Marina Tijan Hajdinić: «La lingua caratterizza la nostra essenza»

Chiacchierata con Marina Tijan Hajdinić, originaria di Hreljin e parlante nativa del ciacavo icavo, che per 4 anni ha presieduto la cattedra del sabor ciacavo «Ljubo Pavešić» di Škrljevo ed è autrice del volume «Hreljinski Koral», opera che raccoglie le testimonianze della gente del posto e un piccolo glossario della parlata locale

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Marina Tijan Hajdinić: «La lingua caratterizza la nostra essenza»
Foto: RONI BRMALJ

“Bisogna innanzitutto rispettare sé stessi, il proprio luogo di provenienza, la propria lingua, l’idioma, per poter farsi rispettare anche dagli altri. Io non mi sono mai mossa dal posto in cui sono nata, mantenendo la parlata dei nostri avi, termini anche arcaici, che uso tuttora e che le nuove generazioni fanno spesso fatica a capire essendo la lingua un po’ cambiata nel tempo, il che è perfettamente normale con l’evolversi delle cose, del mondo nel nostro piccolo”. È una delle frasi che Marina Tijan Hajdinić ha pronunciato più volte durante la nostra piacevole chiacchierata, avvenuta nella sua abitazione a Hreljin, piccola località storica nell’entroterra di Buccari, dal ricco passato, che dopo un periodo di… letargo, sta vivendo di questi tempi una nuova primavera e uno sviluppo che forse in pochi, tra gli abitanti del luogo, si sarebbero aspettati. L’abbiamo contattata su proposta di chi la conosce bene e di chi sa quanto lei sia attaccata alle sue radici, ma soprattutto alla sua parlata, o meglio dire lingua, di cui si occupa e che cura con minuziosa attenzione: il ciacavo. È da qualche mese che trattiamo, in questo nostro inserto, il tema relativo a questo idioma parlato in quasi tutto il Paese, che a differenza di alcuni quali ad esempio il seianese e il valacco – di cui abbiamo scritto nei numeri precedenti –, non sembra essere in pericolo di estinzione, grazie anche, e soprattutto, a persone come lo è appunto Marina Tijan Hajdinić, le quali con la loro attività, tra cui innanzitutto letteraria, cercano di mantenerlo vivo e tramandarlo alle nuove generazioni. Premettendo che la nostra interlocutrice non è di professione una linguista, come non lo è nessuno dei nostri interlocutori precedenti, va detto che con il suo apporto ha dato nel tempo un grandissimo contributo affinché il ciacavo-icavo o ciacavo meridionale, che si parla dalle sue parti, appunto l’area del Buccarese (di cui dal punto di vista giurisdizionale fanno parte, oltre a Hreljin, anche gli abitati di Krasica, Kukuljanovo, Plosna, Ponikve, Praputnjak, Škrljevo e Zlobin), non vada perdendosi negli anni. Ha accettato di farsi intervistare con piacere, seppure con un po’ di timore di non essere all’altezza dell’argomento. Dopo aver affrontato con Cvjetana Miletić il ciacavo ecavo, stavolta ci interessava trovare una persona disposta a trattare l’icavo, che si usa in parte del Quarnero meridionale e poi praticamente lungo tutta la costa dalmata, ma anche in varie parti dell’Istria. Anche questa parlata, come il ciacavo ecavo, contiene in sé tantissimi italianismi e si differenzia dal primo e dagli altri due, lo jecavo e lo ijecavo, che fanno parte della medesima famiglia dialettale, per la cadenza e per la strutturazione di determinati vocaboli. Per rendere meglio l’idea, vi facciamo un semplicissimo esempio: in ciacavo ecavo la parola bambino si dice “dete”, mentre in icavo si pronuncia “dite”. Di esempi simili ce ne sono tantissimi e definiscono quelle che sono le differenze tra una parlata e l’altra, anche a pochissimi chilometri di distanza tra un luogo e l’altro, ma che non disturbano assolutamente la comprensione delle stesse da parte degli uni e degli altri abitanti di questi stessi luoghi. In questo sta, in effetti, la bellezza della cosa, la ricchezza, la peculiarità, la specificità, di quel qualcosa per cui vale la pena lottare onde mantenerla. È quanto appunto ha fatto e sta facendo tuttora Marina Tijan Hajdinić, per quattro anni presidente della Cattedra del Sabor ciacavo “Ljubo Pavešić” di Škrljevo, fondata nel 2001 e oggi trasformata in Cattedra del Buccarese, che assieme all’altra trentina di Cattedre sparse per il Paese, fa capo al Sabor ciacavo di Gimino.

