Lingue, dialetti e idiomi romanzi nell’Adriatico

Nina Spicijarić Paškvan ha illustrato i risultati delle sue ricerche

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Lingue, dialetti e idiomi romanzi nell’Adriatico

Si è tenuta al Dipartimento di Croatistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume un’interessante lezione sulle “Lingue romanze nell’area costiera dell’alto Adriatico”. Ad aver esposto i risultati dei suoi studi è stata Nina Spicijarić Paškvan, collaboratrice scientifica all’Istituto per le Scienze storiche e sociali (sezione di Pola) dell’Accademia croata delle Scienze e delle Arti (HAZU) di Fiume. L’evento fa parte del progetto “Kafka” dell’Università degli Studi di Fiume.

Il mistero del dalmatico

Lungo la costa orientale dell’Adriatico si sono sviluppate cinque lingue diverse, ha illustrato Spicijarić Paškvan, rivolgendosi agli studenti, ovvero il dalmatico, l’istrioto, l’istrorumeno, il veglioto e il veneto. L’istrioto e l’istroromanzo sono le uniche lingue considerate autoctone, mentre le altre sono state importate nel corso delle migrazioni del passato o hanno subito pesanti influenze slave. La lingua più misteriosa, in quanto non rimangono testimonianze orali né tracce audio è il dalmatico o dalmatoromanzo, che storicamente si divideva in jadertino (Zara), raguseo (Ragusa) e labeate (Cattaro). La graduale scomparsa di questo dialetto è iniziata già nell’XI secolo, ma esistevano esigui parlanti pure alla fine del XIX secolo, il che ha permesso al linguista e glottologo italiano Matteo Giulio Bartoli di studiare l’idioma e confrontarlo con il veglioto, ma anche di intervistare l’ultimo parlante, Anton Udina Burbur. La docente ha aggiunto anche una curiosità legata al veglioto, ovvero il fatto che l’idioma e Anton Burbur divennero un simbolo della lotta per le lingue non nazionali in Galizia (Spagna) e numerosi artisti, tra cui Igor Lugris Alvarez e Reimundo Patiño li hanno inseriti nelle proprie opere.

La relatrice Nina Spicijarić Paškvan

L’istrorumeno tra Istria e Veglia

Un’altra lingua da curare e preservare è l’istrioto, correntemente parlato soltanto nelle aree di Rovigno, Dignano, Valle, Fasana, Gallesano e Sissano. Il primo documento scritto dell’istrioto risale al 1835. Ancor più a rischio è l’istrorumeno, parlato da alcuni popoli che sono migrati dai territori dell’odierna Romania e che venivano definiti Vlahi. L’istrorumeno è uno dei quattro dialetti del rumeno ed è stato portato nella zona della Ciciaria nel XV secolo, ma anche nelle zone nord-occidentali dell’isola di Veglia, dove rimangono alcune tracce nella toponomastica. L’arrivo di queste popolazioni nomadi è dovuto a Giovanni (Ivan) VII Francopan, il quale le aveva impiegate come forza lavoro sull’isola. L’ultimo parlante del dialetto isolano è stato Mate Bajčić Gašpović, deceduto nel 1875. In Istria, invece, si stima che i parlanti siano attualmente duecento. L’istrorumeno è stato dichiarato lingua a rischio d’estinzione dall’UNESCO.

Il veneto, una parlata importata

La docente ha lasciato per ultimo il dialetto veneto, ovvero l’idioma romanzo tutt’ora parlato lungo la costa croata, ma in particolar modo in Istria e nel Quarnero.
“La diffusione del veneto risale al periodo che va dal X al XV secolo – ha puntualizzato – e non lo consideriamo una lingua autoctona in quanto non si è sviluppato in linea diretta dal latino, ma è stato importato da marinai e commercianti della Serenissima. Ovviamente, una volta attecchito, ha continuato a evolversi influenzato dal substrato linguistico precedente. In ogni caso la diffusione capillare di questo dialetto può venire considerata in tutto e per tutto una rivoluzione linguistica, culturale e commerciale”. La lezione si è conclusa con alcuni esempi di opere letterarie e albi illustrati per bambini nei quali vengono usati i dialetti menzionati. Molto interessanti anche gli esempi di parole dialettali e i video dei parlanti l’istrioto e l’istrorumeno. Gli studenti potranno sfruttare gli spunti offerti dalla relatrice per avviare altri progetti di ricerca.

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