«Kamikaze». La (non) accettazione del diverso

Il regista Marco Lorenzi e il drammaturgo Lorenzo de Iacovo sono riusciti a trasformare l’opera di Emanuele Aldrovandi in una messinscena che può avere numerose letture, da quelle superficiali a quelle filosofiche

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«Kamikaze». La (non) accettazione del diverso
La squadra cinematografica all’opera. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Ha debuttato al TNC “Ivan de Zajc” di Fiume il progetto “Kamikaze (Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono)”, una coproduzione del Dramma Italiano dello “Zajc” con il “Teatro Biondo” di Palermo. Questo progetto ibrido che ha unito il Teatro fiumano con il Teatro siciliano, offrendoci una prospettiva non solo internazionale, ma piuttosto globale di alcuni dei problemi più cocenti della nostra società, ha portato una ventata di freschezza sulla scena dello “Zajc”.

La paura dell’Islam
Lo spettacolo si apre, com’era stato annunciato, con la storia di una giovane regista cinematografica che ha scritto un film diviso in cinque quadri e vorrebbe farlo produrre, dopo aver ottenuto successo, in precedenza, con un cortometraggio premiato ad alcuni festival cinematografici. Quello che non ci dice l’annuncio sulle pagine del Teatro e che non è stato rivelato nemmeno dal regista, forse volutamente, è che la regista è musulmana e porta il hijab, il tipico copricapo femminile dell’Islam. Già nella prima scena, dunque, lo spettatore ha modo di collocare la protagonista in un determinato contesto religioso e sociale. La storia raccontata dalla regista, però, non vuole essere la “sua” storia, un racconto personale o autobiografico della vita dei musulmani in Francia. Quello che lo spettatore vede raccontato, parallelamente alla vicenda della protagonista che cerca di realizzare il suo progetto cinematografico, sono proprio le scene di questa pellicola, ancora sul nascere, ancora sotto forma di sceneggiatura. La pellicola è il nocciolo dello spettacolo e parla allo spettatore contemporaneo senza mezzi termini, buttandogli in faccia, in modo quasi brutale, la verità sulla sua ipocrisia di cittadino europeo benestante e liberale.

Il cinema portato a teatro
In questo progetto, come anche in “Enrico IV”, ne “Un caso di autodistruzione” di Kristijan Novak e tanti altri, il teatro si fonde con il cinema in maniera strepitosa. A differenza di altri spettacoli, in questo caso viene usata più di una telecamera, permettendo ai tecnici di cambiare scena e alternare le inquadrature a seconda del personaggio che sta parlando. Un altro elemento sorprendente è la semplicità della scenografia, fondamentalmente composta da pannelli su ruote, che fanno da sfondo alle inquadrature e che in maniera semplice e veloce riescono a rendere l’idea di un ufficio, del tram, di un ristorante e persino del deserto. Con dei minimi accorgimenti, dunque, Edoardo Palma ed Emanuele Gaetano Forte, hanno usato il video per dare allo spettatore la sensazione di aver cambiato completamente scenografia e di essere catapultato in una realtà completamente diversa.

Una serie di situazioni kafkiane
Le situazioni al limite dell’assurdo che ci mette di fronte “Kamikaze” ci portano a chiederci in che mondo stiamo vivendo e com’è possibile che dichiaratamente vengano rispettati alcuni valori, mentre in pratica regna la legge dell’egoismo, degli interessi personali e del re denaro. Proprio come ne “Il processo” di Franz Kafka, in cui Josef K. viene processato per motivi misteriosi, complice la passiva accettazione, da parte degli altri personaggi, dell’ineluttabilità di una giustizia che funziona come un fenomeno fisico, con sue logiche autoreferenziali e insondabili, contro cui a nulla servono la razionalità e la lucidità, in ciascuna scena del film della regista c’è un personaggio che non comprende l’assurdità della situazione nella quale è venuto a trovarsi e sembra incredulo di fronte all’incoerenza dei suoi carcerieri. I personaggi più razionali, più benevoli e benintenzionati, vengono derisi, considerati ingenui o ignorati. È un triste mondo per chi crede ancora nella razionalità e nella fratellanza di tutte le persone.