La nostra interlocutrice è inoltre autrice del volume “Hreljinski koral” (letteralmente “Il canto piano di Hreljin”), nella cui prefazione figurano pure gli interventi di Cvjetana Miletić e dello storico dell’arte e custode della splendida Villa Ružić a Fiume, Theodor de Canziani, quest’ultimo in virtù del suo legame di parentela con la sua defunta moglie Matilda Ružić, i cui avi provenivano appunto da Hreljin, dove ancora oggi c’è la loro casa di famiglia, che in passato fungeva anche da “vetrina” della conceria che, com’è noto, operava in via dell’Acquedotto a Fiume.

“Ne vado molto fiera – ci ha spiegato – perché in questo volume ho tentato di raccontare, con piglio femminile, quella che una volta era la vita a Hreljin, intervistando le famiglie d’origine, i vecchi abitanti che sono ancora tra noi, e introducendovi termini anche arcaici del nostro ciacavo. In questo lungo e minuzioso lavoro, mi ha aiutata tantissimo Miljenko Paškvan, che si è occupato dell’accentazione e dell’analisi dei vari accenti e cadenze, dei termini e delle espressioni contenuti nel breve glossario che troviamo nelle ultime pagine del libro. Il volume è uscito nel 2021, per i tipi dell’Ente ‘Ivan Matetić Ronjgov’ di Ronjgi-Viškovo, anno in cui Miljenko purtroppo è venuto a mancare, poco prima che si tenesse la presentazione. È stato proprio lui a non farmi desistere in alcuni momenti di sconforto che ho avuto durante la stesura del volume, credendo che non ce l’avrei fatta. Mi aveva detto: ‘Non devi rinunciare. Fallo per chi rimarrà e per le generazioni future. Fallo per la nostra lingua, il ciacavo’. Era bastato per ridarmi forza e andare avanti. Oggi abbiamo questo volume, che racconta la vita di queste nostre terre, la sua essenza, ma soprattutto il modo di esprimersi delle sue genti, tra cui anche la sottoscritta, che è ciò che ci contraddistingue e che ci forma. Appunto il ciacavo, di cui io vado molto fiera e che parlo usando la terminologia d’origine”.
Marina Tijan Hajdinić è infatti una delle poche parlanti native del ciacavo icavo arcaico di queste aree, poiché conosce e usa termini che al giorno d’oggi non si pronunciano più e che gran parte degli attuali abitanti del posto non conosce. “La lingua, com’è naturale, è andata modificandosi nel tempo – ha proseguito –. È un normale susseguirsi delle cose quando in un dato luogo arriva nuova gente, o altra se ne va, o avvengono matrimoni misti, anche tra parlanti del ciacavo di località diverse, tra le quali ci sono differenze, spesso minime, ma comunque incisive, in termini di pronuncia di vocaboli e cadenze. La cosa più curiosa è che quello da me parlato è il ciacavo che parlano ancora oggi tutti i discendenti di coloro che da queste terre erano migrati in cerca di opportunità di vita migliore in America, mantenendo la lingua originale. Quando inziarono a tornare negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, parlavano quello stesso ciacavo, che nel frattempo qui era un po’ cambiato”.

L’uso del ciacavo tra i giovani
Abbiamo chiesto a Marina Tijan Hajdinić, come lo avevamo chiesto anche ai nostri precedenti interlocutori per quanto riguarda le parlate, com’è messo oggi l’uso del ciacavo da parte del pubblico più giovane, dei bambini e dei ragazzi, delle nuove generazioni. “Devo dire che per quanto riguarda Hreljin, non ho timore possa estinguersi. Dopo un periodo in cui si aveva l’impressione che si stesse perdendo a favore della lingua standard, oggi mi sembra sia in atto una specie di ritorno alle origini, con il contesto scolastico che si dà molto da fare per mantenere l’idioma, attraverso attività extrascolastiche, recite e spettacolini in cui sentiamo questi bimbi recitare e cantare in ciacavo, con un accento e una cadenza perfetti, che spesso mi sorprende e mi riempie il cuore. Li starei ad ascoltare per ore. Ma non solo questo. Ciò che mi rende molto fiera è il fatto che questi bambini e ragazzi lo parlano anche fuori dal contesto scolastico, nei loro giochi quotidiani. Non dimenticherò mai una scena a cui ho assistito un giorno, tornando a casa, in cui ho visto le mie due nipotine e altre due loro amichette giocare sul ciglio della strada chiacchierando in ciacavo. Uno scenario quasi surreale, che mi ha catapultata indietro nel tempo. Il più bello che ho visto negli ultimi dieci anni. Mi sembrava di vedere me stessa da piccola”, ci ha raccontato Tijan Hajdinić, la cui attività legata alla cura e al mantenimento del suo idioma non si fermerà di certo. “Ho raccolto negli anni attorno ai 10.000 vocaboli arcaici del ciacavo icavo, interpellando parlanti nativi e abitanti originari di Hreljin. La mia intenzione è pubblicarli, un giorno, in un dizionario, da lasciare in eredità alle future generazioni”.

