Puntiamo il dito verso noi stessi

Grazie al progetto Caring Hearts, a Benin City in Nigeria sta sorgendo un Centro scolastico che porta il nome simbolico di Accademia della Luce Vivente e che comprende l’asilo nido, la scuola materna, la scuola primaria e quella secondaria, destinata innanzitutto ai bambini di famiglie povere e indigenti. La costruzione della struttura è stata resa possibile tramite donazioni di privati, organizzazioni di beneficenza e sponsor pubblici

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Puntiamo il dito verso noi stessi
I bimbi di Benin City

Per puntare il dito verso sé stessi ci vuole coraggio. E voglia di cambiare.

Massimo Recalcati, uno tra i più importanti psicoanalisti italiani del nostro tempo, parla del mondo contemporaneo nel suo libro “A pugni chiusi” descrivendo e “interpretando la nostra vita sociale, il nostro tempo, caratterizzato da un’angoscia inedita: per un verso il dominio della tecnica che ha consacrato l’uomo come padrone della Terra e per un altro verso con quella stessa padronanza che si rivela potenzialmente minacciosa per la vita stessa dell’uomo, oltre che per il mondo intero. La crisi del neoliberalismo e dell’euforia nei confronti della globalizzazione dei mercati che è divenuta manifesta – come fossero rimedi estremi alla stessa crisi – il rafforzamento dei nazionalismi, il sovranismo populista, il presidio militare dei confini, la follia fondamentalista sembrano essere i nuovi sintomi del disagio della civiltà”.
Cercando di dare un quadro del mondo definisce “gli adulti che sembrano essersi persi nello stesso mare dove si perdono i loro figli, senza più alcuna distinzione generazionale; rincorrono facili amicizie sui vari social network, si vestono allo stesso modo dei figli, giocano con i loro giochi, parlano lo stesso linguaggio. Questo nuovo ritratto dell’adulto esalta il mito immortale di Peter Pan, il mito della giovinezza perenne, la retorica di un culto dell’immaturità che propone una felicità spensierata e priva di ogni responsabilità. Ci viene segnalato uno scontro drammatico tra due mondi in una situazione di grande tensione e pericolo e ci segnala una divaricazione interna tra coloro che assumono le conseguenze dei loro atti e coloro che invece vogliono continuare a giocare con la vita come se fosse una Playstation”.
Sono parole che richiamano la consapevolezza dell’uomo a prendersi le proprie responsabilità, a puntare il dito verso sé stesso e porsi la domanda delle domande, di coloro che sono la nostra eredità, “la domanda dei nostri giovani che insiste e ci mette con le spalle al muro: esistete ancora? Esistono ancora degli adulti? Esiste ancora qualcuno che sappia assumersi responsabilmente il peso della propria parola e dei propri atti? La solitudine di una generazione – quella giovanile – che si sente lasciata cadere, abbandonata, che cerca il confronto con il mondo degli adulti, ma non lo trova, nel senso che fa fatica a trovare degli adulti con i quali misurare il proprio progetto del mondo”.
La risposta ci viene data in molte occasioni che passano inosservate, lontano dai riflettori mediatici che oltre all’abbaglio fluorescente della mediocrità non offrono niente di quello che dovrebbe essere la rappresentazione dell’ideale di una vita compiuta e tantomeno non danno peso alla propria parola, il che significa innanzitutto provare ad assumere tutte le conseguenze delle proprie parole e dei propri atti.

