Quel giorno in cui a Fiume nacque il punk

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Quel giorno in cui a Fiume nacque il punk

FIUME | Il 22 marzo del 1978 nella sede della Comunità degli Italiani di Fiume si tenne un concerto rock che definì un’epoca. La “Serata del rock fiumano”, questo il titolo dell’evento, si presentava a quei tempi più unica che rara, in quanto aveva segnato la comparsa del genere punk non soltanto nel capoluogo quarnerino, bensì anche nel resto dell’ex Jugoslavia (in Inghilterra era già in voga da parecchio). Vi chiederete come mai un avvenimento di questo tipo, così all’avanguardia, era stato ospitato proprio dall’allora Circolo? Per scoprirlo abbiamo rintracciato i “responsabili” dell’accaduto, ovvero due delle persone che, con l’aiuto di altri amici, organizzarono il tutto, precisamente Rodolfo Segnan e Sandro Vrancich.

Giornalisti in erba

“Nel dicembre del ‘77 iniziai a lavorare per il quotidiano La Voce del popolo, dove ben presto finii a scrivere di cultura, trattando spesso l’argomento musica. Collaboravo anche con Panorama giovani e in quella sede Ezio Mestrovich – caporedattore di allora –, notando questa mia propensione, mi incaricò di scrivere una serie di servizi sull’underground. Io conoscevo già qualcuno e quell’incarico mi diede la possibilità di andare ad ascoltare queste band facendo loro le domande che preferivo e scoprendo come funzionavano”, ricorda Rodolfo Segnan.
“Nel ‘77 avevo finito la Scuola di musica e avevo iniziato a lavorare per Radio Fiume. Inoltre, collaboravo anch’io per Panorama giovani e così Rudi mi mise a conoscenza del suo incarico – ha raccontato Sandro Vrancich –. Ezio Mestrovich era stato sempre di ampie vedute per quanto riguardava i giovani e anche in quel caso aveva colto nel segno. Scrivere qualche articolo sarebbe stato soltanto l’inizio; quei gruppi sgangherati e disorganizzati nascondevano in effetti dei musicisti molto abili. Ci parve subito evidente che si meritassero una sala in cui esibirsi”.

Vero e proprio concerto

La Comunità ce l’aveva e la poteva concedere gratuitamente per determinati eventi e così, se i gruppi avessero accettato di suonare gratis, si sarebbe potuto organizzare un vero e proprio concerto. Venne fatto tutto a regola d’arte, con il club dei giovani Giovanni Poscani, che chiese al direttore del sodalizio il premesso di organizzare la serata.
“Avevamo un appoggio quasi incondizionato da parte di Ferruccio Glavina – presidente della CI in quegli anni –, come pure di tutto il resto della presidenza, che appoggiava le nostre attività e ci spronava a organizzarne di nuove. Quindi avevamo il permesso di fare ciò che volevamo”, ha spiegato Vrancich.
“Il rock era visto come un punto di rottura della società. Agli anziani non piaceva e i giovani lo ascoltavano apposta per fare loro dispetto. Il punk era un qualche cosa di ancora più innovativo, che quasi nessuno conosceva all’epoca, e forse proprio per questo ci permisero di organizzare il tutto senza obiettare”, precisa Segnan.
Una volta ottenuta la sala, rimaneva il compito di scegliere i gruppi che si sarebbero esibiti, il che si dimostrò una sfida piuttosto ardua.

Strumenti rudimentali

“Gli strumenti musicali erano estremamente rudimentali. Nessuno possedeva una chitarra elettrica; si usavano le chitarre acustiche con l’ausilio di amplificatori estratti dalle vecchie radio. Le batterie erano formate da casse, tamburello e cinella e soltanto i più benestanti potevano permettersi il quarto elemento. Inoltre, nessuno aveva un vero impianto audio, i microfoni erano già fantascienza”, racconta Segnan, definendo ancora più pittoresche le condizioni in cui si svolgevano le prove di queste band.
“Non avevano dove suonare, facevano le prove nei garage, in cantina o in altri posti improvvisati. C’era un gruppo che suonava in una lisciera(lavatoio, nda) esterna alla casa. Siccome non c’era corrente elettrica, rimediavano con una prolunga che pendeva dalla finestra del quinto piano. Quanto il padre di uno dei membri del gruppo si stufava di tutto quel fracasso, staccava la spina e la musica cessava di colpo; si sentiva ancora soltanto il batterista, che continuava come un dannato non essendosi accorto di nulla”, ricorda ancora Segnan.
“Qualche giorno prima del concerto abbiamo organizzato le prove in Comunità. L’accordo era che noi avremmo procurato i microfoni e che i gruppi si sarebbero prestati a vicenda gli strumenti musicali. Ricordo che il volume era talmente alto che al bar ci si sentiva a malapena e che Argeo Patrona – Argeo Turkovich, detto Patrona, barista della CI – mi richiamò più volte pregandomi di abbassare il volume. “Se continuate di questo passo, si staccherà il lampadario”, diceva. Alla fine scegliemmo i Gea, i Taurus, gli Azimut e i Paraf, che chiesero di esibirsi per ultimi in quando la loro musica era sostanzialmente diversa. Si trattava della prima punk band di queste terre”, precisa Vrancich.