La durezza della vita nel ciacavo
“La metamorfosi della lingua che avviene nel tempo, dipende anche dalle singole persone o dai gruppi di persone. Per rendere meglio l’idea, farei un esempio che riguarda Hreljin nella storia, quando l’abitato era ancora concentrato in quella che oggi è la sua parte alta, nella zona del Castello medievale. Quando venne costruita la strada Carolina, l’abitato iniziò a svilupparsi e a estendersi uscendo da quelli che erano i suoi confini storici. Quella che al giorno d’oggi è considerata la parte bassa di Hreljin, un tempo si chiamava Piket (Picchetto), toponimo proveniente dall’epoca di Napoleone quando la guardia francese (in francese appunto “piquet”, nda) era di stanza su questo territorio. Tornando alla lingua, al nostro ciacavo, la sua cadenza è diversa nella parte alta di Hreljin in confronto al resto dell’abitato, nel senso che nella prima è più grezza. Questa durezza è dovuta al modo di parlare delle genti che qui erano insediate in epoche lontane, tutto persone che guadagnavano da vivere lavorando duramente nelle cave di calcare della zona”, ci ha illustrato Marina Tijan Hajdinić.

Il ča e i suoi tanti italianismi
A
Abukȃt – avvocato
Ancikȑst – anticristo
Ankorȁt – ancorare
Arîvi – arrivi
Arlekîn – Arlecchino
Ȃrt – arte/mestiere
Artižȃn – artigiano
Atẽnto – attento
Avẽrtit – avvertire
B
Bȃla – palla
Balȁt – ballare
Bandȇra – bandiera
Bandunȁt – abbandonare
Banjȁt (se) – bagnarsi
Barȕfa – baruffa
Bjankarĩja – biancheria
Blȕ – blu
Broštulīn – brustolino
Butîga – bottega
C
Cinkvîna – cinquina
Cĩrca – circa
Ć
Ćȁkula – chiacchiera
Ćapȁt – acchiappare
D
Dȃcija – dazio
Debulȅca – debolezza
Defȅkt – difetto/guasto
Deklamīrãt – declamare
Delîcija – delizia
Delikȃt – delicato
Deštũrba – disturbo
Dezȇrto – deserto
Divẽrtit (se) – divertirsi
Drȉt – dritto
Durȁt – durare
Đ
Đȅket – giacchetta
F
Faštidijȁt – infastidire
Febrãj – febbraio
Fȇrije – ferie
Fermīvȁt (se) – fermarsi
Fijȍk – fiocco
Fijumȃn – Fiumano
Fȉnit – finire
Fõrca – forza
Fûdra – fodera
G
Gȃs – gas
Grẽz – grezzo
I
Inkãs – incasso
Itãnto – intanto
J
Jakȅta – giacchettino
Jelôzan – geloso
K
Kafȅ – caffè
Kaldȁja – caldaia
Kȁmara – camera da letto
Kamarîn – cameretta
Kȃpo mȁkine – capomacchinista
Kaprȉc – capriccio
Karbũn – carbone
Karȅt – carretto
Karȍca – carrozza
Kartolĩna – cartolina
Kĩ – chi
Kolarîn – collarino
Kolôr – colore
Kortejȁt – corteggiare
Kujîn – cugino
Kušîn – cuscino
L
Lîbar – libro
Lumbrȅla – ombrello
M
Makinȉšta – macchinista
Maliciôzan – malizioso
Manijȇra – maniera
Mãntel – mantello
Me pãr – mi pare
Meritȁt – meritare
Muzikãnt – musicista
N
Na sȅ mȉle môde – in mille modi
Novitȁda – novità
O
Oficijãl – ufficiale
Orgãndi – organza
P
Partẽnca – partenza
Partîda – partita
Pȇza – pesa
Pijȁt – piatto
Pijȁžat – piacere
Pinẽl – pennello
Pȕnat – punto
R
Reditȁt – ereditare
Regȃl – regalo
Rȇgula – regola
Rešpȅkt – rispetto
Rikamãn – ricamato
Rȕtina – ruggine
S
Sentimȇnt – sentimento
Supẽrb – superbo
Š
Šaldȁt – saldare
Šẽmpre – sempre
Šetemȃna – settimana
Šijãrpa – sciarpa
Škȁtula – scatola
Škȗr – scuro
Špitãl – ospedale
Štȏrija – storia
Štȕf – stufo
Šugamȃn – asciugamano
T
Tȅla – tela
U
Ũrdin – ordine
V
Verdȗra – verdura
Z
Zašpȃrat – Risparmiare
(tratto dal volume “Hreljinski koral” di Marina Tijan Hajdinić)