Assumersi le responsabilità
Assumersi le conseguenze delle proprie parole e dei propri atti. Oggi? Ma quando mai?
Eppure, le risposte ci sono. Esistono ancora coloro che hanno voglia e coraggio di assumersi la responsabilità e di combattere il cancro dell’ipocrisia generale che sta dilagando. Una di queste occasioni la si riconosce nelle pagine di un progetto ideato e scritto da un perfetto sconosciuto per molti lettori, una persona che si è fatta strada in una società crudele in cui, oltre al disagio globale sono presenti tutti i disagi e paradossi di una parte del mondo che arranca a farsi una propria strada verso il futuro perché appartenente ai resti del mondo, così definito dalla civiltà umana, quasi da sempre condannato ad essere colonizzato, sfruttato e abusato.
Stiamo parlando di Innocent Omozokpia, CEO di un’organizzazione culturale nigeriana, preside di una scuola nascente, una speranza crescente espressa nel suo progetto Caring Hearts (un nome e termine che vuole portare il vero significato delle parole di cui è composto), uscito come un messaggio forte e come risposta al “culmine dell’ipocrisia con cui il razzismo nasconde la propria cattiva coscienza e cerca di darsi rispettabilità e credibilità”. Le ultime sono le parole di don Luigi Ciotti, tratte dal suo libro “Lettere a un razzista del terzo millenio”.
La grande crisi attuale dell’economia capitalista e il rischio reale di un immiserimento materiale e mentale di noi tutti, amplificano la domanda che scaturisce dal pensiero dell’uomo: quale mondo stiamo consegnando in eredità alle nuove generazioni?
Dobbiamo ritornare alla parte del mondo sviluppato, quello occidentale in cui siamo testimoni del crescente numero di immigrati che affrontano innumerevoli rischi e ostacoli per raggiungere “le terre promesse”, quelle europee. Spesso restiamo allibiti quando sentiamo i nostri concittadini commentare il progressivo aumento di lavoratori stranieri in Croazia. Lo scrivo perché troppo spesso rimaniamo ammutoliti per la vergogna che proviamo quando degli individui commentano la presenza straniera nel proprio Paese, spesso finendo i loro discorsi con parole del tipo: “che se ne tornino a casa loro” o “che cosa sono venuti a fare qui, a rubarci il nostro lavoro?” oppure l’oramai nota “aiutiamoli a casa loro”.

Movimenti migratori
Uscendo da questo momento di descrizione della mediocrità del pensiero che violentemente si fa strada intorno a noi, cerchiamo di spiegare brevemente il perché dei movimenti migratori che invece di cessare, aumentano a dismisura e danno fastidio alle “popolazioni native”.
Don Luigi Ciotti descrive le migrazioni del nostro tempo come “deportazioni indotte”. Per amore della verità, dobbiamo ammettere che i movimenti migratori sono presenti nella storia umana da sempre. Spesso e volentieri ce ne dimentichiamo. Molti dei nostri antenati furono dei migranti che arrivarono nei tempi remoti sul continente europeo, occupandolo e imponendosi alle popolazioni già presenti. Si sono imposti a loro creando degli imperi per poi vederseli disintegrare e reintegrare in altre forme. I loro discendenti hanno continuato a comportarsi nello stesso modo, uscendo dal Vecchio continente e scoprendo mondi nuovi, anche se già esistenti, con le loro culture e civiltà. Appropriandosi delle ricchezze di coloro che non seppero difendersi, lo stesso mondo, poi definendosi occidentale, crebbe continuando sempre con gli stessi sfruttamenti, il classico colonialismo di rapina, il colonialismo economico che sottrae ricchezze e materie prime ai Paesi poveri e ne blocca ogni possibilità di sviluppo con la complicità delle élites locali corrotte. Ecco, questo stesso mondo occidentale viene proposto come mondo ideale, una sorta di “terra promessa”.
Sarebbero volentieri rimasti “a casa loro” i nostri fratelli e le nostre sorelle, se non fossero stati spinti dalle conseguenze che nei loro Paesi produce il cosiddetto progresso occidentale.
Ricorro di nuovo alle sante parole di un grande uomo dei nostri giorni, don Luigi Ciotti. Lui ci richiama al dovere di concorrere alla realizzazione di una guistizia globale nella quale tutti, e tra gli altri, i Paesi di maggiore emigrazione, siano liberi da guerre, siccità, fame e oppressione, quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario della comunità internazionale.
Riprendendo il discorso della risposta autentica, nata in una di quelle terre colonializzate, rapinate, distrutte per poter essere meglio sfruttate, spostiamo questa narrazione un po’ più a sud, sul territorio del “gigante africano”.

