da Zufer Avdija la compagine belgradese poteva fare affidamento sull’ormai ottimo terzetto Radović–Karadžić–Nikolić.
Al giovane Šibenka pensavano in pochi. Nell’annata precedente aveva chiuso al quinto posto la stagione regolare e poi era uscito nei quarti di finale perdendo contro lo Zadar in tre partite.

Con il piede giusto

La stagione 1982/83 era però subito iniziata in maniera diversa, ovvero con il piede giusto. Infatti, subito nel primo turno di campionato lo Šibenka aveva sconfitto per 78-72 lo Cibona di Zagabria. Una grande sorpresa che aveva “lanciato in orbita” la nuova stella nazionale. Dražen Petrović, allora neanche maggiorenne, aveva messo a segno la bellezza di 27 punti. Man mano che il campionato andava avanti “cadevano” una dietro l’altra tutte le squadra ospiti a Sebenico. L’unica a non uscire sconfitta dal Baldekin era stata la Jugoplastika di Spalato che aveva vinto il derby dalmata. L’atmosfera sugli spalti, in ogni partita, era eccezionale. Una vera festa di musica, sirene e tantissimo tifo. Era praticamente impossibile, anche per le squadre più forti, non arrendersi al Baldekin. Emergeva intanto sempre di più la stella di Dražen Petrović. Anche se giocava con colleghi affermati e con molta più esperienza, come Jarić, Ljubojević, Macur e altri, era lui a trascinare la squadra. Per Dražen Petrović quella fu una stagione da incorniciare. Lo notarono in particolare le squadre di Belgrado, la Crvena Zvezda e il Partizan. A entrambe in trasferta segnò la bellezza di 36 punti.
La parte regolare del campionato finì con lo Šibenka al primo posto! La squadra vinse 16 delle 22 gare disputate. A due punti il Partizan e la Bosna. A quattro Crvena Zvezda Rossa e Cibona. Seguivano Zadar, Olimpija (Lubiana) e Jugoplastika. Furono queste le squadre che si piazzarono nei play off per lo scudetto. Nei quarti di finale arrivò subito il derby dalmata tra lo Šibenka e la Jugoplastika di Spalato. Si andò alla terza partita e a vincere fu la squadra di Sebenico. Nelle altre partite a sorpresa uscì di scena lo Cibona sconfitto dalla Crvena Zvezda. Passarono, invece, come da pronostico, Bosna e Partizan.
In semifinale a sorpresa il Bosna s’impose per 2-0 contro il Partizan, mentre nell’altra semifinale lo Šibenka affrontò la Crvena Zvezda. Dopo aver vinto la prima partita per 91-88 i dalmati furono sconfitti a Belgrado per 89-105. Si andò al terzo incontro nel quale s’impose la squadra di Sebenico per 98-89.
Si arrivò così a una finale a dir poco sorprendente. Nessuno aveva pronosticano una finalissima tra lo Šibenka e il Bosna.
Nel primo incontro del duello finale tra le due compagini, Dražen Petrović giocò forse una delle sue peggiori partite cadendo vittima dello stress. Segnò appena 17 punti, pochissimi per un campionissimo come lui. Dall’altro lato, tra le file degli avversari, Benaček (26 punti), Radovanović (23) e Varajić (26) furono davvero scatenati. Si rischiò la sconfitta; però alla fine gli esperti Predrag Šarić e Macura con 20 punti, e Srećko Jarić con 19 portarono i locali alla vittoria per 103-98. Nella seconda partita i ragazzi di Vlado Đurović erano consapevoli di non avere grandi speranza e Sarajevo. Persero per 96-84 senza riuscire a opporre troppa resistenza.

