Rosso Istria Il colore di questa terra che amiamo

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Rosso Istria Il colore di questa terra che amiamo

TRIESTE | Venerdì scorso, alla presenza di autorità e tanto pubblico, è andata in onda l’anteprima a Trieste, dopo Venezia e Roma, di “Red land-Rosso Istria”, l’atteso film di Maximiliano Hernando Bruno. Nel cast Selene Gandini, Franco Nero, Geraldine Chaplin, Sandra Ceccarelli, Romeo Grebensek. Eleonora Bolla, lo stesso regista Maximiliano Hernando Bruno, Diego Pagotto, Antonio Scarpa, Vincenzo Bocciarelli, Paolo Braghetto, Vittorio Boscolo, Francesca Amodio, Alvaro Gradella. Prodotto dalla Venicefilm uscirà nelle sale giovedì 15 novembre. È un film drammatico, della durata di 150 minuti, nel corso dei quali si racconta la storia di Norma Cossetto, ma non soltanto. La vicenda tragica della ragazza che nel 1943 preparava la sua tesi di laurea all’Università di Padova sulla sua “terra rossa” come il “colore di questa terra che amo” – dirà nel film. Dopo l’8 settembre venne prelevata dalla sua casa di Santa Domenica di Visinada, dai ribelli di Tito, accusata di essere italiana e fascista, torturata e poi, all’annuncio dell’arrivo dei tedeschi, fatta precipitare nella foiba di Villa Surani con altri prigionieri, testimoni scomodi delle malefatte della banda di esecutori materiali della politica del terrore.
“Ho visto il film per due volte e ho pianto per due volte”, dirà Renzo Codarin prima dell’inizio della proiezione prendendo la parola a nome di uno dei finanziatori del film, l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), di cui è presidente. Non è stato un percorso senza intoppi, il progetto è partito più di sette anni fa, con un altro regista e il tentativo, fallito, di coinvolgere Simone Cristicchi. Anche l’ANVGD, prima di aderire al progetto, ha voluto capire che cosa avrebbe raccontato il film e in che modo. Non sono mancati consigli e interventi, dello stesso presidente di FederEsuli, Antonio Ballarin, che ha indicato alla Venice Film, come accompagnatore in Istria e consulente, il suo collaboratore Alessandro Altin, e del vicepresidente Alessandro Cuk, critico cinematografico che compare anche in una scena del film insieme a Italia Giacca, dell’ANVGD di Padova e, naturalmente di Piero Delbello e dell’IRCI. Il tutto per presentare al pubblico un prodotto corale, per certi versi condiviso, almeno da una parte, quella attiva, direttamente coinvolta.

Un grande aiuto è venuto dal senatore Maurizio Gasparri, promotore anche del primo coinvolgimento Rai sulle tematiche del confine orientale, con il film “Il cuore nel pozzo”, che è voluto essere presente a Trieste in quest’anteprima, testimoniando la sua attenzione alla realtà degli esuli. Attenzione e solidarietà anche da parte del senatore Francesco Russo, vicepresidente della Regione FVG che ha voluto partecipare alla serata. Turbato l’assessore Giorgio Rossi, “io questa storia l’ho vissuta, ho paura di ciò che vedrò stasera” dirà con grande commozione nell’affrontare la proiezione, dopo avere trovato conforto nelle parole che i giovani protagonisti avevano espresso nella mattinata di venerdì alla conferenza stampa. Tutto è pronto.