Azioni volte al futuro
Leggiamo cosa ci propone l’autore del progetto Caring Hearts, nella sua parte introduttiva, in cui cerca di spiegare la situazione nel proprio Paese, senza menzionarne le cause, perché diretto col pensiero e con le proprie azioni solo verso il futuro.
”Nel corso degli anni, alla maggior parte dei bambini della Nigeria è stata negato l’accesso a una solida istruzione di base. Ciò è dovuto al fatto che la maggior parte delle scuole statali sono in uno stato di degrado privo delle strutture e degli strumenti necessari per l’apprendimento ottimale, mentre alle poche scuole medie private, l’accesso è possibile solo tramite tasse oltraggiose con ogni sorta di spese varie, che sono astronomicamente superiori ai mezzi di cui dispongono le famiglie.
Questa perenne tendenza negativa ha costretto generazioni di bambini indigenti a uscire dalla scuola e le conseguenze sono evidenti nel grande esercito di giovani non istruiti, non qualificati e disoccupati che oggi vagano per le strade dello Stato, senza meta. Questo spiegherebbe l’alto tasso di disoccupazione, i crimini e la decadenza morale, così come il fatto che la maggior parte di loro ha fatto ricorso a furti, rapine, rapimenti, truffe via Internet e prostituzione, per poter sopravvivere. Allo stesso modo, su base settimanale, centinaia di questi ragazzi e giovani senza scuola e disoccupati si immettono sulla strada della migrazione illegale verso l’Europa attraverso la pericolosa rotta del deserto libico e del Mar Mediterraneo. L’afflusso incessante di immigrati clandestini verso l’Italia e verso altri Paesi europei è divenuto una fonte di enorme preoccupazione per l’Unione europea e i Paesi membri, in particolare il Bel Paese, che rappresenta il primo scalo tra i porti, da sempre il rifugio sicuro degli immigrati clandestini.
Riteniamo che il modo migliore per affrontare l’esodo degli immigrati clandestini dalla Nigeria verso l’Europa sia quello di affrontare la minaccia alla stessa fonte e alle radici del problema. Quanto precede spiega appropriatamente perché è stato avviato il progetto Caring Hearts.

