Il mistero dei moretti fiumani

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Il mistero dei moretti fiumani

Nella Galleria di Casa Garbas è in allestimento durante il mese di agosto una mostra dedicata al Moretto, il tipico gioiello fiumano e quarnerino, curata dall’ultimo autentico morettista fiumano Gjon Antoni e autore del libro “Moretti misteriosi”, nel quale riassume il percorso storico e artigianale di questo antichissimo gioiello.
In esposizione i vari calchi del moretto, gli strumenti di lavoro dei morettisti Rubessa padre e figlio, di Simcovich, immagini dei diversi tipi di gioielli – orecchini, spille, anelli – realizzati usando tante teste di moro disposte in varie forme.
Gioiello risalente al XIII secolo
Ad accoglierci e a farci da cicerone è lo stesso Gjon Antoni. “Guardi, non sono assolutamente d’accordo con la diffusa affermazione che il moretto rappresenti un turco”, esordisce Gjon Antoni indicandoci il primo esemplare di moretto, un orecchino maschile in ferro che risale al XIII secolo, costituito da uno scudo composto da due foglie di lauro – simbolo di martirio e di eternità – sormontato da una corona, che in seguito assumerà le forme di un volto negroide. “Il gioiello fu diffuso dalla baronessa Maria Scarpa che teneva un laboratorio di moretti, rilevato in seguito da Agostino Gigante. Il gioiello divenne popolare quando Giovanni Korossez creò dei moretti per Maria Anna, figlia di Vittorio Emanuele I e moglie di Ferdinando I d’Austria, la quale diffuse questo monile fiumano in tutto l’Impero asburgico”, spiega il morettista. L’intenzione di Antoni sarebbe di fondare un museo del moretto con annesso un laboratorio, nel quale si potrebbe apprendere l’arte originale della creazione del gioiello a testa di moro.
Simbolo razzista?
Alla domanda se il moretto possa essere un simbolo di razzismo, Antoni s’incaponisce: “Questi discorsi mi fanno ammattire! Il moretto è antecedente al fenomeno dello schiavismo…”. Si ferma qui, non vuole nemmeno far commenti.

Rispettare e custodire la tradizione che dura da secoli
In questo clima di isterismo “paniconoclasta”, di caccia alle streghe, o meglio di caccia al razzista, perfino il piccolo moretto è finito sul banco degli imputati! Ma sì! Anche il moretto veneziano. Facciamo fuori tutti gli splendidi moretti di Nardi, in Piazza San Marco! Spacchiamogli la vetrina! Quelli scolpiti alla perfezione e tempestati di smeraldi, rubini e diamanti! Requisiamo tutti i “orecini” delle nostre nonne, bisnonne, trisavole, mlecarizze e bodole! Diano “oro alla patria”! E guai moretti a carnevale!
Mettiamo all’indice anche Shakespeare, Verdi e Rossini, perché rappresentano Otello come un pazzo furioso omicida! Via anche Aida! Che nell’omonima opera è una schiava “negra” sfigata! Eliminiamo la danza Moresca dell’isola di Curzola e dall’Italia meridionale! E i quadri veneti in cui ci sono i mori… e quant’altro!
Insomma, facciamo una bella rivoluzione culturale. Oppure, se preferite, delle belle purghe all’insegna del “culturally correctly”. Così i nostri lontanissimi cugini d’oltreoceano, sempre pronti ad alzare il ditino accusatore e a fare sermoni a destra e a manca – e agli indirizzi sbagliati – si metteranno finalmente l’animo in pace!

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