Teatro, letteratura e videogames

Le riflessioni di Sharon Edelstein, designer narrativa

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Teatro, letteratura e videogames

Sharon Edelstein, designer narrativa, iscritta all’ultimo anno di Facoltà presso il Cologne Game Lab di Colonia (CGL), città in cui si svolge la fiera Gamescom, il più grande evento annuale europeo dedicato ai videogiochi. L’abbiamo contattata per sentire il suo punto di vista sull’argomento.

 

Che cosa ti ha spinto, dopo i tuoi studi in teatro e letteratura, a iscrivere un corso di design narrativo applicato ai videogames?
La mia intenzione era quella di trovare una professione che mi permettesse di raccontare storie di fantasia. Dopo aver recitato per diversi anni, ho considerato il mio lavoro un po’ limitante in questo senso. Recitare da interprete, non è creare la storia, né allestire una scenografia sul palco; il tuo ruolo è semplicemente quello di portare alla vita un aspetto del concetto/idea di qualcun altro. Studiando letteratura ho cercato di ottenere una maggiore libertà creativa e di passare da una professione “esecutiva” a una professione più autonoma in termini di ideazione e creazione. Dopo aver terminato gli studi letterari ho iniziato a scrivere per una piattaforma online. Tuttavia, la scrittura che il mio datore di lavoro mi richiedeva non era narrativa, tutto si svolgeva in un ambito commerciale. In quell’occasione ho imparato molto, anche su me stessa e mi è apparso chiaro come lavorare su testi di fantasia, in ambienti dove l’immaginazione è stimolata, sarebbe stato per me l’ideale. Mi sono iscritta due anni fa al “Cologne Game Lab” (CGL), una Facoltà interdisciplinare dell’Università di Scienze applicate di Colonia. Questo studio mi ha offerto l’opportunità di diventare un professionista nell’industria dei giochi digitali e nello sviluppo e ricerca di contenuti interattivi. A prima vista il passaggio dai media tradizionali ai giochi sembrava inverosimile, ma poi, durante il percorso, mi sono resa conto che era uno sviluppo ulteriore della conoscenza e dell’esperienza acquisita, applicata a un altro mezzo.

In futuro spero di lavorare su giochi digitali guidati e interattivi, per occuparmi così della parte narrativa come “Narrative Designer”. Inoltre, tra i miei obiettivi c’è quello di contribuire alla contaminazione tra teatro e giochi digitali.

Sharon Edelstein indossa una tuta Xsens con sensori di movimento

Alla fiera Gamescom quali impressioni hai avuto?
Durante la preparazione per gli studi al Cologne Game Lab, ho deciso di andare alla fiera Gamescom nel 2019, un evento annuale dedicato ai videogiochi che si tiene a Colonia. Dopo alcuni anni in cui non mi ero interessata molto al gioco digitale, speravo di aggiornarmi sugli ultimi sviluppi visitando questa fiera. Appena entrata nell’area mi sono sentita sopraffatta. L’enormità di quell’evento videoludico, tra i più importanti al mondo, era troppo da digerire per me; mi sentivo estranea a quella folla. Le più grandi aziende del settore esponevano merce ovunque e i loro ultimi giochi si potevano vedere su enormi schermi, centinaia di persone erano in fila in attesa di provare il loro gioco preferito, giocatori importanti commentavano dal vivo. La mia idea di gioco, analogico o digitale che fosse, è sempre stata nella condivisione di un’esperienza con gli altri. Alla fiera invece il gioco si esercitava nella solitudine individuale e non come mezzo di aggregazione. Era paradossale il fatto che eravamo tutti insieme in uno spazio analogico con oltre 300.000 visitatori, ma pareva che le vere connessioni fossero nel mondo virtuale.

Il gioco e le tecnologie applicate al teatro: una trasformazione necessaria?
Lo studio dei giochi mi ha aperto gli occhi sulle possibilità di rafforzare la narrazione attraverso la tecnologia. Penso che in questo senso il teatro possa imparare molto dai giochi. Come fa presente il mio professore Dr. Gundolf S. Freyermuth, viviamo attualmente nell’era della digitalizzazione e nessun mezzo è in grado di rappresentare la cultura digitale come fanno i giochi digitali. Indipendentemente dal grave impatto della pandemia, credo che la diminuzione del numero di visitatori a teatro sia in parte dovuta al fatto che non sta abbracciando e integrando completamente l’attuale era digitale, portando ad una “disconnessione” tra il pubblico e il mezzo. Affinché il teatro rimanga una possibilità di entrare in relazione, vicina anche agli spettatori che hanno un “approccio più digitale” sarebbe importante considerare come integrare alcuni aspetti della cultura digitale; in questo modo si potrebbe migliorare il rapporto con i potenziali visitatori. La cultura digitale potrebbe essere applicata nelle produzioni teatrali in modo da consentire al pubblico di partecipare con una maggiore interazione. Si potrebbe incorporare nella regia e nella drammaturgia una procedura, un sistema di regole e una serie di risultati, ma anche usare tecnologie più tradizionali e attuali come “infrastruttura” per comunicare con il pubblico. Non credo che le forme tradizionali di teatro siano sorpassate, ma suggerirei di sforzarci per far coesistere mezzi convenzionali e non convenzionali nel teatro.

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