INSEGNANDO S’IMPARA L’eredità irlandese di Marconi

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INSEGNANDO S’IMPARA L’eredità irlandese di Marconi
Foto concessa da Maura Favretto

Guglielmo Marconi (1874 – 1937) non si sente nominare più tanto spesso, ma se state leggendo quest’articolo online sul vostro tablet o smartphone, lo dovete anche a lui. D’altronde, come Maria Cristina Marconi ricorda nel suo libro “Mio marito Guglielmo”, quando lei e la figlia Elettra, alla fine degli Anni Sessanta, incontrarono l’astronauta statunitense Neil Armstrong, questi esclamò emozionato “Senza suo marito noi non saremmo mai andati sulla Luna”.

Le sue scoperte sono avvenute per gradi. Dapprima il giovanissimo Guglielmo dal suo laboratorio in casa, nel 1895, riuscì a trasmettere e ricevere un segnale alla distanza di 2 km attraverso l’ostacolo di una collina. Dopodiché le distanze aumentarono, i chilometri diventarono 7, poi 14, poi ancora 50 e 100, fino al memorabile giorno del 12 dicembre 1901 in cui i tre puntini della lettera S dell’alfabeto Morse, trasmessi da Poldhu in Cornovaglia, furono chiaramente recepiti alla stazione di St. John in Terranova a 3.200 km di distanza, in barba alla curvatura terrestre, che allora veniva considerata insormontabile. Questa fu la prova più convincente delle potenzialità della trasmissione senza fili.

Forse sono meno noti i legami di Marconi con l’Irlanda, a cominciare dal suo DNA che era per metà irlandese in quanto era figlio di Annie Jameson, altolocata ereditiera, nipote del fondatore della distilleria di whiskey “Jameson & Sons” di Dublino. La madre ebbe un ruolo fondamentale nell’incoraggiare il prodigioso talento del figlio, sia a casa che più tardi in Inghilterra quando, usando i suoi contatti, lo introdusse nei circoli d’affari e finanziari interessati alle applicazioni commerciali delle sue scoperte. Spostarsi verso la Gran Bretagna fu un passo necessario in quanto l’Italia non si era dimostrata troppo interessata alle sue ricerche  mentre nel mondo anglo- irlandese Marconi ebbe modo di sondare a fondo le proprie teorie scientifiche e allo stesso tempo di mettere in pratica anche il suo notevole talento imprenditoriale, tanto che ogni volta che i suoi esperimenti davano risultati concreti e positivi, Marconi si affrettava a brevettarli. Il primo brevetto lo depositò a soli 22 anni e un anno dopo fondava già la Wireless Telegraph and Signal Company, che nel 1900 diventò la Marconi Wireless Telegraph Co. Ltd. Ben presto la sua fama di scienziato e inventore si diffuse in tutto il mondo tanto da valergli il premio Nobel per la fisica (condiviso con lo scienziato tedesco Karl Ferdinand Braun) nel 1909 a soli 35 anni.

Se nel nuovo Paese di residenza Marconi trovò supporto tecnico e finanziario (e anche la sua prima moglie, l’irlandese Beatrice O’Brien, figlia di Edward Donough O’Brien, Barone di Inchiquin, che gli diede quattro figli, ma dalla quale divorziò nel 1924), la vicina Irlanda divenne terreno ideale per i suoi esperimenti e per erigere le sue stazioni di trasmissione. Già nel 1898 vennero fatte le prime trasmissioni tra l’isola di Rathlin e Ballycastle in Irlanda del Nord e negli anni successivi altri sette siti, sparsi lungo le coste irlandesi, dall’estremo nord di Malin Head al sud di Crookhaven, dalla costa ovest di Clifden vicino Galway a quella est di Wexford, divennero campo di prova per la Marconi & Co. Di queste, le stazioni di Clifden e di Crookhaven hanno avuto ruoli più importanti. La prima, inaugurata nell’ottobre 1907, aveva il vantaggio di essere su uno dei luoghi più a occidente dell’isola, per cui era ideale per le comunicazioni da sponda a sponda oltre l’Atlantico. Inoltre, l’esser situata nella regione brulla e desolata del Connemara favoriva le trasmissioni, in quanto edifici e alberi rappresentavano ostacoli per le onde elettromagnetiche. Purtroppo la stazione è stata danneggiata dall’IRA nel corso della guerra civile dei primi Anni Venti, anche se recentemente il sito è stato recuperato e si può visitare.

Le stazioni di Brow Head e Mizen Head vicino a Crookhaven furono costruite all’inizio del secolo, approfittando della posizione strategica del piccolo borgo di pescatori. All’epoca viaggiare per mare era un’operazione condotta nel silenzio e in solitudine. Durante il tragitto, la nave non aveva modo di comunicare con la terraferma e doveva sempre rientrare nel porto per ricevere la nuova destinazione. Già prima di Marconi molte compagnie navali avevano i propri agenti a Crookhaven, da dove, con un complesso sistema di semafori, comunicavano la nuova meta ai propri vessilli. La praticità e gli immensi benefici delle comunicazioni senza fili furono subito evidenti, tanto che le navi cominciarono a equipaggiarsi di un radiotelegrafista, detto anche marconista. Nel 1904, gli operatori di Crookhaven potevano comunicare con sei navi contemporaneamente facendo tre turni di otto ore per mantenere sempre attiva la stazione. Quando nello stesso anno una nave andò in avaria a 80 miglia dalla costa, gli apparecchi di Marconi rivelarono subito il loro ruolo fondamentale e alla nave fu fornita assistenza senza perdite di vite umane. Con la sua invenzione, Marconi era riuscito ad allontanare molta incertezza e paura dal viaggio in mare. Da allora il numero di persone salvate dal naufragio grazie alla radiotelegrafia è aumentato esponenzialmente.

Il più famoso SOS della storia fu però lanciato la notte del 15 aprile 1912 dal Titanic. Il ventiseienne marconista-capo, Jack Phillips, che aveva precedentemente lavorato alla stazione di Clifden, mandò ripetuti e disperati SOS e CQD (codice equivalente a SOS usato dagli operatori di Marconi) attraverso l’etere. Alcuni di questi messaggi furono captati dalla Carpathia che accorse subito. Delle oltre 2.200 persone a bordo, se ne salvarono solo poco più che 700, e Jack non fu tra questi. È toccante il suo ultimo messaggio al collega Harold Cottam della Carpathia: “Sì, vecchio mio, questo è un CQD. Abbiamo colpito un iceberg e stiamo affondando”. È Jack Phillips, non Jack Dawson del film di Cameron, il vero eroe del Titanic.

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