Vivere con la saggezza e la pazienza delle nespole

A colloquio con Linda Simeone, giornalista, imprenditrice, autrice, docente, critica fotografica, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi, grafica, illustratrice, ideatrice e direttrice del progetto «Le Vie delle Foto», runner, ma soprattutto mamma e persona che festeggia la vita

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Vivere con la saggezza e la pazienza delle nespole
Linda Simeone. Foto: LUCIO VIDOTTO

Giornalista, imprenditrice, autrice, docente, critica fotografica, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi, grafica, illustratrice, ideatrice e direttrice de “Le Vie delle Foto”, runner, ma soprattutto mamma e persona che festeggia la vita. Si, perché Linda Simeone, forte di un’infanzia semplice e spensierata trascorsa in provincia di Caserta, a stretto contatto con la verità e i profumi della terra e avvolta dall’amore genitoriale puro e totalizzante, come pure di un carattere forte, che non molla mai e di un animo gentile e sensibile, la vive appieno, con passione e determinazione. Il suo sguardo profondo, creativo, luminoso contempla con la stessa curiosità e gratitudine il bene e il male, i buoni e i cattivi, il sole e la pioggia, senza schivare insidie e dolori ma, al contrario, con la continua voglia di trasformare l’emotività interiore in forza ed energia, di capire, di crescere, di migliorare, malgrado le sberle e le delusioni, a dispetto della bruttezza. Infatti, a suo dire, tutto fa vita e vale la pena di essere vissuto e magari, se si ha, come lei, il dono della comunicazione, raccontato, senza barare o negare nulla alla propria identità, con coraggio e schiettezza. Perché chi gioisce delle lucciole e delle nespole non può che continuare a stupirsi e vincere il buio. La nostra interlocutrice lo fa sempre, trovando ispirazione dappertutto e svolgendo con dedizione e successo una miriade di ruoli e attività. Ma chi è davvero e quante Linde ci sono?

“Ce ne sono molte e mi rappresentano tutte”, ci risponde sorridendo, specificando a tale riguardo che “ proprio l’altro giorno mi hanno detto un vocabolo che a mio parere può essere utilizzato esattamente per me, ovvero che sono un multipotenziale, nel senso che faccio tantissime cose diverse e che, in qualche maniera, riesco a raggiungere ottimi risultati in tutto. In effetti, quello che mi caratterizza maggiormente è il fare qualsiasi attività con estrema curiosità ed entusiasmo, dopodiché mi appassiono. Pensi che, appena conclusi gli studi, iniziai la carriera aprendo un’officina di biciclette. Da lì la vita mi ha sorpreso con un percorso costellato di cosidetti casi e incontri, che ho accolto sempre con curiosità”.

Sul suo profilo di Facebook posta spesso immagini relative allo sport, nello specifico alla corsa. È un’appassionata?
“Sì. Mi ci affezionai quando nacque mio figlio Massimo, che oggi ha dieci anni. All’epoca avevo qualche chilo in più e cominciai ad allenarmi. Mi dissero che un’ora di corsa ne valesse quattro di pedalata in bici cosicché, dato che dispongo sempre di poco tempo, conclusi che fosse lo sport adatto a me. Mi misi a correre e, a breve, come per tutto ciò di cui mi occupo, subentrò l’entusiasmo e feci una sorta di fioretto. Mi ripromisi di fare le mezze maratone una volta per ogni Paese diverso, quindi andai in Austria, in Germania, a Londra, a Dublino, a Stoccolma, in Islanda, in Portogallo e in molti altri luoghi. Purtroppo, nel 2022, a causa di un serio problema di salute, dovetti smettere e da 60 chilometri a settimana arrivai a non poterne fare neanche uno e a prendere tanto peso. A dire il vero, proprio per il fatto che la corsa era diventata una vera passione, grazie alla quale viaggiavo e mi sentivo bene, tutto ciò mi fece stare malissimo. All’improvviso mi fu tolto tutto il mio spazio e accettarlo fu davvero difficile”.

Ne desumo che ama viaggiare?
“Mi piace tanto. Oltre che con mio figlio l’ho fatto molto anche da sola, tipo il viaggio in Islanda o il tratto Sappada – Trieste, affrontato a piedi e durato dieci giorni”.

Da qualche mese a questa parte ha ripreso …
“Per fortuna oggi la cosa è risolta. Dopo una serie di operazioni, il 17 aprile di quest’anno ho subito l’ultimo intervento. Da lì mi sono rimessa a correre e a dieta e, siccome le combinazioni della vita sono sempre incredibili, ora dispongo della tempistica giusta, consistente in sei mesi, per potermi preparare da zero per la mezza maratona di Graz che avrà luogo il 13 ottobre, alla quale due anni fa dovetti rinunciare. Successivamente, il prossimo anno riprenderò gli altri appuntamenti lasciati nel cassetto, quali quella nell’Isola di Pasqua e la gara che si snoda lungo la muraglia cinese”.

