È un imperativo dare nuova linfa e spessore al vernacolo fiumano

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È un imperativo dare nuova linfa e spessore al vernacolo fiumano

FIUME | Ha avuto luogo a Palazzo Modello la tavola rotonda “Salvemo el fiuman”, che ha visto una foltissima partecipazione di connazionali, accorsi a confrontarsi con un tema che evidentemente gli sta a cuore. All’incontro, organizzato dal Consiglio della minoranza nazionale italiana della città di Fiume, hanno partecipato Irene Mestrovich, presidente del citato organo, e, in qualità di relatrici, le dottoresse Gianna Mazzieri-Sanković e Kristina Blecich.

In apertura di serata Irene Mestrovich ha reso nota la regolare attività del Consiglio della minoranza nazionale italiana della città di Fiume, promotore di tutta una seria di eventi culturali significativi, tra cui l’apposizione della targa commemorativa sulla casa natale di Marisa Madieri, l’incontro con Claudio Magris, il Festival dell’istroveneto, mostre, serate artistico culturali, spesso in collaborazione con la Società di studi fiumani di Roma, con l’Unione Italiana e con istituzioni della maggioranza, onde tramandare alle generazioni future un lascito linguistico culturale importante.

Storia, realtà e futuro

Gianna Mazzieri-Sanković nel suo nutrito intervento si è incentrata sulle origini, storia, realtà e futuro del vernacolo di Fiume.
Il dialetto fiumano trae le proprie origini dal dialetto veneto, che si è sviluppato dal latino volgare. Tra i più antichi documenti scritti in fiumano risulta essere il documento sulla tariffa del pesce stabilita dal Consiglio di Fiume nel 1449 e riportata dal Liber civilium del cancelliere de Reno. Il fiumano viene usato prevalentemente in famiglia, con gli amici, e alla Comunità degli Italiani.
I soci della CI non conoscono tutti il dialetto. Tanti fiumani non iscritti (per ragioni personali) nella CI frequentano le scuole italiane (spesso per sentirsi integrati meglio nell’ambiente).
Alla fine della Seconda guerra mondiale la comunità nazionale italiana diviene minoranza a Fiume, con l’esodo della popolazione, e l’uso del dialetto progressivamente diminuisce.
Oggi nei matrimoni misti succede una negazione quasi assoluta dell’uso della lingua italiana, per non sentirsi diversi, oppure il genitore è indeciso tra la scelta della lingua italiana standard o dialetto fiumano. Nel caso degli esuli, si ha l’uso del dialetto fiumano solo nella prima generazione di esuli e raramente tra i loro figli.


Il dialetto è orgoglio…

Il dialetto di Fiume è equivalente e pari agli altri dialetti d’Italia e rispecchia la specificità storico-politica dei cittadini di Fiume, orgogliosi della propria secolare autonomia. Il miglior periodo per diventare pienamente bilingue è la prima infanzia. La ricerca dimostra che anche il bilinguismo consecutivo nei bambini li avvantaggia dal punto di vista cognitivo e che il passaggio frequente da una lingua (dialetto) all’altra favorisce la flessibilità mentale. I bambini bilingui apprendono prima dei monolingui.
È fondamentale che il dialetto sia apprezzato dalla famiglia e dalla comunità ed è necessario far crescere i figli bilingui fin dalla prima infanzia. È inoltre necessario investire nell’insegnamento a livello prescolare e di scuola primaria e valorizzare il fiumano e la tradizione culturale del territorio.

… e identità multiculturale

Kristina Blecich ha rilevato che il dialetto fiumano è potenziale lingua in via d’estinzione. Indipendentemente dalle circostanze storiche, la fine del vernacolo fiumano significherebbe la perdita dell’identità di una comunità, un ambiente che senza questa componente non sarebbe mai più sé stesso, e cioè multietnico e multiculturale. Significherebbe la scomparsa di un patrimonio culturale: tradizioni, letteratura, credenze, usi e costumi, ecc. Già inquinato da germanismi, slavismi, magiarismi e prestiti inglesi, il fiumano, tra le due guerre, era parlato in due versioni, e cioè nel fiumano “alto”, che conteneva un maggior numero di etimi mutati dal tedesco ed era influenzata dall’italiano letterario, e nel fiumano “basso”, che usava più etimi mutati dal croato dialettale locale.
Quali sarebbero i provvedimenti da prendere per salvare il vernacolo fiumano, è il quesito posto da Kristina Blecich, la quale propone di introdurlo negli asili, come materia d’obbligo nelle istituzioni scolastiche, implementare la pubblicazione di albi illustrati, libri, poesie e canzoni in dialetto e collaborare strettamente con il sodalizio fiumano.

Mediateca: fattibile progetto

Albert Merdžo, neolaureato in storia e inglese, ha brevemente spiegato il suo progetto di fondare una mediateca del dialetto fiumano, alla quale inviare registrazioni di vario tipo della parlata fiumana, in modo da poterla tramandare alle generazioni future.
Di seguito si è sviluppata una nutrita discussione, alla quale hanno preso parte, tra gli altri, Melita Sciucca, presidente della CI, Corinna Gherbaz Giuliani del Dipartimento di italianistica della Facoltà di filosofia, Liliana Venucci, responsabile del settore editoriale dell’Edit, Laura Marchig e Marin Corva, presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana.
Tra le tante proposte rileviamo quella di introdurre il dialetto dall’asilo in poi, di approcciarsi al vernacolo fiumano con spirito scientifico onde ricavarne una grammatica, dei saggi; di scrivere in dialetto sulle nostre varie pubblicazioni, di richiedere per il dialetto fiumano lo status di bene immateriale nazionale, di riscoprire i poeti e la cultura della vecchia Fiume, di coltivare tradizioni, usi e costumi tipicamente fiumani, di non scoraggiarsi e di andare avanti a tutti i costi.
La serata è stata allietata dalle una simpatiche esecuzioni dei Minicantanti, diretti da Martina Sanković Ivančić e della Filodrammatica.

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