Lo storico 9 aprile

Si arrivò così al famoso 9 aprile, alla partita decisiva per lo scudetto. Il Bosna aveva nelle sue vetrine già due scudetti (1977/78 e 1979/80), mentre per lo Šibenka si trattava della grande occasione per passare alla storia.
Per dirigere quella finale al cardiopalmo furono scelti i due migliori arbitri nazionali: Ilija Matijević di Zagabria e Rade Petrović di Belgrado. Era fin dall’inizio sicuro che il palasport sarebbe stato strapieno, gremito in ogni ordine di posti, e che il tifo sarebbe stato infernale. I tifosi avrebbero guidato con determinazione i giocatori locali verso l’agognata vittoria come già accaduto nel corso di tutto il campionato. E così fu. Si registrò il record di spettatori per il Baldekin. Semplicemente non c’era nessuno spazio vuoto. Erano praticamente tutti stipati come sardine attorno al campo di gioco. Furono tantissimi pure gli spettatori che seguirono la partitissima alla TV. Dalle ore 17 di quel sabato quasi tutto si era fermato nel Paese per permettere agli appassionati di seguire quella partita che aveva assunto ormai un sapore storico.
Fu un incontro aperto e teso fino all’ultimo. Il risultato fu quasi costantemente in bilico. Nella prima frazione di gioco però i bosniaci si ritrovarono in vantaggio per 50-39. Però i locali non si persero affatto d’animo. Si arrivò così agli ultimi secondi di gara con il Bosna in vantaggio per 82-81. Sembrava quasi tutto finito. Un sogno sfumato. A due secondi dal termine, con gli ospiti in vantaggio, ad attaccare furono dei locali. Tirò a canestro chi altri se non Dražen Petrović e… sbagliò! Sembrava tutto finito. I giocatori del Bosna avevano ormai le braccia al cielo. I locali erano tristi e rassegnati. Però, con grande sorpresa di buona parte del pubblico, si sentì il fischietto di Ilija Matijević. Fu un attimo di sgomento; soltanto dopo un po’ si capì che aveva fischiato il fallo su Petrović e di conseguenza questi aveva a disposizione due tiri liberi. In quella situazione caotica, Dražen Petrović riuscì a mantenere la calma e la lucidità. Tirò i due tiri liberi ed entrambe le volte centrò il canestro! Portò così lo Šibenka in vantaggio per 83-82! E subito arrivò il fischio che segnava la fine della partita. Una partita finita nella maniera desiderata dai locali. Un incontro a dir poco al cardiopalmo. La festa fu grande nel palazzetto dello sport e in città. Dražen Petrović venne portato subito in trionfo. Il presidente delle Federbasket, Vasil Tupurkovski, consegnò le medaglie e il trofeo che spettava al vincitore del campionato.
In seguito e per tutta la notte la città festeggiò alla grande l’insperato successo. Era letteralmente un sogno che si avverava. Una squadra giovane e senza troppa esperienza era riuscita a vincere un campionato fortissimo come quello della Jugoslavia di allora.

