Alla ricerca di petrolio e gas nell’Adriatico

In base al Piano territoriale della Regione di Spalato e della Dalmazia sono previste perforzioni vicino alle isole di Lissa (Vis), Pelagosa (Palagruža) e Pomo (Jabuka)

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Alla ricerca di petrolio e gas nell’Adriatico

Alla ricerca di petrolio e gas nei paradisi di Lissa (Visa), Pelagosa (Palagruža) e di Pomo (Jabuka). Lo si legge nel disegno di legge del Piano territoriale della Regione di Spalato e Dalmazia, come è stato sottolineato dal sindaco di Vrgorac, Ante Pranić, che ricopre pure gli incarichi di deputato al Sabor della Lista indipendente dei giovani e di consigliere dell’Assemblea regionale.
“Concretamente, sono stabilite nuove zone di ricerca o parti di aree di ricerca, che possono essere determinate come zone di perforazioni nel caso l’area di ricerca dovesse soddisfare le norme prescritte. In parole povere, quando suddetto permetterà che le piattaforme per le ricerche vengano sistemate nelle splendide acque attorno a Lissa e Pelagosa. Mi chiedo se è proprio questa la politica economica alla quale puntiamo?”, ha dichiarato Pranić.
Secondo Pranić la proposta di legge, nel caso venisse approvata, “rappresenterebbe un assurdissimo insulto alla ragione”, poiché andrebbe a minacciare alcune delle più belle aree protette dell’Adriatico, causerebbe la morte dell’industria della pesca, e “molto probabilmente bisognerebbe dire addio anche al turismo”. Secondo il deputato dalmata, l’articolo di legge che prevede la possibilità di perforazioni è stata inserita su input dall’alto, ossia da Zagabria. “Durante l’Assemblea regionale mi è stato risposto che l’articolo in oggetto è stato imposto dalle autorità statali – ha spiegato Pranić –. Questa risposta mi è stata data dal direttore dell’Istituto pubblico per l’assetto territoriale regionale, Niko Mrčić, poiché il presidente della Regione non ha ritenuto opportuno rispondermi. La stessa domanda l’ho posta anche in aula parlamentare, ma anche in questo non ho ricevuto alcuna spiegazione”.
Va ricordato che il Piano in questione coinvolge la Fossa di Pomo (Jabuka), che è uno dei bacini più importanti per l’economia della pesca dell’Adriatico. In questo tratto di mare che raggiunge i 250 metri di profondità tra acque italiane, internazionali e croate, si trovano le aree di riproduzione di specie ittiche pregiate quali scampi e naselli. Ma è importante anche per tutelare diverse specie di molluschi e crostacei quali rane pescatrici, merluzzetti e moscardini. Per tutelare questo prezioso habitat, nel 1998 fu istituita una zona di tutela biologica con divieto di pesca a strascico e altri tipi di pesca distruttivi. Successivamente la Fossa di Pomo è stata riaperta nel 2003 per poi essere chiusa nuovamente nel 2009. Due anni dopo, siamo al 2011, è stata bloccata solo la pesca a strascico. Mentre gli ambientalisti hanno chiesto almeno tre anni di chiusura completa per permettere il ripopolamento delle specie ittiche, l’area (una porzione di mare extraterritoriale di circa 2500 chilometri quadrati) è stata chiusa nel 2015 e poi riaperta nell’ottobre scorso dopo un anno di fermo biologico per i pescatori croati e italiani che utilizzano i sistemi a traino.
“Oggi siamo testimoni della cementificazione illegale della fascia costiera e della scomparsa di aree verdi nelle zone urbane sulla costa, però se la proposta dovesse passare, consentirebbe la realizzazione di progetti energetici che minaccerebbero la sicurezza dell’Adriatico”, ha ribadito Pranić. La maggior parte del bilancio statale “dipende dal mare e dal turismo” e il piano in oggetto “sarebbe un pugno allo stomaco non solo per l’ambiente, ma anche per l’Erario”. Quindi, conclude Pranić “sarebbe opportuno che nel 2020 ci dedicassimo maggiormente alle fonti rinnovabili”.

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