I soldati istriani nella Grande Guerra

0
I soldati istriani nella Grande Guerra

Una marea umana di oltre 13mila nomi, testimonianze del destino dei soldati e ufficiali sudditi della Monarchia austro-ungarica, originari o provenienti dal Margraviato d’Istria – da San Dorligo della Valle a Castua, isole del Quarnero comprese –, che nelle trincee e nei boschi della Galizia, della Bucovina, del Carso, nel Tirolo, nei Balcani oppure nei mari, hanno sostenuto il peso di anni terribili, segnati da sofferenze, sacrifici, fatiche. Quelli della Grande Guerra. Un’inutile carneficina, come la definì papa Benedetto XV. Molti, troppi, non tornarono più, altri subirono mutilazioni o ferite nel fisico e nell’anima, altri ancora conobbero le prigioni. È una parte del bilancio della Prima guerra mondiale, tragico come lo sono tutti quelli bellici.

E fa un certo effetto scorrere il lungo elenco di istriani che hanno combattuto per l’imperatore e per il re dal 1914 al 1918, dai Carpazi alla Serbia, dall’Isonzo alla Russia e persino in Giappone, donando la propria vita, subendo supplizi vari. Ci sono parenti che ancor oggi non conoscono la fine esatta dei loro avi, la data o il luogo in cui i loro cuori hanno smesso di battere. Destini che in alcuni casi si perdono nei meandri dei palazzi del potere di una volta, tra pile e pile di scartoffie dimenticate. Ci voleva la meticolosità e la certosina pazienza di un archeologo per riuscire a recuperare le tracce e a ricostruire un data base che si offre oggi a studiosi, per ulteriori approfondimenti e ricerche, o magari semplici curiosi, animati da quello stesso spirito che ha spinto il professor Robert Matijašić a intraprendere quest’accurata ricerca.

Alla ricerca del nonno morto sulle Dolomiti

“Sono partito da una questione molto privata. Infatti, volevo scoprire i dettagli della morte di mio nonno, del 97º Reggimento, deceduto nel 1916 sulle Dolomiti, e del quale non si è mai saputo altro”, spiega il prof. Matijašić, studioso che nel panorama storiografico istriano (e non solo) non ha bisogno di presentazioni. Nel corso di una conferenza stampa indetta tra le mura del castello di Pisino (ospiti del Museo etnografico dell’Istria) “introduce” la sua nuova fatica. “Circa cinque anni fa ho appreso dell’esistenza di questi fascicoli e, consultandoli, ho notato che moltissimi dati si riferivano a istriani”. Poi il caso ha voluto che le sue indagini proseguissero e incrociassero la volontà della Società umanistica “Histria” di Capodistria di sviluppare il tema della Grande Guerra con un lavoro di demografia storica.
Il progetto è andato avanti e ha portato alla pubblicazione dell’opera quadrilingue – simboleggiare le nazioni che un secolo fa si sono combattute a suon di armi – intitolata “Verlustliste/Popis gubitaka/Seznamek izgub/Lista delle perdite (1914-1919). Istrien/Istra/Istria”, uscita per le Histria Editiones (HE) della citata società capodistriana, settimo tomo della collana Histria Documentum. In oltre 450 pagine, con prefazione di Dean Krmac (redattore responsabile delle HE), nota introduttiva di Aleksej Kalc e postfazione di Darko Dukovski, sono contenuti i nomi di 13.204 soldati istriani caduti, feriti o fatti prigionieri nel corso del Primo conflitto mondiale. I nominativi, con i relativi dati anagrafici e il corpo di appartenenza, sono stati attinti alla “Lista delle perdite” (Verlustliste), l’elenco ufficiale che l’i. e r. Ministero della Guerra ha pubblicato in 709 fascicoli, usciti tra il 1914 e il 1919, con complessivi oltre 2 milioni di nomi di militari dell’esercito-austroungarico.

Primo tentativo di quantificare le perdite

È il primo tentativo di quantificare le perdite militari della Prima guerra mondiale e di dare un nome alle migliaia di istriani per troppo tempo rimasti nell’oblio. “Questo è soltanto un inizio”, hanno ribadito Matijašić e Krmac, precisando che l’elenco è da ritenersi incompleto. Ad esempio, le “Verlustliste” non riportano notizie relative ai marinai della SMS “Szent István” oppure ai lavoratori militarizzati nell’Arsenale di Pola (i decessi di questi ultimi figurano “per malattie”). In altre parole, rimangono da consultare altre fonti, soprattutto quelle parrocchiali, che contengono materiale quasi del tutto inesplorato.
La statistica è essenziale, relativa ai nomi, non alle persone: ci sono doppioni, dunque, una persona viene prima data per ferita poi come deceduta; emblematico l’esempio dell’albonese Ermanno Stemberger (1884-1971), un cultore della storia locale, spacciato prima per morto e successivamente, con una correzione delle medesime autorità, prigioniero in Russia. In alcuni casi – come del resto anche in quello del nonno di Marijašić – i nomi sono storpiati: evidentemente i funzionari addetti non avevano familiarità con la grafia dei cognomi di queste terre, oppure erano scritte a mano e riportate scorrettamente da chi poi le pubblicava a Vienna. Da segnalare che le vittime sono riportate in neretto.

Strumento prezioso per altre indagini

Tra spoglio, analisi e trascrizioni, non ci sono dubbi sul fatto che Matijašić abbia portato a termine un’imponente mole di lavoro. Ci troviamo di fronte a un pregevole contributo storiografico, che potrà fungere da valido steumento per ulteriori studi e approfondimenti. Va rilevato, tra l’altro, che viene ricostruita la struttura militare dell’i. e r. Esercito in riferimento ai territori istriani (che rientravano nella zona militare del III Corpo d’Armata) e i relativi gradi (il tutto in tedesco, croato, italiano e sloveno).
Il presente progetto, che la Società umanistica “Histria” ha promosso “anche a salvaguardia del patrimonio umano, nel significato più stretto del termine – conclude Krmac – si vedrà completamente realizzato quando sorgeranno nuovi studi, di qualsivoglia tipologia o contenuto, che utilizzeranno questa base di dati ora messa a disposizione in una versione più immediata per lo studioso. Allo stesso modo si riterrà compiuto ogniqualvolta il lettore troverà tra l’enorme massa di nomi un proprio antenato, un parente, un conoscente o un compaesano. Ma anche quando non lo si troverà”.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display