Il denaro e la politica
Come viene detto chiaramente nel corso dello spettacolo, tutto quello che facciamo serve ad allargare il mercato, mentre per quanto riguarda il ruolo dell’individuo nella società “si fa finta di essere felici”. Il progetto invita lo spettatore a smettere di fare finta di essere felice, accettare la responsabilità individuale dei problemi collettivi e uscire dalla propria camera d’eco, per assumere una visione più complessa e stratificata della realtà. Quelli che noi consideriamo conflitti religiosi o politici, sono, in realtà, solo una maschera che nasconde le profonde disparità economiche, aggravatesi con l’intensificazione delle ondate migratorie, ma esistenti già prima. Anche i personaggi che sono nati in Francia da genitori stranieri e si considerano cittadini francesi a tutti gli effetti, in realtà sono dei cittadini di serie B e non hanno le stesse possibilità di studio, lavoro e crescita come i cittadini francesi dalla pelle chiara e di religione cattolica. I cittadini musulmani, relegati in rioni in cui vivono soltanto minoranze nazionali o religiose, sono una preziosa fonte economica perché svolgono lavori di bassa manovalanza, disprezzati dai francesi benestanti. Alla fine del dibattito, dunque, tutto si riduce a una semplice dicotomia: chi è ricco e chi è povero. La scena che sconcerta forse più delle altre è un incontro tra politici di estrema sinistra ed estrema destra, “liberali e razzisti”, rappresentanti di una maggioranza civile, tollerante ed egualitaria e una minoranza estrema, insofferente e bigotta. Le parti scendono a compromessi per mantenere lo status quo in nome di un interesse economico. La parte scioccante è proprio il fatto che la situazione è sin troppo credibile.

Una questione di principio
A differenza dei politici, che scendono a compromessi per tutelare i propri conti bancari, la regista si rifiuta di edulcorare alcune scene del suo film, e soprattutto rifiuta di cambiare il finale, che i produttori vorrebbero sotto forma di una melensa scena d’amore, mentre lei insiste per l’esplosione. “Se metto i soldi scelgo il finale” le viene detto, perché chi ha le risorse economiche detta legge e può influire sul prodotto finale. È impossibile, infatti, produrre un film che vada contro gli interessi economici di chi lo finanzia e dunque la testardaggine della giovane artista la allontana da coloro che avrebbero portato alla realizzazione del suo sogno. La messinscena si conclude con una breve storia dell’Islam raccontata in tre lingue (italiano, croato e inglese) dagli attori del Dramma Italiano, del Dramma Croato e del Teatro di Palermo. Nella breve cronologia viene esposta la nascita e la diffusione della religione, nonché i primi scontri con i cristiani, che sfociarono nelle crociate. Per ogni data, ogni battaglia, viene menzionato il numero di morti, soprattutto per quanto riguarda i Paesi islamici. A un certo punto, però, le guerre e le morti smettono di venire dettate da motivi religiosi e diventano, piuttosto, la conseguenza di una lotta per le risorse energetiche, il petrolio.

Un prodotto «esplosivo»
Il regista Marco Lorenzi e il drammaturgo Lorenzo de Iacovo sono riusciti a trasformare l’opera di Emanuele Aldrovandi in una messinscena che può avere numerose letture, di cui alcune superficiali, mentre altre più filosofiche. Purtroppo alcuni spettatori si sono limitati alla lettura superficiale, dichiarando, alla fine dello spettacolo: “Il progetto ci dice chiaramente che la convivenza è impossibile e dobbiamo lottare contro i musulmani”, mentre altri hanno ammesso di essere ancora sconvolti dalle rivelazioni in scena e di voler rivederlo per cogliere le sfumature che forse sono sfuggite a una prima visione. In ogni caso “Kamikaze (Assocerò sempre la tua faccia alle cose che esplodono)” è uno spettacolo molto interessante e perspicace, che a momenti dà allo spettatore letteralmente la sensazione che la testa stia per esplodergli.
Le scenografie e i costumi sono di Gregorio Zurla, le musiche di Enza De Rose e Leonardo Porcile, le proiezioni video di Edoardo Palma ed Emanuele Gaetano Forte, il disegno luci di Robert Pavlić, assistente alla scenografia e costumi è Ivan Botički. Gli interpreti sono Elena Brumini, Vittorio Camarota, Eletta Del Castillo, Aurora Cimino, Aleksandar Cvjetković, Serena Ferraiuolo, Stefano Maria Iagulli, Mario Jovev e Mirko Soldano. Direttrice di scena è Andrea Slama.
“Kamikaze” verrà riproposto il 27, 28 e 29 marzo alle 19.30 allo “Zajc”, nonché domani a Buie, il 25 marzo a Pola e dal 5 al 15 aprile a Palermo.

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