Satira e buonsenso con l’imperatore in scena

La produzione è stata realizzata in collaborazione col Teatro dei burattini di Maribor e si inserisce nell’indirizzo programmatico «La casa dell’infanzia» di Fiume CEC 2020

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Satira e buonsenso con l’imperatore in scena

L’indirizzo programmatico Casa dell’infanzia di Fiume CEC 2020, seppure con un po’ ritardo a causa della pandemia, ha portato un nuovo spettacolo al Teatro dei burattini di Fiume. Dopo il grande successo di “La casetta felice”, a partire da questa settimana il pubblico potrà godersi “I vestiti nuovi dell’imperatore”, realizzato in collaborazione col Teatro dei burattini di Maribor. Il classico di Hans Christian Andersen va in scena ogni giorno alle ore 18 e alle 20 per la gioia dei piccini ma, in questo caso, anche dei loro accompagnatori.

 

La rivisitazione della popolare fiaba danese, infatti, è stata fatta attraverso il prisma della satira politica nella quale si riconosceranno maggiormente gli adulti, anche se lo spettacolo possiede una dimensione ludica che mira ai bimbi. La storia è molto semplice, due bambini si ritrovano in una fabbrica tessile abbandonata e iniziano prima a parlare e poi a giocare. La mamma del primo una volta lavorava in quella fabbrica, mentre il padre del secondo sta cercando lavoro. I piccoli sono tristi perché i loro genitori sono disoccupati e non possono permettersi le vacanze al mare. Il tema del capitalismo spietato e della globalizzazione fa la sua comparsa già nelle prime battute, quando uno dei ragazzini spiega all’altro che in Asia esistono fabbriche in cui lavorano bimbi proprio come loro e che l’imperatore acquista gli abiti che si producono lì perché costano di meno. In questo modo i piccoli sono costretti a lavorare invece di andare a scuola e a giocare, mentre nel contempo i loro genitori sono disoccupati. Nikola e Marko (Uroš Kaurin e Tilen Kožamelj), questi i nomi dei personaggi in scena, vorrebbero visitare l’Asia: ma che senso avrebbe se lì non c’è nessuno con chi giocare?

Stilisti italiani «insaziabili»
Dopo essersi raccontati le vicende delle loro famiglie i bambini iniziano a giocare tra gli abiti, a tendere i fili tra i sostegni del magazzino, a sforbiciare per aria creando “abiti” da far indossare ai rocchetti di filo trovati per terra. Una tavola da stiro rappresenta la scena in cui il rocchetto principale, nei panni dell’imperatore, incontra i sudditi per ascoltare – o meglio ignorare – le loro lamentele. I due bambini che inscenano lo spettacolo nello spettacolo usano un cellulare per giocare, per fare dei video e per mostrare al pubblico l’imperatore da vicino. Il telefonino è collegato, infatti, a un proiettore che fa vedere su un grande panno, ciò che avviene sulla tavola da stiro. L’utilizzo delle nuove tecnologie ha dato sicuramente una ventata di freschezza a questo classico, facendoci vedere da vicino l’imperatore, non come un uomo grande e potente, ma come una persona in carne e ossa dalla quale non vogliamo dipendere.

I bimbi in videochiamata col consigliere del sovrano

I bambini decidono di rivolgersi al pupazzo dell’imperatore facendosi passare per stilisti italiani d’alta moda e promettendo, proprio come nel classico, di realizzare uno splendido abito che potranno vedere solo coloro che svolgono bene il proprio lavoro e sono membri responsabili della società. Invece di fabbricare il vestito i bambini giocano sulla scena, arrivando persino a organizzare una sfilata di moda e a ballare sotto una palla da discoteca, chiedendo contemporaneamente sempre più denaro ai consiglieri dell’imperatore, che li contattano in videochiamata. Il prezzo da pagare per questo sontuoso abito senza precedenti è talmente alto che il “povero” imperatore è costretto a chiedere offerte al popolo, a quegli stessi sudditi che ha ridotto sul lastrico chiudendo i loro posti di lavoro.

La voce dell’innocenza e della verità
Sempre seguendo la trama originale, l’imperatore rimane nudo, convinto di avere addosso un abito realizzato con una stoffa preziosa proveniente da sotto i sassi del fiume Nilo e che tutti non fanno altro che lodare. L’unico a dire la verità è un bambino, che rivela non soltanto la nudità del sovrano, ma la sua stoltezza nell’essersi fatto imbrogliare. La conclusione dello spettacolo è stata un po’ inusuale, ma si è inserita bene nel discorso legato all’industria tessile, una volta molto sviluppata a Maribor e ora pressoché inesistente. Il popolo propone di togliere la corona all’imperatore per darla a qualcuno che ne sia più meritevole. Dopo un brevissimo dibattito si sente un’altra proposta: perché dover scegliere per forza un imperatore? Non si starebbe meglio senza dover per forza essere governati da qualcuno?
Gli stilisti italiani che hanno imbrogliato il sovrano spartiscono le proprie ricchezze con gli altri, trattenendo la cifra necessaria per andare, finalmente, al mare. Il popolo costruisce nuove fabbriche che questa volta sono autogestite e anche i bambini asiatici si liberano finalmente dal giogo del lavoro forzato. Questa conclusione di stampo socialista, per quanto possa essere controversa, ha risuonato con i desideri dei bambini in platea: stare con i propri genitori, andare in vacanza con loro e non dover lavorare.

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