«I consulenti restituiscano il denaro» L’opposizione: «Un altro caso Sanader»

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«I consulenti restituiscano il denaro» L’opposizione: «Un altro caso Sanader»

ZAGABRIA | Lo scandalo Hotmail si è arricchito di ulteriori elementi. Stando alle nuove e-mail rese ieri di dominio pubblico dal portale Index.hr, risulterebbe che il primo ministro, Andrej Plenković, fosse al corrente del carteggio condotto tra l’ormai ex vicepremier e ministro dell’Economia, Martina Dalić, e i componenti del cosiddetto gruppo Borg. Una cerchia di uomini d’affari nella quale sarebbe stato incluso tra gli altri Ante Ramljak, il banchiere dalmata divenuto poi commissario straordinario dell’Agrokor e dimessosi dall’incarico (passato al manager istriano Fabris Peruško) a causa dello scandalo legato alle provvigioni pagate ai consulenti coinvolti nel processo di risanamento della società fondata da Ivica Todorić.

Uno scambio di messaggi di posta elettronica risalente ai tempi della stesura della Legge sulla procedura di amministrazione straordinaria nelle società di importanza sistemica per la Repubblica di Croazia, meglio conosciuta come Lex Agrokor, avvenuto tra la Dalić e il gruppo di avvocati e consulenti. Una compagine di esperti ingaggiati successivamente nel processo di ristrutturazione della multinazionale zagabrese subissata dai debiti e il cui tracollo rischiava di affossare l’economia croata. Incarichi che hanno consentito a costoro d’intascare ricompense valutate complessivamente attorno al mezzo miliardo di kune.

Al corrente di tutto?

Lo scandalo, portato alla luce la scorsa settimana dal portale Index.hr, ha costretto lunedì scorso Martina Dalić a rassegnare le dimissioni dagli incarichi in seno all’Esecutivo. Sull’intera vicenda indagano l’USKOK, la polizia e persino l’Agenzia per la sicurezza e l’intelligence (SOA), ossia i servizi segreti civili croati.
Stando a quanto emerso dalle ultime e-mail trapelate, Plenković non avrebbe mentito nell’affermare di non aver partecipato allo scambio epistolare. Tuttavia, risulterebbe che il capo del governo fosse al corrente dell’esistenza del gruppo Borg. Non solo, pare che il premier si sia incontrato con le persone in questione in almeno tre occasioni. A una parte delle riunioni avrebbe partecipato (o perlomeno ne sarebbe stata caldeggiata la partecipazione) pure il ministro delle Finanze, Zdravko Marić (ex manager dell’Agrokor). Plenković sarebbe stato al corrente pure dell’intenzione del gruppo Borg di non fatturare i suoi servigi al governo, bensì all’Agrokor. Inoltre, poche ore prima dell’approvazione della cosiddetta Lex Agrokor da parte del governo, la bozza della medesima sarebbe stata inviata da Branimir Bricelj (Altere Corporate Finance), una persona senza nessun incarico istituzionale, alla casella di posta elettronica ufficiale di Dubravka Vlašić Pleše, consulente del governo per gli affari legali.

Integrità e onestà

Da Sofia, dove ha partecipato al Vertice UE-Balcani occidentali, Plenković ha respinto le accuse mosse nei suoi confronti. Ha anche stigmatizzato i rimproveri rivoltigli dall’opposizione. È stato duro in particolare con il Most, che all’epoca dello scoppio della crisi dell’Agrokor era ancora partner di maggioranza dell’HDZ. “Ho basato l’intera mia carriera e vita politica sull’integrità, sull’onestà e sul ripudio della corruzione”, ha dichiarato il capo del governo. Ha sottolineato che la Lex Agrokor è stata giudicata conforme ai dettami della Costituzione dai giudici della Corte costituzionali. Non solo, ha ricordato che questa settimana la medesima è stata integrata pure nell’acquis communautaire. “Una conferma a livello internazionale della sua qualità”, ha notato il premier. “Probabilmente – ha puntualizzato –, non si tratta di una misura ideale in ogni sua parte. Se avessimo avuto più tempo, di sicuro sarebbe risultata migliore”.

Restituire i soldi

Ha ribadito di non essere mai stato interpellato né informato in relazione alla scelta dei subappaltatori ossia dei consulenti ingaggiati dall’amministrazione straordinaria dell’Agrokor. “La scelta dei subappaltatori è avvenuta in modo problematico”, ha giudicato Plenković, sollecitando le persone in questione a restituire all’Agrokor i compensi intascati.
Le spiegazioni fornite dal Plenković non hanno soddisfatto i leader dell’opposizione. Il presidente dell’SDP, Davor Bernardić, ha affermato che il premier non solo era informato dell’esistenza e dei piani del gruppo Borg, bensì che ne era il capo. “Questa è definitivamente la fine del capo del governo formato dall’HDZ e dall’HNS. Invito il premier porre fine a questa agonia. Sollecito l’indizione di nuove elezioni. La Croazia non può rimanere ostaggio di una persona”, ha detto il leader socialdemocratico Davor Bernardić, che ha escluso categoricamente che in seguito al voto l’SDP possa coalizzare con l’HDZ. Anche il deputato istriano Peđa Grbin (SDP), si è detto convinto che Plenković non poteva non sapere cosa stesse succedendo.

«Associazione per delinquere»

“Sapeva e non ha fatto nulla”, ha osservato Grbin, che ha paragonato le persone invischiate nella vicenda a un’associazione per delinquere. Una linea di pensiero, quest’ultima, condivisa in buona misura anche dalla Barriera umana. Difatti, nei giorni scorsi il partito presieduto da Ivan Vilibor Sinčić ha provveduto a sporgere una formale denuncia nei confronti di Andrej Plenković, Martina Dalić, Zdravko Marić e Ante Ramljak per i presunti illeciti avvenuti attorno all’Agrokor. “Dalle e-mail pubblicate emerge che Plenković è un novello (Ivo) Sanader”, ha denunciato Sinčić. “Ci hanno mentito per un anno hanno tentato di nascondere e insabbiare quanto accaduto. Hanno tentato di far finta di niente, insultando l’intelligenza dei cittadini”. Ha sollecitato il Presidente della Repubblica, Kolinda Grabar-Kitarović, a monitorare il lavoro delle istituzioni. “So che per lei non sarà facile. Si tratta del suo governo, Plenković è un suo collega di partito. Tuttavia, deve anteporre gli interessi della nazione a quelli privati”, ha concluso Sinčić.

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