ETICA E SOCIETÀ Furiosi sì, ma senza cancellazioni

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ETICA E SOCIETÀ Furiosi sì, ma senza cancellazioni
Foto Roni Brmalj

Scrivo dell’Orlando Furioso del nostro Dramma Italiano. Non per una critica teatrale in senso stretto. Non è né il mio mestiere. Analizzo i suoi messaggi politici che sono interessanti, poiché riproducono in modo schematico una parte della sinistra culturale, artistica e accademica attuale. Credo sia un’immagine deludente, forse addirittura preoccupante. Il tema dell’uguaglianza di genere è presente dall’inizio con Angelica che si lamenta per il trattamento iniquo nell’opera. Dichiara che chi possiede la legittimità per essere furiosa è proprio lei, vittima di abusi iterati. Che cosa motiva un simile inizio dello spettacolo?

Una motivazione possibile è mettere in luce come la storia della condizione sociale delle donne è una storia di abusi non soltanto nella vita reale, ma anche nelle riflessioni sviluppate a livello intellettuale dalle menti più sensibili. È importante farlo. L’arte è uno strumento potente per la trasmissione di concezioni del mondo, tanto più efficace quando non si tratta di un’intenzione esplicita. Così avviene quando si rappresenta come naturale un rapporto di abusi e sfruttamento, dove ciò che conta sono i sentimenti dei maschi, mentre secondario ciò che avviene ai personaggi femminili. Ricordiamo un altro grande furore della storia letteraria, quello di Achille nell’Iliade. Si scatena quando gli viene tolta la schiava e concubina Briseide. Nel lavoro si presenta come un fatto naturale che una donna sia trattata in questo modo. Nulla di strano, nell’epoca storica quando venne scritta l’Iliade era normale. Il fatto grave è che anche quando è divenuto chiaro che si tratta di una pratica incivile non era consueto segnalarlo agli allievi. Il fatto è grave, perché il rischio è che l’impressione di minore dignità delle donne si infiltri nelle menti individuali e nello spirito pubblico, se non è contestato esplicitamente.

È un bene, allora, che questa sottolineatura sia offerta nell’Orlando Furioso che abbiamo guardato. Ma non lo sarebbe se si legasse alla cultura della cancellazione, che vuole alienare le ingiustizie perpetrate nel passato e chi ne ha preso parte dalla visibilità pubblica. Parlo, ad esempio, della rimozione di statue di personaggi come Cristoforo Colombo, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, dell’allontanamento di libri da librerie pubbliche, o della modificazione di alcuni loro contenuti. Queste sono azioni che giudico sbagliatissime e, forse, vandaliche.

Avendo in mente questo, la questione gender nell’Orlando Furioso e in altri classici deve essere affrontata in modo sottile ed evitando la cultura della cancellazione. Lo si può fare affrontando i classici con rispetto e con l’intenzione di comprendere la loro grandezza, anche quando è necessaria una critica nei confronti dei loro messaggi discriminatori. Può essere un’occasione per spiegare che la storia dell’umanità è una storia che deve essere necessariamente di progresso verso un maggiore rispetto dell’uguale dignità di tutti. Per questo motivo ho qualche dubbio sulla rappresentazione del lavoro di Ariosto presso il nostro teatro che si avvicina alla cultura della cancellazione, mostrando molto poco del capolavoro e usandolo spesso quale pretesto per offrire una critica politica.

Questione gender a parte, lo spettacolo esibisce un’ampia agenda e critica: questione transgender, immigrati, ecologia, sfruttamento coloniale e postcoloniale. Direi che manca soltanto il progetto vegano che, per mia parziale consolazione, rimane prevalentemente influente nelle parti più settentrionali dell’Europa, per includere l’agenda completa di una parte della sinistra intellettuale. Preoccupa ciò che in essa è trascurato: la questione sociale. L’Orlando visto a Fiume si associa a chi dice che la fortuna e il benessere dell’uomo occidentale si basano sullo sfruttamento di altri popoli. Ma la fortuna e il benessere di chi? Nella realtà, di un chirurgo, di un ingegnere, di un docente universitario o di chi è ancora più abbiente. Poca fortuna e poco benessere, invece, se parliamo di vasti strati della popolazione, comprensivi di maschi bianchi, che fanno fatica a campare e vivono nell’insicurezza. L’oblio nei confronti della questione sociale e consegnarla alle destre o ai movimenti populisti è ciò che le sinistre stanno pagando in modo molto chiaro.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

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