«La dama di picche». Convincono i solisti

Al TNC «Ivan de Zajc» di Fiume ha avuto luogo la première dell’opera di P.I. Čajkovskij, per la regia di Christian Romanowski e la direzione artistica di Dunja Vejzović

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«La dama di picche». Convincono i solisti
Ivan Momirov. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Amore, morte, destino, disperazione. Questi sono solo alcuni dei temi e sentimenti che caratterizzano l’opera “La dama di picche” di P.I. Čajkovskij, la cui première, ultima di questa stagione, ha avuto luogo l’altra sera al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume. L’allestimento, la cui regia è firmata da Christian Romanowski e la direzione artistica della primadonna Dunja Vejzović, la quale si è esibita nel ruolo della vecchia Contessa, è stato diretto dal Maestro Valentin Egel.

Elementi realistici e fantastici
Ricordiamo che “La dama di picche” è un’opera in tre atti basata sul racconto di Aleksandar Puškin, il cui libretto è firmato dal fratello minore del compositore, Modest Čajkovskij. Il racconto rientra in un genere di moda del Romanticismo e mescola elementi realistici a elementi fantastici. Herman, un giovane ufficiale, si innamora di Liza, fidanzata al principe Jeleckij, e apprende dal conte Tomskij che la vecchia Contessa di cui Liza è nipote possiede un segreto per vincere infallibilmente al gioco, legato a tre carte misteriose, tanto da essere soprannominata La dama di picche. Da questo momento in poi, Herman rimarrà ossessionato dall’idea di scoprire il segreto della Contessa e di arricchirsi, il che gli permetterebbe pure di strappare Liza, che nel frattempo ha sedotto, al suo fidanzato. Herman si intrufola una notte nelle stanze della vecchia e la spaventa al punto da causarle un infarto e la morte, senza, però, averle strappato il segreto delle tre carte. Nella sera del funerale della Contessa, a Herman, la cui fissazione gli fa a piano a piano perdere la ragione, appare lo spettro della Contessa che gli rivela le tre magiche carte. Liza e Herman si incontrano in riva alla Neva, lei cerca di convincerlo a fuggire insieme, ma lui ora è completamente in preda all’ossessione e Liza non gli interessa più. Lei, disperata, si getta nel fiume. Al tavolo da gioco, Herman vince con le prime due carte, al che viene sfidato dal principe Jeleckij, che si vuole vendicare per aver perso la fidanzata. Herman è convinto che la terza carta sarà un asso, come rivelatogli dallo spettro della Contessa, ma scopre di avere tra le mani la dama di picche. Herman impazzisce e si suicida, chiedendo perdono all’anima di Liza.

L’ossessione di Herman
“La dama di picche”, come si evince dalla trama, è un’opera pervasa da un’atmosfera drammatica in cui tutto fa presagire una fine tragica. Gli aspetti più rilevanti della storia sono la psicologia e in primo luogo l’ossessione di Herman, che influisce drammaticamente sul destino di diversi personaggi, in primo luogo di Liza. In quest’opera, la musica esprime gli stati d’animo dei protagonisti, ma a momenti sembra quasi accennare all’avanguardia, talmente complesso è il suo tessuto musicale. Nel corso dell’opera si alternano segmenti lirici a quelli drammatici di straordinaria bellezza.
L’allestimento fiumano dell’opera, dal punto di vista della regia, sfrutta ingegnosamente tutti i mezzi scenici a disposizione e la numerosità dell’ensemble in scena. Ci sono qui il Coro dell’Opera, coinvolto attivamente nell’azione scenica, il Coro di voci bianche e un gruppo di bambini, che creano un continuo viavai sul palcoscenico, ai quali si unisce pure il Balletto. L’uso del meccanismo che fa ruotare la parte centrale del palcoscenico contribuisce ulteriormente alla dinamica dello spettacolo e in alcuni momenti serve a rimarcare l’alienazione del protagonista dal resto della società a causa della sua ossessione. Il regista e la direttrice artistica della messinscena, Dunja Vejzović, hanno introdotto nell’allestimento degli elementi grotteschi, dall’aspetto della vecchia Contessa, alle sue serve e alla coreografia del Balletto dello “spettacolo nello spettacolo” intitolato “La fedeltà delle pastorelle”. Ambientato nel XVIII secolo, quest’intermezzo è composto da Čajkovskij nello stile di Mozart.

Ruoli impegnativi
Nei panni del protagonista Herman si è esibito il tenore Ivan Momirov, che, nonostante la sua malattia – come spiegato all’inizio dello spettacolo dal direttore dell’Opera, Dražen Siriščević, il quale ha pregato il pubblico di essere comprensivo – ha interpretato il suo difficile ruolo con una voce potente, che in nessun momento ha lasciato trasparire un’eventuale debolezza fisica del cantante. Dal punto di vista della recitazione, ha dato vita a un personaggio combattuto tra il suo amore per Liza e il desiderio di conoscere il segreto di sua nonna.
Il soprano Agnes Thorsteins, nel ruolo di Liza, ha espresso in maniera convincente il conflitto interiore che porta il suo personaggio alla tragica fine, anche se non sarebbe dispiaciuta una voce più voluminosa. È stata imponente e minacciosa la primadonna Dunja Vejzović che, come annunciato in più occasioni, con il ruolo della vecchia Contessa si congeda dal palcoscenico. Sfruttando la sua grande esperienza e il suo talento fuori dal comune e basando la sua intepretazione sulla pronuncia espressiva delle parole, ha creato un personaggio incisivo.

Un’interpretazione espressiva
Il basso-baritono Luka Ortar ha offerto un’interpretazione espressiva e spassosa nei panni del conte Tomskij, soprattutto nell’aria “Una volta a Versailles (tre carte)”, che ha eseguito con una voce sicura e ben modellata. Robert Kolar (principe Jeleckij) si è cimentato con convinzione e un bel fraseggio nell’aria “Io vi amo”, senza dubbio uno degli apici dello spettacolo. Da segnalare anche i begli interventi di Giulia Diomede nei panni di Polina e di Sofija Cingula nel ruolo della governante.
Hanno fatto bene anche Bože Jurić Pešić (Čekalinskij), Dario Dugandžić (Surin), Slavko Sekulić (Narumov), Sergej Kiselev (Čaplickij) e Gabrijela Deglin (Maša). Nel ruolo del maestro di cerimonia si è esibito Jasmin Mekić.
Il Coro dell’Opera, istruito dal Maestro Matteo Salvemini, è stato sicuro e disinvolto nei suoi interventi, mentre l’Orchestra sinfonica di Fiume, sotto la direzione del Maestro Valentin Egel, si è dimostrata ancora una volta un ensemble di grande qualità. Ha fatto bene anche il Coro di voci bianche istruito da Doris Kovačić. Grottesca, ma originale, la coreografia del Balletto dello “spettacolo nello spettacolo”, in cui i ballerini indossano delle maschere che imitano i teschi delle pecore, firmata da Janne Boere.
Graziosi i costumi che si ispirano alla moda del XIX secolo, mentre le luci sono firmate da Dalibor Fugošić.
L’opera avrà una replica questa sera alle ore 19.

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