Il mare di Pasolini, una planetarietà che travolgerà l’uomo

23ª Settimana della lingua italiana nel mondo. Le descrizioni dei paesaggi pasoliniani al centro della lectio magistralis di Sergia Adamo tenuta al Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pola

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Il mare di Pasolini, una planetarietà che travolgerà l’uomo
Il discorso del console generale d’Italia a Fiume, Davide Bradanini. Foto: Daria Deghenghi

“L’italiano e la sostenibilità” è il tema quadro della 23.esima Settimana della lingua italiana nel mondo che il Consolato Generale d’Italia a Fiume celebra in condivisione con gli enti e le istituzioni del territorio. Uno dei tre appuntamenti polesi, il primo, è stata la lectio magistralis “Il fantasma dell’Adriatico. La scrittura dei luoghi e della natura in Pasolini” che Sergia Adamo ha sviluppato per una platea di studenti del Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Lettere e Filosofia di Pola.

Un mare dimenticato
“Letteratura e natura, narrativa e ambiente: Pier Paolo Pasolini è meno evocato in questo contesto, è certamente visto come lo scrittore della città, della cultura, che sembrerebbe aver già passato la fase della natura per rivolgersi appunto a un ambiente che è già abitato, culturale, incapace di ritornare indietro alla dimensione naturale – ha esordito Adamo – ma in realtà mi sono resa conto che va rivalutato e valutato a partire da una dimensione territoriale adriatica sempre trascurata, tanto è vero che sembra un mare periferico e spesso dimenticato nella sua importanza culturale”. Per scoprire il mare in Pasolini occorre procedere a ritroso, e tornare agli anni della prima produzione letteraria, gli anni della formazione, nel 1946, quando pubblicava un articolo per un giornale udinese che rimarrà a lungo sconosciuto, “Di questo lontano Friuli”, dal quale emerge l’inciso in forma interrogativa: “quel biancore, non sai se di fumi o di polvere, forse è il fantasma dell’Adriatico?” Prendendo a spunto questa immagine letteraria così evocativa, Sergia Adamo passa in rassegna quelle che saranno appunto le descrizioni dei paesaggi pasoliniani nelle diverse forme di rappresentazione tra realtà e immaginario.

Tre fasi diverse
Siamo negli ultimi anni in Friuli e i primi anni romani, anni importanti, che segnano profondamente la sua esperienza e la sua opera poetica, gli anni “in cui sta facendo i conti con la scrittura, la poesia, la narrativa, gli anni in cui sta costruendo la sua officina letteraria e cerca di riappropriarsi di una vita che la guerra ha lasciato in sospeso”. La critica concorda che sono appunto le descrizioni dei luoghi, del paesaggio, i momenti più elevati della complessa produzione letteraria pasoliniana, una e trina se s’insiste a tracciare le tre fasi e distinguerle: quelle della descrizione, quella della narrazione e quella infine dell’esposizione, che sarà sempre la più problematica e la più dibattuta. L’Adriatico di Pasolini è dapprincipio una figura spettrale, cupa, misteriosa, temibile, inafferrabile, amorfa e tuttavia generatrice di vita e quindi inevitabilmente causa di morte. “Lo spettro semantico è quello dell’eccesso”, prosegue Adamo e passa in rassegna il lessico che dipinge il paesaggio: sgradevole, violenza, rigidità, disturbo, fastidio, disagio, anemico seno, stoffa smarrita, vecchio Adriatico, turchino ammuffito, bava di masse equoree senza fine, e poi ancora pericolo, spettralità, elemento primordiale, elemento femminile per eccellenza, come Medea, figura materna per antonomasia perché dona e toglie la vita.

Un’eternità
Il mare di Pasolini è un mare anteriore alla presenza umana, è ciò che si dà per esistente prima di essere pensato e contemplato, nel senso di una “planetarietà antecedente, eterna e superiore che precede l’uomo, lo contiene e lo travolgerà”, un ambiente, insomma, che “non è dato in possesso all’uomo ma che l’uomo, ciò nonostante, tiene in ostaggio”. Questo l’insegnamento pasoliniano sulla cultura emergente dalla natura come “avanzo di barbarie”, cultura contingente e non necessaria, accidente e non sostanza. La lectio magistralis è stata introdotta dai saluti e dai discorsi di circostanza del console generale d’Italia a Fiume, Davide Bradanini, dal vicesindaco di Pola, Bruno Cergnul e da Fabrizio Fioretti del Dipartimento di Italianistica.

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