Ha fatto suo anche il mondo del giornalismo, nel quale dimostra di essere a suo agio e si muove con grande bravura e disinvoltura. Un’altro caso?
“Esatto. In effetti una trentina di anni fa iniziai a scrivere per un’agenzia web che si occupava di macchine elaborate. Con la stessa realizzammo un CMS (sistema di gestione dei contenuti web), che non andò a buon fine e che convertimmo in un portale relativo alle succitate auto da tuning, le quali allora andavano tantissimo di moda. Era appena terminata la serie televisiva statunitese ‘Hazzard’ e iniziata la popolarissima ‘The Fast and the Furious’ e, nel 2011, in occasione della prima romana della quinta stagione intervistai gli attori Vin Diesel e Paul Walker. Lì mi resi conto che mi piaceva comunicare, a quei tempi con le macchine e oggi con le fotografie”.

Da cosa nasce cosa insomma …
“Credo tantissimo nel destino in quanto, facendoci fronteggiare situazioni, ci cambia. Se abbiamo la possibilità di capire o anche di creare dei link le cose prendono vita da sole. Le persone ci mettono del loro, ma è la fatalità che collega tutto insieme”.

Il destino ha voluto anche farla diventare la “mamma” dell’ormai nota manifestazione “Le Vie delle Foto”, ovvero la coordinatrice e la curatrice delle mostre fotografiche presso l’albergo DoubleTree by Hilton di Trieste. Com’è andata?
“’Le Vie delle Foto’ è un evento costituito da una miriade di mostre fotografiche singole dislocate in diverse location di tutto il centro città di Trieste, il quale permette di valorizzare la città, i suoi fotografi e i suoi locali. Si tratta di un progetto nato quindici anni fa per sbaglio, in seguito alla conclusione di un anno di formazione giornalistica a Roma relativo al già citato discorso del tuning. Al mio rientro a Trieste bisognava iniziare ad avviare il periodo invernale, nel corso del quale lavoravo anche in un bar, e dovevamo inventarci qualcosa. Pensai subito di allestire tre mostre di tre fotografi che conoscevo in tre bar di Piazza Goldoni e fare una specie di ‘triangolo delle foto’. Due accettarono e uno, non convinto dell’idea, rifiutò. Testarda come sono convinsi gli altri a contattare dei colleghi e, nell’arco di tempo di due settimane, vi aderirono in ventisette. Fu un miracolo. Quindi, direi che ‘Le Vie delle Foto’ sia nata dall’esigenza di mettersi in mostra non strettamente inerente ai fotografi, bensì anche a coloro che ci vogliono provare e non ne hanno il coraggio”.

In concomitanza con la stessa ha realizzato una miriade di bellissimi progetti e collaborazioni, quale quello recente con il fotoreporter del nostro quotidiano, Željko Jerneić, la cui personale è stata inaugurata agli inizi di giugno. Che cosa la motiva?
“Amo poter dare alle persone lo spazio per esprimersi, sentirle raccontare le loro storie, potergliele valorizzare. Mi piace ascoltarle, conoscerle, prendere da loro e poi dare in maniera che mi si capisca. In tale contesto, è da rilevare che gli artisti non hanno sempre la capacità di parlare, di raccontarsi nel modo giusto e in effetti non è per nulla semplice farlo. Per trasmettere meglio bisogna sapere trovare le corde emotive che toccano le altre persone e, in tale senso, mi sento una giornalista che comunica, che condivide”.

Vi è qualche nuova idea/collaborazione/progetto ai quali sta lavorando o che le piacerebbe realizzare?
“A breve saremo presenti al castello Schloss Moosburg, in Carinzia, stiamo pianificando delle attività a Miami in Florida e vorrei collaborare con la Comunità degli Italiani di Fiume, nello specifico esporre negli spazi di Palazzo Modello”.

In qualità di giornalista è attiva anche in seno al prestigioso evento vitivinicolo internazionale Amber Wine Festival, promosso dalla ForevenTS in co-organizzazione con il Comune di Trieste. Dalle macchine al giornalismo, alla fotografia e … al vino?
“L’Amber Wine Festival è una delle tante altre attività di cui mi occupo e con il patentino da giornalista, quando è necessario, cerco di dare una mano e comunicare a 360 gradi”.