Icavo, un modo di vivere
Osjećaj je to vridan življenja,
vavik isti,
skriva ga litrat dičji.

Lipo mi j š njimi, Rumo, prelipo.
Ogljedat, delo i divan poslušat,
blago, seno, travu dišat
i na svojih se domišljat.

Naprali ste se po nonicah naših,
vi primorski škropci i ljuti vitri,
zručite njin bar pozdrave moje,
i starici dragoj na balkunu, Petri.
Na komodinu,
do njejega zdravlja j muževa slika.
Na drugoj bandi, va okasu j Ana.

Kad god bi se susedi z obedun va Škver
ili na furnaže, na Plasu poslali.

Ni Hreljana, ni živa ni mrtva,
ki ju ni obahajal, ko mići po njoj tekal,
va mladosti spod zvonika o ljubavi pival,
vnuke svoje va njun zapeljival.

Da familija obastane,
mat je na Plasi žito kupovala,
va Črišnjevu bi se va barke ukrcala
i po Boduliji ga z starijun dicun prodavala.

Potle utaknice smo pivali.
O zgubili – o dobili, veseli smo bili.
Bože dragi, lipih vrimen…

Ala, ala, hodi nutar.
Ribe frigan i kuhan krumpir.
Tr čuješ, tr diši.
Ustani na obedu.

Za Hreljin nas je nigda se vezalo.
Vavik smo zdolun hodile.
obro su se puti, putići, prišci znali i poznali.
Hodili smo va Općinu, va malenicu,
va butigu od robe, Jožu zubaru…

Lipo j na Melnice, na vrh Hreljina doć!
Kamo god pogljedaš,
lipotu kraja našega ogljedaš.
More sitnje va buri, jugu i bonaci.
I kapu nebesku va kolori,
spram vrimena, štajona, dana ali noći.
I zelenilo.
Raj za oči.

Ni više mnogih lonjarskih familj,
ni više vode va Kalini,
ni Dumića va kovačiji.

… butigerica,
sirotica,
prodavala j,
a ni pisat ni čitat ni znala.

Kad se spravi Maj na Gaj,
bit će svemu svjetu kraj.

Mnogi bi spomen sakoj,
na brigu hreljinskoj poneštri vrnuli,
putniku na Krvariji dušu z naših krajun oplemenili,
a mi Hreljani siguro bi bili puno zadovoljniji.
Va novin letu neka sih prati zdravlje,
srića, ljubav i složna kumpanija,
iskrena, tepla beseda i pomoć
kad je najpotribnija.
Najveći j to ljuckoga srca dar.
krasi čovika, susestvo, mesto…

Ma vidi ti vraga,
tr znikud drugud leh z Hreljina.

Piva
i ljudin srca otpira.
Va kin glasu?
Va basu!

Voli oko Krka brodit.
Kad dojde blizu Sv. Marka,
duša njoj cela zaigra.
Oćuti dah Dolnjega sela…

Nigda j na ta dan na Gradini snig pal.
Gospa se j ukazala.
Slavi se i poštiva do danas.

… eksplozija. Dvi.
Jedna zad druge.
Tako su blizu jedna do druge,
da su se skoro va jednu spojile.
King je va gust, črni oblak dima obavijen.
Za manje od minute tone.
Toga dana na kanadskomu brodu, va eksploziji,
va tragediji ku grac ne panti
život su zgubili Hreljani i Zlobinjari.
(versi tratti dal volume “Hreljinski koral” di Marina Tijan Hajdinić)

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