Novi Sad. Atmosfera irreale

Però ben presto nel resto del Paese e in primo luogo a Sarajevo e Belgrado cominciarono le lamentele con discussioni a non finire sul fatto se il fallo finale ci fosse stato realmente oppure no. Era chiaro a tutti che quello era stato il momento decisivo che aveva segnato le sorti della partita. La polemica andò avanti per giorni e alla fine, dopo una serie di ricorsi, la Federazione decise di annullare la partita sostenendo che il fallo in realtà non c’era stato. Insomma i vertici della pallacanestro nazionale decisero di opporsi a posteriori alla decisione degli arbitri. E siccome erano essi, piaccia o no, a poter dire l’ultima parola, venne presa la salomonica decisione di disputare una nuova partita, però in campo neutro. Si optò per Novi Sad.
Inevitabilmente lo Šibenka rifiutò, con tanto di trofeo nella bacheca e con tutte le medaglie al collo, di disputare una nuova partita. La decisione fu presa all’unanimità da dirigenti e giocatori. I dalmati non avevano proprio nessuna intenzione di recarsi Novi Sad. E così nel capoluogo della Vojvodina, a quella che avrebbe dovuto essere la quarta partita tra le due compagini, quel 16 aprile, si presentarono in un’atmosfera irreale soltanto il Bosna e gli arbitri. Come di prammatica il pallone fu lancianto in aria e subito dopo la partita finì. Fu registrata come da regolamento per 20-0 a favore del Bosna. Pertanto il titolo ufficiale andò ai bosniaci. Ebbe dell’irreale vedere di nuovo il presidente della Federbasket consegnare la Coppa e le medaglie, questa volta ai giocatori di Sarajevo.
Finì così in un modo che ha dell’incredibile una stagione davvero incredibile per lo Šibenka. Campione sì, ma senza i crismi dell’ufficialità. Alla fine di quell’estate la squadra rimane senza la sua stella. Dražen Petrović venne chiamato a prestare il servizio militare. Non sarebbe tornato mai più a Sebenico a giocare per il suo Šibenka. Nel 1984 infatti passò allo Cibona di Zagabria e poi dopo quattro anni iniziò la sua avventura dapprima in Europa e in seguito nell’NBA. Infine quel tragico 7 giugno del 1993 quando morì in autostrada in Germania, vittima di un incidente stradale.

Che cos’era successo?

Negli anni successivi si discusse a lungo su che cosa fosse successo quella notte, dal 9 al 10 aprile del 1983. Che cosa spinse i vertici della Federbasket ad annullare in fretta e furia quella storica partita? E perché era così importante assegnare lo scudetto al Bosna? Inutile dire che ci furono, probabilmente, enormi pressioni sulla dirigenza per costringerla a prendere una simile decisione. Pochi crederanno che tali pressioni fossero il frutto esclusivamente di motivazione di carattere sportivo e arbitrale. Come spesso accade la politica deve averci messo lo zampino. E tutto questo scenario era nell’aria ben prima della finale. Infatti soltanto un giorno prima della partita di play off tra Šibenka e Crvena zvezda, Dražen Petrović era stato scelto per portare la staffetta! Inoltre Nenad Slavica prima delle partite decisive era stato chiamato a prestare il servizio militare! Molti all’epoca avevavo puntato inoltre il dito contro il tifo dei locali. Indicativo il fatto che a presentare ricorso dopo la prima partita della fase finale non fosse stato il Bosna, bensì lo Zadar e la Jugoplastika. La Federbasket aveva allora deciso di inviare un reclamo a Sebenico, ma nulla di più. Alla fine, oltre alla decisione di annullare la terza partita e di disputarne una nuova a Novi Sad, arrivò la delibera con cui si sospendevano gli incontri nella palestra del Baldekin.

L’arbitro fu radiato

Ma chi alla fine fece più di tutti le spese di questa vicenda fu l’arbitro zagabrese Ilija Matijević. Fu radiato. Prima di quella partita di Sebenico era considerato il migliore arbitro nazionale. Dopo la partita divenne il nemico numero uno della pallacanestro nazionale. Come ha spiegato poi lo stesso Matijević in diverse interviste, dopo l’incontro, nessuno, né l’altro arbitro, né il delegato e nemmeno la dirigenza del Bosna avevano avuto nulla da ridire sul fallo decisivo e sulla sua decisione di fischiare i due tiri liberi. Al contrario di quella che era la prassi, Matijević decise quel giorno di prendere subito il treno e di tornare a casa. Il giorno dopo cominciò il finimondo, che cambiò radicalmente la sua vita, non soltanto sportiva. Fu riabilitato e potè tornare nel mondo del basket soltanto dopo l’avvento della Croazia indipendente. Oltre a Matijević a essere sospesi furono pure i cronometristi della partita. Inoltre diversi tifosi ricevettero delle multe. E pure alla banda d’ottoni sebenzana, la “Šibenska narodna glazba”, fu vietato di presenziare alle successive partite dello Šibenka.
(3 e continua)

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