SECONDO ME Chiamate Dustin Hoffman

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SECONDO ME Chiamate Dustin Hoffman

Ne ho sentite talmente tante che mi sembra di avere in testa un vespaio. Considerazioni più o meno in mutande. Quelle del costume da bagno. Pensieri raccolti nuotando o pigramente stesa all’ombra; questo sole picchia troppo forte e poi con ‘sta croce del coronavirus chissenefrega dell’abbronzatura. Avrei bisogno di un boccone, anche minimo, di tempo in cui nessuno pronunci la parola coronavirus o Covid che sia. Pietà! Sono quasi sei mesi che ormai non si fa che parlare, ossessivamente, di questa piaga.
C’è, sul telo da spiaggia, un tizio incavolato con il cellulare appiccicato all’orecchio che parla con qualcuno a casa, in Italy, presumo: “Adesso me lo dicono di tornare e di fare il tampone?! Adesso che me ne sto in spiaggia a godermi dieci giorni di ferie, l’unica cosa che mi ha aiutato a non impazzire! Cosa faccio? Sì, vabbè, il tampone. Tempo 24 ore ho il risultato, ma quanto devo aspettare il prelievo dello striscio? Magari una settimana! E il lavoro? Come la mettiamo con Germania e Francia che hanno più casi della Croazia? Passo per Monaco per tornare a casa?” Dall’altra parte, presumo qualcuno darà ragione a questo turista mancato, lì lì per piangere per questa beffa. Ognuno ha diritto il salvaguardare la salute, mi dico, pensando alle misure volute dall’Italia. Un mezzo muretto contenitivo per evitare che in casa entri il Covid e, probabilmente che da casa escano turisti ed euro (perbacco, siamo a Ferragosto!).
“Mai avrei detto che il passaporto croato fosse più importante di quello canadese”, dice ad alta voce un tizio due teli da spiaggia più in là, alla sinistra. E scopro che se è entrato in Croazia (dalla Bosnia), è grazie alla moglie, cittadina croata. Le deve volere un gran bene, questi giorni.
“Il Covid è un progetto, te lo giuro. Pensaci: è successo con l’embargo Usa alla Cina, che più di tanto non aveva avuto effetto; ha colpito le aree più industrializzate del mondo: guarda che fascia ha preso. Stanno preparando un nuovo ordinamento mondiale. In ginocchio l’economia di quasi tutti i Paesi, emergeranno Cina e India. Mi dirai tra un paio d’anni se non ho avuto ragione”. Risponde l’interlocutore: “No, credo che il Regno Unito abbia rifilato il virus alla Cina e Pechino ha rimandato agli Usa. Guarda su youtube l’apertura delle Olimpiadi del 2012: vedrai infermieri e dottori in camice, il virus nel centro… “. Il vento, debole debole, mi porta queste riflessioni da due asciugamani imprecisati e dirimpettai in direzione sud-est.
Oh, gentili signori! Guardate che mare! Nuotate, levatevi la stanchezza di dosso con una bella nuotata. Parlate di calcio. del governo, più o meno ladro che piova o meno… ma, please, ve lo chiedo a mani giunte: basta con il Covid. Basta. Dicono che a settembre sarà una sorta di Armageddon, che i numeri saranno terribili, che si vivrà con la museruola non solo negli spazi chiusi ma anche all’aperto. Allora sì che quello che mi ostino a definire distanziamento fisico diventerà distanziamento sociale e ci trasformerà in esseri asociali, inselvatichiti, che è contro la natura umana. Allora sì che saremo non solo controllabili, ma anche controllati. Lo so che per certi versi lo siamo già; ma lasciatemi almeno l’illusione. Ecco. È andata a farsi benedire; sciolta all’impietoso sole agostano, affondata nel blu dell’Adriatico.
Da noi, sono quasi sei mesi di Covid, tra paura, affanni, lockdown, licenziamenti, incertezze, arresti domiciliari senza avere commesso reato o delitto alcuno, riprogrammazione della vita. Non da ultimo una fievole speranza (ma quando si affonda ci si aggrappa anche ai rasoi) che tutto sarebbe finito con il caldo. Eventualmente ci sarebbe stata una seconda ondata, ma, parola di esperti, allora ne sapremo di più. Lo dico? Con il caldo, in quanto a numeri stiamo peggio. Salva il fatto che si esce di casa e ci si ristora l’anima e il corpo in spiaggia. Intanto avevano detto che forse una seconda ondata non ci sarebbe stata. Evviva! Cioè, no: non ci sarebbe stata una seconda ondata perché la prima sarebbe diventata perenne. Ohi ohi.
Non mi arrabbio. Come ho detto, fa caldo. Eppoi, servisse a qualcosa, farei anche lo sforzo di arrabbiarmi, ma siccome non cambia nulla, me ne sto tranquilla con i miei perché.
Mi chiedo, come mai a marzo, quando i casi di Covid saranno stati una decina, ci siamo blindati in casa, su ferma richiesta dei Comandi di crisi e quando a luglio si saliva a 30-40-80 bastava lavarsi le mani a girare con il metro fisso a 150 cm per le dovute distanze? E la situazione era sotto controllo? Come mai, a marzo isolamento voleva dire sevibecchiamofuorisonoguai però gli “isolati”, con museruola, un po’ più tardi potevano andare a votare?
Dustin Hoffman. Ci vorrebbe Dustin Hoffman. No, non è un colpo di sole. Ricordate Outbreak? Sì, dai, Virus letale; quel film nel quale recita nel ruolo del medico militare che deve per forza trovare l’antidoto al virus portato tra gli umani da una scimmia? Deve farlo un po’ perché sennò che film è, un po’ perché l’umanità ha sempre avuto bisogno di eroi e di speranza, ma soprattutto perché ne è stato contagiato il suo grande amore, la bella e insuperabile Rene Russo. Ce la farà, naturalmente, rischiando di morire davanti a un plotone d’esecuzione per insubordinazione prima ancora di venire contagiato. All’ultimo minuto. Ho detto minuto? No, era questione di secondi. Il film è del 1995, diretto da Wolfgang Petersen (sceneggiatura di Laurence Dworet e Robert Roy Pool). Era andata che il Nostro era stato mandato in Africa per indagare su un virus devastante, il Motaba. Era ritornato convinto del pericolo di un’epidemia anche negli Usa, ma nessuno gli aveva dato ascolto Fino a quando in una cittadina californiana compaiono le prime e numerose vittime e si scopre che i militari avevano tenuto nascosto il vaccino per continuare la sperimentazione di armi batteriologiche. E se l’Africa fosse Wuhan e se… QUALCUNO MI DIA IL NUMERO DI DUSTIN HOFFMAN!!!

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