Annuncio su «La Voce»

Il concerto venne annunciato sulle pagine de “La Voce del popolo” e nella trasmissione di Radio Fiume, dove lavoravano i nostri due interlocutori, ma venne ignorato dal quotidiano “Novi list”. Nemmeno il giornale giovanile “Val”, essendo un quindicinale, poté dare l’annuncio, ma mandò un giornalista al concerto. Gran parte del pubblico, però, venne a conoscenza dell’evento grazie ai manifesti.
“La mamma di Joško Serdarević – dei Gea – lavorava al ‘3. maj’, dove avevano un ciclostile capace di stampare in A3 e dove avevano anche chi si occupava di disegno tecnico. Li pregammo pertanto di stampare una quindicina di manifesti, che avremmo poi usato per pubblicizzare l’evento. All’epoca, però, non era permesso affiggere manifesti in giro per la città. Gli unici che potevano farlo erano quelli dell’Ozeha, ai quali demmo non più di 6 pezzi, perché savevimo che noi gaveria fato un tubo. Il resto lo attaccammo nelle scuole”, prosegue il suo racconto Segnan.
“Il risultato fu stupefacente, perché il Circolo quella sera si presentò strapieno. Il concerto sarebbe dovuto iniziare alle 19.30, per dare il tempo a chi finiva la scuola alle 19 di venire a godersi lo spettacolo, ma mezz’ora prima dell’inizio la sala era già piena. In poco tempo si riempirono anche le sale laterali e i corridoi, tanto che guardandoci ci dicemmo: se lasemo dentro ancora qualchedun finiremo in biblioteca”, continua Vrancich.

Sala strapiena

“La gente, però, continuava ad arrivare, con i ritardatari che ci pregavano di lasciarli entrare, offrendo di pagare il biglietto a doppio prezzo. L’entrata costava dieci dinari, più o meno il controvalore di un burek dell’epoca”, aggiunge Segnan.
Il concerto andò alla grande, con i gruppi che suonarono egregiamente e con il pubblico che si dimostrò entusiasta, soprattutto della performance dei Gea. Molti dei giovani che parteciparono alla serata divennero poi dei bravissimi musicisti. La storia dei Paraf è nota a tutti, degli Azimut faceva parte Vlado Gašparović, che anni dopo aprì il Dallas music shop, nei Taurus c’era un certo Zlatan Klarić, che all’epoca frequentava il Liceo e che ora, grazie alle sue fenomenali doti di pianista, si trova al Conservatorio di Atene, nei Gea militava Davor Tolja, che fece poi parte dei Denis & Denis, e Joško Serdarević, che suonava già nella band Vrijeme i zemlja, assieme allo stesso Tolja. “Non ricordo, però, che cosa ci dissero il giorno dopo i ‘vecchi’ della Comunità”, si è chiesto Vrancich. “Ma niente, niente – gli ha risposto Segnan –. Abbiamo messo a posto tutto, nulla è stato danneggiato e il Club dei giovani della Comunità ha incassato una barca di soldi”.
Dopo un successo di tale portata, tutti si aspettavano altri concerti simili e difatti, i nostri due interlocutori provarono subito a rimediarne un altro. “Nel maggio dello stesso anno organizzammo un concerto all’albergo Neboder, stavolta con un unico gruppo, i Vrijeme i zemlja. L’elevatissimo costo della sala ci costrinse, però, ad aumentare di non poco il prezzo dei biglietti, per cui l’evento non riuscì ad avere lo stesso successo. Ritentammo pertanto con il Circolo. Il concerto si tenne nel marzo del ‘79 e vi si esibirono nuovamente quattro gruppi rock di Fiume, con più di 350 spettatori”, racconta Vrancich.

Punto di svolta

Oggi quel concerto viene visto come un importante punto di svolta, ma Sandro e Rudi ammettono che le loro intenzioni non erano quelle di rivoluzionare la scena musicale fiumana. “Non avevamo idea di quello che stavamo facendo, volevamo soltanto dare ai gruppi l’opportunità di esibirsi in pubblico, in una sala degna delle loro capacità musicali, e di dare ai giovani un’opportunità di svago”, hanno spiegato.
Ci si chiede soltanto perché non si sia proseguito con eventi simili anche negli anni a venire. A che punto si… inceppò il meccanismo? “Molto semplice: l’anno dopo fummo chiamati a fare il servizio di leva. Quando tornammo a Fiume, a 23 anni compiuti, ci sentivamo ormai dei nonnetti in confronto a questi ragazzini diciottenni”, conclude ridendo Rudi Segnan.

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