Un centro scolastico accessibile a tutti
Il fulcro del progetto è il centro scolastico che comprende l’asilo nido, la scuola materna, la scuola primaria e quella secondaria. È stata pensata all’inizio come scuola diurna con l’intenzione di farla diventare convitto non appena saranno disponibili le risorse necessarie. Gli obiettivi legati alla futura frequentazione della scuola sono indirizzati a bambini di famiglie povere e indigenti che non possono permettersi le spese esorbitanti delle poche scuole private standardizzate dello Stato. L’obiettivo principale è quello di fornire il più alto livello di un’istruzione agli studenti indigenti, ai costi più bassi per il maggior numero di persone. La scuola sarà aperta a tutti i bambini indigenti provenienti da ogni parte dello Stato, a prescindere dalla religione o dalla tribù, così da soddisfare i criteri minimi per l’ammissione.
La scuola è accessibile a tutti. Viene finanziata tramite donazioni volontarie di privati, organizzazioni di beneficenza e sponsor pubblici.
Una parte degli obiettivi a lungo termine della scuola è aiutare l’Italia e gli altri Paesi europei a far fronte al deficit di personale professionale e manodopera a basso reddito. A tal fine, la scuola offre l’opportunità alle imprese italiane ed europee interessate di patrocinare bambini indigenti e intelligenti nel centro scolastico e/o professionale. All’ottenimento del diploma di maturità, gli studenti sono obbligatoriamente tenuti a lavorare nell’organizzazione dello sponsor per un numero d’anni concordato. In questo modo, le aziende europee troveranno molto più facile reclutare manodopera a basso costo dalla Nigeria con la giusta combinazione di abilità e conoscenze necessarie per lavorare in Europa onde evitare inutili tensioni e timori legati a errori di inserimento lavorativo. Per rafforzare ulteriormente questa possibilità, gli studenti beneficiari sono tenuti a studiare la lingua italiana come materia obbligatoria. Per essere chiari, un memorandum d’intesa sarà firmato dalla scuola, dallo sponsor e dai genitori/tutori degli studenti. Analogamente, la scuola si avvarrà di servizi degli insegnanti e tutori europei provenienti dall’Italia, dalla Croazia e da altri Paesi dell’Ue per insegnare sia nella scuola elementare che nel centro professionale. Tutti questi sforzi, messi insieme, contribuirebbero a ridurre la pressione dell’interminabile diluvio di immigrati clandestini dall’Africa verso l’Europa con conseguenze socio-economiche gravi sulle risorse governative. Il progetto renderebbe possibile un percorso e un collegamento legittimo a coloro che desiderano recarsi all’estero per lavoro o per ulteriori studi. Contribuirebbe a cancellare la mentalità errata e fallace tra la maggioranza dei giovani che tendono a insinuare che il modo più rapido per migrare verso l’Europa sia attraverso la migrazione illegale percorrendo il deserto e il mare profondo”.
Lo stesso progetto non ha trovato risposte nell’ambiente locale perché mancante di mezzi e opportunità. L’autore stesso è uno dei tanti che cerca di migliorare la situazione personale lavorando all’estero, legalmente. Questo gli ha permesso di incontrare persone tra cui alcune hanno avuto il coraggio di puntare il dito verso sé stesse, dando il via all’iniziativa che oggi vede la propria realizzazione nella costruzione di un centro scolastico, nella città di Benin City, e che porta un nome simbolico – Accademia della Luce Vivente –, di cui si è già parlato in questa sede.

Una risposta autentica
Riassumendo tutto quanto detto sopra, troviamo il progetto come risposta autentica che è partita dalla fonte del problema della migrazione – locale e globale – trovando alleati con cui, tra enormi difficoltà nell’essere riconosciuta e supportata dal mondo occidentale, continua a realizzarsi, nonostante i pochi mezzi di cui dispone.
Avere il coraggio di puntare il dito verso noi stessi, avere la consapevolezza che noi stessi siamo altamente responsabili di tutto ciò che succede nel mondo quando ci rifiutiamo di vedere le disgrazie altrui e quando volgiamo comodamente il nostro sguardo dall’altra parte, mentendo a noi stessi che non abbiamo niente a che fare con quegli “sconosciuti poveracci stranieri che sono venuti a rubarci l’esistenza”.
La verità sta nel fatto che l’essenza dell’esistenza ce la stiamo rubando da soli, negando a noi stessi l’occasione di accogliere nei nostri cuori quella che viene definita come la più grande tra le virtù teologali e quindi anche nostra, umana, cristiana: la carità, l’amore.
Abbiamo ancora tempo per decidere da che parte stare. Insieme alla voglia di cambiare. Bisogna avere coraggio e dichiararsi chiaramente. Come lo hanno fatto gli abitanti delle città di Ninive e quelli di Sodoma e Gomorra. O se volete, ripeto le parole del prof. Recalcati: vogliamo assumerci le conseguenze dei nostri atti o vogliamo continuare a giocare con la vita come se fosse una Playstation?

Vegetazione nigeriana
Gli interni della costruenda scuola

A lezione con Mirta Tomas

Il cielo in Nigeria
Cerimonia scolastica
Scorci di vita quotidiana

*docente del Dipartimento di Studi Italiani dell’Università di Zara

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