Il neoclassicismo moderno che domina a Fiume

Nel Cubetto a Fiume è stato presentato il volume dedicato all'architetto Vladimir Grubešić, il quale progettò alcuni dei palazzi più belli e monumentali della città. Le sue soluzioni stilistiche sono state definite inusuali e coraggiose

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Il neoclassicismo moderno che domina a Fiume
Daina Glavočić, Branka Arh, Ervin Dubrović, Marko Franković e Silvia Grubešić. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Uno dei maggiori architetti fiumani, Vladimir Grubešić, è stato ricordato nel Cubetto, la sede storica del Museo civico di Fiume, da illustri architetti, ex colleghi, membri della sua famiglia e storici dell’arte. A dare il benvenuto ai presenti è stato l’ex direttore del Museo civico e storico dell’arte Ervin Dubrović, il quale ha affermato che il volume presentato per l’occasione è il terzo e ultimo della serie dedicata all’architetto.

Alcune copie del volume dedicato a Vladimir Grubešić.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Ideò il cuore fiumano
“Grubešić, nato nel 1942 a Mrzle Vodice, nel Gorski kotar, si è diplomato alla Scuola media superiore di architettura di Fiume, per laurearsi, nel 1966, alla Facoltà di Architettura di Zagabria – ha spiegato Dubrović –. Dopo gli studi gli fu offerto un posto di lavoro all’università, ma Grubešić preferì tornare a Fiume e lavorare in proprio, progettando alcuni dei palazzi più belli e monumentali della città. L’architetto ideò i palazzi più imponenti e importanti degli anni Ottanta e Novanta e se passiamo per il centro di Fiume noteremo la sua firma a ogni passo. Il suo stile è la continuazione naturale di quello di Igor Emili, altro grande architetto fiumano, ed entrambi lavorarono di gran lena per preservare il centro storico di Fiume, ovvero la cittavecchia. Le sue soluzioni stilistiche erano inusuali e coraggiose. Se dovessi scegliere un termine per definire il suo stile direi che si tratta di ‘neoclassicismo moderno’”. Dubrović ha esposto anche le varie fasi dell’artista, che all’inizio della carriera rifuggiva lo stile mediterraneo, per poi abbracciarlo almeno in parte, passando dall’utilizzare materiali come l’alluminio, al marmo bianco.

Rifiutò la tecnologia
È stato ricordato anche che il primo volume, accompagnato da una retrospettiva dei suoi lavori, esposti nella galleria Mali Salon, è stato presentato nel 2003 e curato dall’architetto Marko Franković, il quale ha preso la parola per parlare soprattutto delle proprie esperienze con Grubešić.
“Per me Grubešić è stato un grande maestro – ha sottolineato Franković –, perché in soli due anni e mezzo mi ha aiutato ad acquisire i ferri del mestiere. Lo ammiro soprattutto per il fatto che i suoi disegni erano tutti fatti a mano, senza l’utilizzo del computer. Non solo Grubešić non ha mai usato l’e-mail, ma non aveva nemmeno la macchina o il cellulare. La sua è stata l’ultima generazione di architetti vecchio stampo che nel loro lavoro hanno applicato esclusivamente le competenze acquisite con la pratica. Non per questo i suoi progetti erano meno precisi di quelli che si fanno oggi. Lo ringrazio perché mi ha dato la possibilità di intraprendere la mia carriera sviluppando una consapevolezza di come si lavorava prima dell’avvento della tecnologia”.
Franković ha ricordato alcuni aneddoti degli anni trascorsi con Grubešić e si è dichiarato riconoscente nei suoi confronti non solo perché gli è stata porta l’occasione di collaborare ad alcuni grandi progetti, ma anche perché, al momento del passaggio in proprio, Grubešić lo ha incoraggiato a prendere parte dei clienti in comune.

Un progetto contenuto nel volume.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Disegni e grafiche
Alla presentazione non ha potuto presenziare l’architetto Igor Rožić, il quale si è rivolto ai presenti con una lettera, che è stata letta dalla figlia di Grubešić, Silvia. Anche in questo resoconto sono stati esposti principalmente aneddoti del passato, che riguardano la vita privata, ma anche il rapporto verso il lavoro del grande architetto.
In conclusione della serata a parlare dell’opera di Grubešić sono state due storiche dell’arte, che però non l’hanno conosciuto personalmente. Daina Glavočić si è rammaricata non solo di non aver potuto vedere la retrospettiva del 2003, ma anche del fatto che alcune delle grafiche esposte in quell’occasione sono state perse. Glavočić ha parlato brevemente anche dello stile dell’artista, contrassegnato da una sorta di horror vacui che si manifesta con un’attenzione minuziosa per i dettagli. Branka Arh, invece, ha parlato della sua produzione figurativa, ovvero dei disegni fatti con inchiostro di china. L’artista si è fatto ispirare principalmente da motivi naturali legati alle nostre terre, ovvero alle località di Praputnjak, Buccari, Lesina, le isole Incoronate e Cherso.

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