Serenità prima dell’orrore

La pellicola parte lenta in un fitto bosco che non può essere l’Istria, dove gli spari della guerra, mettono in moto una mandria di cervi che si sparpaglieranno dappertutto, anche nell’Istria dei caprioli, rappresentata anche da questa ragazza che corre innamorata nella zona universitaria di Padova per ritrovarsi a continuare la corsa in biciletta per le strade dell’Istria. È il momento della serenità, anche se suo padre e il cognato si sono già rifugiati a Trieste, dopo la grande paura dell’8 settembre, per cercare di consolidare in Istria la presenza dell’Italia. Le donne sono rimaste a Santa Domenica. La seconda parte del film racconta il caos, l’arrivo degli slavi comunisti, la divisione della popolazione tra comunisti conniventi perché di cuore slavo e italiani fascisti, vittime degli aguzzini. Nella terza parte, il martirio di Norma e di tanti altri come lei: lo stupro e l’infoibamento. La prima parte è un omaggio alla lentezza dei film d’atmosfera, la seconda introduce la drammaticità dei film di guerra, la terza adotta i criteri delle pellicole dell’orrore, reiterando alcune scene anche quando lo spettatore si convince che tutto sia finito.
È questa la verità sull’Istria del 1943? Certamente è molto difficile spiegare la storia, in particolar modo quando si riferisce a fatti cruenti, violenza e prevaricazione. Da anni gli storici analizzano gli eventi in Istria dopo l’8 settembre 1943, se ne occupa la memorialistica, all’apertura degli archivi molte considerazioni hanno trovato una conferma o sono state spazzate via. Le ultime riflessioni di un certo peso, quelle sì un pugno allo stomaco, sono state quelle di William Klinger, ucciso a New York, forse l’ultima – si spera – vittima di una storia che continua a macinare odi e sospetti, contrapposizioni e divisioni. La verità? Come nell’immaginare il futuro, anche il passato avrebbe bisogno a volte di una sfera di cristallo. Parlarne è catartico, il film è soltanto un’altra tappa di questo desiderio di esporre le varie tesi prima del giudizio finale, affidato a non si sa chi, forse al riconoscimento convinto da parte del Paese di una storia sottaciuta. Dopo la proiezione abbiamo affidato il giudizio sul film agli spettatori, senza staccare il pensiero e la memoria dal racconto di Licia Cossetto, che di questa tragedia è stata un testimone sempre presente, anche di ciò che il film non racconta: il recupero del cadavere della sorella, la ricerca di testimoni inesistenti, la ricostruzione delle dinamiche da pochissimi frammenti, l’esodo, una vita dedicata alla memoria della sorella. Aveva voluto affidare le sue memorie a un libro. Dei suoi racconti nel film c’è poco, lei era stata molto precisa sui particolari che diventavano fondamentali per riandare a quei momenti e al cuore della sorella.

Non una parola per i parenti

“Noi non siamo di Visinada – ci dice una sua parente, Erminia Bernobi – perché nel film non hanno usato il nome del nostro paese che è Santa Domenica”, dice indignata. “All’inizio del film hanno annunciato la presenza in sala dei parenti del professore che aiutò Norma nella tesi, ma non una parola per i parenti di Norma, i Cossetto in sala erano una trentina. Il film? Lento con tante imprecisioni. Mi ha fatto male, ma non mi ha commossa”.
“Non mi è piaciuto – continua Maria Merlini originaria di Portole – che tutti i coloni venissero presentati come slavi, la mia famiglia e tante altre che conoscevamo erano coloni ed eravamo tutti italiani”.
“Il film è molto violento – afferma Lorenzo Rovis, Pedena – colpisce la tragedia, ma forse ci voleva più poesia”.
“Troppo lento – è l’opinione di Maria Delise – per chi queste tragedie le ha vissute sulla propria pelle per la storia familiare, è doloroso il ripensare a quei momenti, ma non si riesce a entrare nel film, i ricordi hanno il sopravvento”.
“Lento e troppe scene inutili, ridondanti – ci dice Giorgio Tessarolo –. Manca completamente il nesso con l’esodo, che è la nostra vera tragedia”.
Alla domanda se andrebbero a rivederlo, la risposta è no.
Ma è stato un bene produrlo?
La risposta è: basta che se ne parli.
Colpisce il dolore, che il film è riuscito a riportare a galla.
Lo fareste vedere ai ragazzi delle scuole.
Il no è unanime.
La produzione ha annunciato una versione ridotta (60 minuti invece di 150) per le scuole e una distribuzione in Germania, in America. Buon vento “Red land-Rosso Istria”.

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