L’evento «Memento mori» ricorda la caducità della vita

In mostra a Spalato circa sessanta reperti che raccontano la vita e la morte dei cittadini dell’antica Salona e che sono stati rinvenuti casualmente negli anni ‘80 del secolo scorso

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L’evento «Memento mori» ricorda la caducità della vita
Un’immagine dell’apertura. Foto: COSIMO DAMIANO D’AMBRA

Grandissima affluenza di gente al Museo archeologico di Spalato per assistere all’inaugurazione della mostra intitolata “Memento mori”. Il Museo archeologico di Spalato si è presentato ai 500 visitatori, con una visuale dal colore rosso. Gli spazi dedicati alla mostra comprendono quelli esterni alla struttura che ospita il lapidarium e la grande sala centrale con le salette interne allo spazio museale.

Interventi
Si tratta di un allestimento espositivo di numerosi reperti, venuti alla luce circa 40 anni fa sul lato occidentale dell’antica città di Salona, mentre si stava costruendo un tratto della superstrada Spalato –Traù. Per la prima volta i visitatori possono ammirare i reperti ritrovati negli anni Ottanta, ricchi di una bellezza unica. Questi oggetti rinvenuti nelle tombe della grande necropoli occidentale della città di Salona appartengono al periodo tra il I e il VI secolo d.C. La mostra è stata aperta dal presidente della Regione di Spalato e della Dalmazia, Blaženko Boban, il quale ha ringraziato il Ministero della cultura e dei media per aver sostenuto l’iniziativa. All’apertura sono intervenuti nei discorsi ufficiali il direttore del museo, Ante Jurčević, la curatrice Vesna Matić, Vedran Barbarić, ex direttore del Museo archeologico di Spalato e coordinatore degli scavi archeologici negli anni 1986-87, Jagoda Mardešić curatrice senior e coautrice della mostra e il consigliere museale Branko Kirigin. Anche se i ritrovamenti riguardano 615 sepolcri, i pezzi esposti sono reperti ritrovati soltanto in 60 tombe. La scelta da parte dell’entourage del Museo archeologico di aprire la mostra nel mese di febbraio non è casuale. L’apertura della mostra “Memento Mori” (“Ricorda che devi morire”) in maniera molto studiata ed oculata è stata fissata nel periodo in cui si tenevano le cerimonie funebri saloniane, ovvero durante le Idi di febbraio, nel corso delle quali i salonitani onoravano i loro morti. I sarcofagi e i reperti del lapidarium sono stati decorati con corone e ghirlande di alloro e lo spazio era dominato dal colore rosso che nell’antichità rappresentava il colore della morte. L’allestimento presenta ai visitatori due temi distinti. Il primo presenta tutti i momenti e le fasi dello scavo svolti dagli archeologi nelle ricerche nell’area della necropoli. Il secondo allestimento presenta una parte dei reperti trovati durante gli scavi nelle tombe. Grande entusiasmo da parte del pubblico che è rimasto a lungo negli spazi del museo, attratto dalla bellezza dei reperti ancora pressoché integri. Questi ultimi, considerati come documenti parlanti, raccontano gli usi, i costumi, la vita e la cultura della ricca città di Salona. Con alcune tecnologie moderne il visitatore può anche vedere i volti e l’aspetto degli antichi saloniani, creato da alcuni studiosi di antropologia che hanno ridato agli scheletri presenti nelle tombe il loro aspetto umano, soprattutto alle donne e ai bambini.

I reperti sono ben preservati.
Foto: COSIMO DAMIANO D’AMBRA

Oggetti d’uso quotidiano e opere d’arte
L’allestimento comprende bellissimi reperti esposti, tra cui vasi in vetro, i preziosi gioielli, anelli e collane, insieme a molti accessori di avorio ed in osso, che facevano parte del nécessaire per l’acconciatura, per la cura, il trucco, per il corpo e per i vestiti della donna salonitana. Non mancano le monete ed oggetti destinati all’uso sacro e profano, che documentano la vivacità della vita sociale. Di grande importanza sono i reperti lapidei ed i sarcofagi, che documentano il rapporto che avevano i cittadini con la vita dell’aldilà. In particolare, un sarcofago tutto decorato in tralci di vite e risalente al periodo compreso tra il 260 e il 270, era un tipo di sarcofago realizzato nelle officine dell’Attica. In questo è raffigurata la scena di eroti impegnati nella raccolta dell’uva. Come un quadro paesaggistico o un libro di botanica sono raffigurati sul lato frontale 17 eroti che raccolgono l’uva, giocano con animali e cacciano uccelli. Gli animali presenti sono diversi: una capra, una tartaruga, tre pavoni, quattro tordi, una vipera con un altro tipo di serpente, cinque lumache, una lucertola, due mosche, due cavallette, due farfalle. Gli eroti sono tra tre grandi viti con foglie e grappoli d’uva. Sul lato destro del sarcofago sono raffigurati otto eroti con una leonessa ed un cesta, una testa di ariete, un tordo, una lucertola, lumache, una farfalla. Sul lato sinistro la scena della raccolta dell’uva comprende l’incisione di sei viti, tre cesti d’uva, una leonessa, una capra, un gallo, due pavoni, tre tordi, due lucertole, un serpente e una lumaca. Un gallo e una giovenca sono in lotta tra loro. Su questo lato non sono raffigurati eroti, ma sono incise tre viti, una leonessa porta un cesto di uva, due pavoni e due grandi cesti d’uva. La mostra è una grande testimonianza della ricchezza culturale dell’epoca. Le nuove generazioni hanno la grande responsabilità di preservare tale ricchezza e conservarla per il futuro.

Un pezzo in esposizione.
Foto: COSIMO DAMIANO D’AMBRA

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