Referendum elettorale: firme sufficienti

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Referendum elettorale: firme sufficienti

ZAGABRIA | “Abbiamo le firme per il referendum” è l’annuncio che l’Iniziativa “Il popolo decide” ha pubblicato mercoledì sulla propria pagina Facebook. La raccolta delle sottoscrizioni si è svolta dal 13 al 27 maggio; per poter giungere all’indizione della consultazione serviva l’appoggio del 10 per cento dell’elettorato, ovvero 374.740 firme.

Ieri Zvonimir Troskot, rappresentante dell’iniziativa, ha reso noto il numero esatto di sottoscrizioni raccolte per ogni quesito referendario. A favore del primo quesito (concernente le regole generali del sistema elettorale, la soglia parlamentare e simili) hanno apposto la propria firma ben 397.024 cittadini, mentre a supportare il secondo quesito (“Volete che nella Costituzione si aggiunga un articolo con cui permettere ai deputati delle minoranze di avere voce in capitolo su tutte le questioni inerenti al Sabor, eccezion fatta per la fiducia al governo e l’approvazione del Bilancio?”) sono stati in 390.189.
Lo spettro del referendum sulle modifiche al sistema elettorale, con annessa riduzione del numero e delle prerogative dei deputati delle minoranze nazionali, ora aleggia realmente sulla Croazia. L’iniziativa civica “Il popolo decide” canta vittoria e sostiene, come rilevato, di essere riuscita a raccogliere in tempo utile un numero di firme sufficienti per giungere all’indizione della consultazione con cui vuole dare una spallata all’attuale sistema partitico, ma soprattutto colpire i diritti acquisiti delle Comunità nazionali in materia di rappresentanza parlamentare. Il primo quesito, ovvero la proposta di modifica
della Costituzione che si prefigge di ridisegnare le circoscrizioni e le regole elettorali ha ottenuto oltre 397mila firme. Poco meno, ovvero più di 390mila sottoscrizioni ha ricevuto il secondo quesito, quello teso a impedire ai deputati delle etnie di votare la Finanziaria e la fiducia al governo. Affinché un referendum sia indetto bastano poco meno di 365mila firme. Appare invece in bilico, se non fallita, la seconda raccolta di sottoscrizione, quella per l’abrogazione della Convenzione di Istanbul sulla lotta alla violenza contro le donne.

Plenković: no al referendum

Ma i riflettori sono puntati a Zagabria soprattutto sul referendum elettorale. Il premier Andrej Plenković ha bocciato ieri senza appello l’inziativa referendaria definendola irresponsabile e ha ribadito che ora è necessario verificare se le firme siano state raccolte in maniera adeguata e se i quesiti siano conformi alla Costituzione. Il primo ministro ha ribadito di essere stato fin dall’inizio dell’opinione che ogni intervento mirato a colpire i diritti delle minoranze sia incostituzionale, alla luce dei diritti acquisiti. “Quale presidente del governo e dell’HDZ considero assolutamente inaccettabile – e l’opinione pubblica deve saperlo – ridurre in tal modo i diritti dei deputati”, ha rilevato il premier, che ha definito la riduzione dei diritti delle minoranze un enorme passo indietro per la democrazia croata. In questo contesto ha ricordato che “i conseguimenti nel campo dei diritti minoritari risalgomo all’epoca del primo presidente croato Franjo Tuđman”. Andrej Plenković ha dichiarato infine di aver voluto intervenire prima pubblicamente sull’argomento per non interferire nel procedimento di raccolta delle sottoscrizioni.
Tutto lascia ritenere a questo punto che l’incartamento finirà in mano ai giudici costituzionali. Il presidente del Gruppo parlamentare del Partito popolare, Milorad Batinić, ha già annunciato che il suo schieramento chiederà la valutazione della costituzionalità dell’iniziativa referendaria sulla modifica del sistema elettorale, L’esponente dell’HNS ha condannato sia le iniziative per ridurre i diritti delle etnie sia quelle per colpire i diritti delle donne.
Prima la verifica
Il presidente del Sabor, Gordan Jandroković, ha rilevato che per prima cosa le firme dovranno essere inviate al vaglio del governo, ovvero del ministero dell’Amministrazione, per verificare la loro autenticità. “Se saranno autentiche e in numero sufficiente, probabilmente andremo verso il referendum”, ha sostenuto Jandroković. Alla domanda se intenda richiedere la verifica della costituzionalità del secondo quesito del referendum, ha risposto: “Soltanto quando avrò ricevuto le firme e alla fine del procedimento di verifica, potremo decideremo su come procedere”.
Il ministro dell’Amministrazione, Lovro Kuščević, è del parere che “il referendum sia uno strumento troppo delicato per discutere di diritti umani, diritti delle minoranze, impegni internazionali. Questi sono argomenti che devono essere ben ponderati”.

Messaggio alle élite

Božo Petrov, leader del Most, ha affermato che “evidentemente l’iniziativa referendaria per il cambiamento del sistema elettorale ha incontrato un ampio appoggio da parte dei cittadini. Questo è anche un chiaro messaggio che l’elettorato ha inviato agli oligarchi politici al governo”.

La raccolta continua?

Arsen Bauk, presidente del gruppo parlamentare dell’SDP, ha rilevato che “il termine ultimo per la raccolta delle firme è scaduto domenica 27. Chi ci garantisce che non sia ancora in corso?”, aggiungendo che non è ancora iniziato il dialogo con l’HDZ sulla proposta socialdemocratica di modifiche costituzionali per regolamentare finalemente le iniziative referendarie. “Non ci sono trattative, ma è in corso la procedura parlamentare. Ci attendiamo che in tempi brevi la tematica venga discussa nell’ambito della Commissione parlamentare per la Costituzione. Ci aspettiamo anche delle proposte concrete”. L’SDP propone che servano 200mila firme per indire un referendum, i cui quesiti però non possano riguardare la limitazione o la riduzione dei diritti umani, gli obblighi derivanti da accordi internazionali, l’approvazione del Bilancio e il sistema fiscale.

Denunce costituzionali

L’iniziativa Il popolo decide ha annunciato di aver avviato denunce costituzionali contro le Città di Fiume e di Samobor, “perché hanno impedito ai cittadini di realizzare il proprio diritto costituzionale di esprimersi sui quesiti del referendum”.

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