Caduti ignoti. Un faro di speranza

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Caduti ignoti. Un faro di speranza

di Marin Rogić Foto Goran Žiković
UDINE | Grande commozione e anche qualche lacrima sabato al Tempio Ossario di Udine in occasione della celebrazione degli Onori solenni e della tumulazione dei sette caduti italiani i cui resti sono stati rinvenuti di recente nel bosco di Castua, a pochi chilometri da Fiume. Tante le autorità presenti, tra i quali citiamo i rappresentanti della Regione Friuli Venezia Giulia e del suo Consiglio regionale, quelli del Comune di Udine, della Prefettura, Questura, ma anche parlamentari e ovviamente gli esponenti del corpo militare italiano. Il picchetto d’onore e la resa degli onori ai caduti, sono stati eseguiti dalla compagnia interforze composta da Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Guardia di Finanza e dalla Brigata alpina Julia. Poco prima dell’inizio della cerimonia religiosa, celebrata dal cappellano militare don Albino affiancato dal parroco del Tempio don Carlos, il segretario della Società di Studi Fiumani, Marino Micich, ci ha dichiarato: “Oggi è una giornata molto importante che fa seguito alla messa tenuta a Castua il 15 settembre scorso. Verranno tumulate le 7 urne dei nostri connazionali tra cui stimiamo, grazie anche le testimonianze apparse nel libro di Amleto Ballarini e di chi ha visto l’evento, la presenza del senatore Riccardo Gigante”. Micich ha tenuto a ringraziare le autorità governative italiane e croate “per avere portato a termine questa riesumazione con i più alti onori che giustamente queste vittime della guerra e del dopoguerra meritano, anche per quanto riguarda un discorso di pace e collaborazione tra i popoli”.

«L’ultimo grande innamorato di Fiume»

Particolarmente significativa la partecipazione alla Messa della famiglia Gigante, con Dino il pronipote del senatore Riccardo Gigante, infoibato nel bosco della Loza, che si è detto molto soddisfatto dell’arrivo dei caduti su suolo italiano. “Era tempo, direi – ci ha dichiarato –, che fosse riconosciuto che Riccardo Gigante, un uomo disarmato, fosse stato barbaramente assassinato. Probabilmente un martire che certamente se l’aspettava, e forse in parte anche volontario perché avrebbe potuto fuggire 10 volte, ma non lo ha mai fatto”. Dino Gigante ha poi voluto ricordare la persona del senatore Riccardo, definendolo “l’ultimo grande innamorato di Fiume”. “Era fatto così, era uno molto deciso, molto determinato, l’ultimo grande innamorato di Fiume se vogliamo. Bisognerebbe pensare a quello che lui ha fatto dopo il ’43. Il suo segretario Gian Proda riportò una dichiarazione, poi ripresa anche da De Poli nel suo libro, in cui disse che comunque finiva la guerra, i fiumani avrebbero perso. Dopo essere stato destituito dai tedeschi ha passato il tempo a fare folclore fiumano. Voleva che rimanesse il popolo, oggi si potrebbe dire che era una personalità che metteva il suo popolo davanti a tutto”, ci ha detto, per poi mettere in chiaro: “Non vuole essere il protagonista di questa giornata. Semplicemente assisterò. Mi voleva bene e io volevo bene a lui. Ero un bambino piccolo quando lo hanno ammazzato, avevo 7 anni. Me lo ricordo come molto simpatico, molto giocattolone”, ha concluso Dino Gigante. Nei prossimi mesi verrà inoltrata la richiesta al Ministero della Difesa per la prova del DNA e da quanto trapelato, dai primi contatti, questa richiesta è stata definita plausibile.

Unire e non dividere

Don Albino nell’omelia ha invitato “a pregare per i nostri connazionali tornati sul suolo italiano”. “Voi siete la parola più bella per i nostri cari che oggi qui ricordiamo, salutiamo e diamo l’ultimo arrivederci cristiano. Grazie di cuore a tutte le autorità civili, militari, politiche, tutte le persone qui convenute che rendono bello e significativo questo momento. Non è la quantità che fa la differenza, ma è la qualità, quindi un grazie di cuore a tutti voi che rendete veramente questo momento, bello, importante e significativo”, ha concluso il cappellano militare. “I caduti ignoti sono un elemento nobilitante dei Sacrari”. È il pensiero espresso dal generale Alessandro Veltri, commissario generale del Commissariato Generale per l’onoranza dei caduti. “Oltre ad avere allora donato la vita, sono ora indispensabile faro di speranza per tutti coloro che non hanno avuto più notizie dei loro congiunti”, ha spiegato. “Siamo qui in rappresentanza di una moltitudine per unire e non per dividere”, ha sottolineato il generale secondo il quale la vasta rappresentanza istituzionale presente, “rappresenta la chiara dimostrazione che il tempo che è passato è servito soltanto per rafforzare determinati sentimenti, non per trascurarli o per eluderli”. “Tale significativa partecipazione è la conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che il tempo trascorre solo per rafforzare il senso di responsabilità e amor patrio, pregio di ogni cittadino italiano”, le parole del generale.

La collaborazione prosegue

Un particolare ringraziamento lo avuto rivolgere anche alle autorità croate, alle autorità diplomatiche italiane in Croazia, “per le autorizzazioni che ci sono state concesse, per la disponibilità manifestata in questo sensibile impegno”. “Oltre a ciò un grazie va alla comunità fiumana – ha sottolineato –, che con tenacia e determinazione ha collaborato per il recupero dei sette caduti che oggi onoriamo, consentendo di dare concreta attuazione a un impegno che per anni è stato nelle priorità del Commissariato. Sono certo che la collaborazione continuerà nell’esclusivo interesse dei caduti e delle loro famiglie”. Veltri ha portato il saluto del ministro italiano della Difesa, di cui il Commissariato generale è diretta emanazione, ringraziandolo “per sempre massima sensibilità con cui interpreta la nostra missione, che oltre a costituire un dovere per la nazione, esprime un sentimento di vissuta vicinanza con le famiglie che hanno sofferto la perdita di un congiunto per gli ideali della Patria”. Un pensiero lo ha rivolto anche alle famiglie dei caduti “che hanno saputo attendere e continuano a farlo con sempre grande dignità e fiducia nella nostra opera”. Chiudiamo ricordando le ultime righe del romanzo autobiografico di Cesare Pavese “La casa in collina” pubblicato nel 1948. “E dei caduti che facciamo? Perché sono morti?. Io non saprei cosa rispondere. Non adesso almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.” A distanza di 60 anni sul perché sono morti ognuno avrà le proprie opinioni, ma alla prima domanda “dei caduti che ne facciamo?”, potremmo rispondere che per questo caso da Castua e Udine, Croazia e Italia, hanno ricevuto gli onori che meritano, onori che si devono a tutte le vittime indipendentemente dai colori d’appartenenza.

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