Nel 2021 ha scritto “Cento metri. Racconti lunghi quanto un breve tratto di corsa”, una raccolta di racconti personali su come una mamma single affronta la vita nella sua quotidianità. Com’è nata l’idea di realizzarlo?
“Il libro è stato quasi una necessità. A seguito dei miei racconti e riflessioni relativi a momenti di vita vissuta condivisi su Facebook le persone hanno iniziato a incitarmi a raccoglierli in un libro. Le ascoltai e, quasi senza rendermene conto, arrivai a oltre 200 pagine. Il volume andò benissimo e il feedback fu meraviglioso, per cui mi piacerebbe scrivere la seconda parte”.

Lo scritto è autobiografico e riporta situazioni e momenti molto intimi e personali, a modo di una liberazione. Cosa significa scrivere per lei?
“Mentre scrivo piango, rido, mi sfogo, mi confido e lo faccio con onestà e verità. Sono proprio io in tutto e per tutto, vado a fiume e non cancello nulla. Scrivere mi salva, mi libera, mi raddrizza le idee”.

Recentemente è stata ospite dell’inaugurazone della mostra di scatti realizzati dai partecipanti del primo laboratorio di fotografia bilingue – “Fiume foto 2024”, tenutasi nella Galleria di Casa Garbas del capoluogo quarnerino, organizzato dalla Comunità degli Italiani di Fiume, sostenuto finanziariamente dall’UI e patrocinato da “La Voce del popolo”. Nel suo ambito ha presentato il manuale “Mostrami – guida pratica per realizzare una mostra fotografica di successo”. Di che cosa si tratta?
“Il manuale è nato dall’esigenza di dare una mano ai fotografi, teso a spiegare come ideare, pianificare, organizzare e promuovere una mostra fotografica e che, al fine di permettere loro di avere un ausilio in più, regalo a tutti gli artisti che espongono al DoubleTree by Hilton”.

In seguito è arrivato l’ultimo originalissimo libretto “Te son bela come el cul dela padela – libro de pastrociar dei insulti triestini”, pubblicato per i tipi della White Cocal Press, che scava l’anima del dialetto triestino. Ce lo racconta?
“È un tomo da colorare con le parolacce triestine più divertenti. È risaputo che ai triestini piacciano, soprattutto quelle vecchie e tradizionali che, in qualche maniera, ricordano un pochino la loro infanzia. Infatti, le nonne gliene dicevano di tutti i colori, tipo ‘malorsiga’, ‘stregheta’, ‘remengo tuo!’, ‘te son utile come un astemio senza patente’ o ‘i te ga petinà col ruto?’ e altre. Si tratta di imprecazioni che oggi non si sentono più”.

È una persona piena di energia, molto positiva, con il perenne sorriso sulle labbra, attenta agli altri. Vi è qualcosa che la rattrista o la fa arrabbiare?
“Dal momento in cui ti ritrovi a ricoprire ruoli, mansioni, attività la gente, spesso per invidia, cambia, il che mi fa andare fuori di testa. Alcuni, per prendere il tuo posto, ti pugnalano sulla schiena, cercando di approfittarsi dei tuoi momenti di fragilità. Per quanto mi riguarda, sono gli unici in cui mi si può colpire e purtroppo ne ho avuti diversi, quando alcuni mi hanno fatto molto male e dai quali non ho saputo difendermi tanto bene. Ciò che mi ha dato maggiormente fastidio è che le persone sulle quali contavo, soprattutto nel corso di quest’anno, se ne sono approfittate. Mi verrebbe anche da dire che mi fa arrabbiare l’irriconoscenza, ma con gli anni ho imparato ad agire senza aspettarmi niente. Finora il 2024 ha portato via svariate persone brutte e va bene così. La cosa bella dopo le grandi sofferenze è che da uno stato in cui si toglie arriva il momento in cui si mette, si sceglie con una nuova consapevolezza, una nuova aria e un nuovo spirito. Ed è ciò che è accaduto anche per ciò che mi riguarda. Mi sono state ridate tutte le mie armature e io sono sempre grata”.

Come si protegge dalla bruttezza?
“Con l’autenticità di determinati valori trasmessomi, come l’emozione di mio padre nel raccogliere grosse e saporitissime nespole a Carinola, in provincia di Caserta, luogo della mia infanzia, e la gioia di preparare una cassetta da portarmi a Trieste. Mi salvano la semplicità e la bellezza dell’essere cresciuta tra gli alberi da frutta e la verdura dell’orto, dei giochi all’aperto e del contatto con la terra e con la natura, dell’amore grande e puro dei miei genitori. Chi ha avuto la fortuna di viverlo non può concepire la cattiveria e non provare gratitudine”.

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