Elezioni. Le sfide non finiscono mai

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Elezioni. Le sfide non finiscono mai

La dicotomia europeisti-sovranisti è sempre più presente sulla scena continentale. Il confine tra queste due identità politiche però spesso appare molto labile. Nell’est europeo gli eurofili, piaccia o no, presentano diverse caratteristiche tipiche degli euroscettici occidentali. Basti pensare all’atteggiamento verso l’immigrazione. Ma anche in campo economico nei Paesi in via di transizione pure chi giura e spergiura sui valori europei fatica a non lasciarsi trascinare dalle sirene populiste che vogliono un intervento capillare dello Stato in tutti i pori dell’economia. In Slovenia le Europee hanno delineato un quadro nel segno della tradizione. In Croazia la sinistra ha retto, sì, ma il Partito socialdemocratico, a differenza del passato, appare sempre più solo su questo versante, Tutto quello che c’è di nuovo sulla scena sa di destra. E ciò si rifletterà anche sui futuri appuntamenti elettorali, in primo luogo le Presidenziali in Croazia.
In Slovenia né destra né sinistra arrembanti, né ecologisti emergenti, bensì dei classicissimi centrodestra e centrosinistra che si sono suddivisi equamente i seggi. A prima vista una situazione ideale, anche se l’emergenza migranti ha lasciato il segno nel dibattito pubblico. E questo senza che vi sia alla prova dei fatti una differenza sensibile su come gestire la materia tra i diversi schieramenti, vecchi e nuovi.
In Croazia tale emergenza, comunque presente alla frontiera bosniaca e lungo la rotta migratoria del Gorski kotar, non ha lasciato segni di rilievo né nel dibattito elettorale né sembra abbia inciso sui risultati. A contare è stata soltanto la politica. Certo può esserci stato un voto di protesta a causa dell’esodo strisciante della manodopera, del senso di precarietà sociale ed esistenziale dovuto alle pensioni sempre più da fame. Ma tutto lascia ritenere che a incidere sui risultati a sorpresa, sulla fiammata di Sovranisti vari e della Lista indipendente di Mislav Kolakušić siano state le vicende interne al centrodestra. L’Accadizeta ormai si lecca le ferite in pubblico. Il premier Andrej Plenković chiede al suo partito di fare autocritica, di scandagliare gli umori sul campo per capire perché non ci sia stata la tanto auspicata mobilitazione dell’elettorato, perché per poche migliaia di voti sia sfuggito l’ambito traguardo del quinto seggio. L’ala interna che guarda più a destra, ovvero ai valori nazionali tradizionali, invece appare pronta ad affilare le armi. Plenković non demorde, ribadisce che non intende cedere ai populismi, che è deciso a proseguire sulla via dei valori europei. Però non è escluso che per motivi tattici possa cambiare retorica. Le Presidenziali si avvicinano. Se Kolinda Grabar-Kitarović vuole essere rieletta, l’appoggio dell’Accadizeta ufficiale potrebbe non essere sufficiente. La destra ha al suo arco la freccia Miroslav Škoro, bussano alle porte personalità del calibro dell’avvocato Anto Nobilo e dell’ex giudice Mislav Kolakušić in grado di sconvolgere i piani di chicchessia. Il centrosinistra, in simili condizioni, sogna la rivincita. I Popolari hanno tirato fuori il coniglio dal cappello: il candidato comune dell’area liberale potrebbe essere l’ex premier socialdemocratico Zoran Milanović, uno sì con un pedigree di sinistra, ma capace di guardare ai valori nazionali croati al punto tale da essere in grado di acquisire simpatie pure sul fronte opposto. Molti dei socialdemocratici certo vedrebbero di buon occhio la candidatura di Milanović, ma di sicuro c’è chi preferirebbe magari Tonino Picula. O Ivo Josipović. Per il momento la buttata dei Popolari su Milanović non ha avuto seguito: dal Glas hanno fatto capire che non ci sono gli estremi per tornare a visioni unitarie sul fronte liberale. Però il sasso nello stagno è stato gettato e l’ex premier è di certo un cavallo di battaglia su cui il vecchio fronte di sinistra e liberale, uscito con le ossa rotte dalle Europee, SDP a parte, potrebbe scommettere. Come dire, si prospetta uno scontro con i fiocchi alle Presidenziali.
Dario Saftich

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