Le navi da battaglia a cavallo tra il XIX e il XX secolo

Il volume di Marco Zelaschi vuole colmare il vuoto presente da troppo tempo nella saggistica navale italiana

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Le navi da battaglia a cavallo tra il XIX e il XX secolo

La Sala Benussi del Centro di ricerche storiche di Rovigno ha ospitato la presentazione della pubblicazione “Le navi da battaglia austro-ungariche nella Prima Guerra Mondiale 1914-1918”, dell’autore Marco Zelaschi, curata dall’editore “Aviani & Aviani” in collaborazione con il Centro di ricerche storiche rovignese. Tra i presenti in sala, oltre all’autore del libro e all’editore Giovanni Aviani, il presidente dell’UI, Maurizio Tremul, il presidente del Consiglio regionale della Minoranza italiana autoctona, Gianclaudio Pellizzer, il presidente onorario dell’UI, prof. Giovanni Radossi, nonché il direttore del CRS, Raul Marsetič.

 

Cantieri giuliani e istro-quarnerini

Il saggio, incentrato sui personaggi che hanno reso celebre la marina austro-ungarica nel Mediterraneo, è il frutto di quattro anni di ricerche svolte dall’autore su quelle unità che costituivano “la spina dorsale” della flotta austro-ungarica, ossia le corazzate, navi che a cavallo tra il XIX e XX secolo, rappresentavano il fiore all’occhiello dei cantieri giuliani, istriani e della città di Fiume.

La copertina del volume di Marco Zelaschi

Un volume diviso in tre parti

In tutto sono tre le parti costituenti la monografia: la prima, dedicata agli aspetti tecnici delle singole navi quali le dimensioni, la tipologia di protezioni adottate sulla nave o le artiglierie imbarcate a bordo; la seconda e la terza sezione costituiscono invece le due facce di una stessa medaglia, in quanto una tratta la storia delle navi in tempo di pace, fino allo scoppio del conflitto nel 28 luglio 1914, mentre l’altra descrive le azioni condotte durante la Grande Guerra, sia contro le forze francesi ed inglesi, che contro il nemico italiano. “Perché un libro sulle navi da battaglie austro-ungariche? Un volume che nasce dall’esigenza di colmare un vuoto, presente ormai da troppo tempo nella saggistica navale italiana, e che intende aprire la strada a nuovi studi e di far luce su un argomento ritenuto spesso secondario e quindi poco approfondito quale la storia di una marina da guerra ormai scomparsa” spiega l’autore.

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